Rifondare il centrodestra senza il berlusconicidio. Pdl e Fli fanno i conti
10 Giugno 2011
I conti a destra si fanno con le idee. Come? Archiviando i veleni (il passato) e ragionando sui contenuti (presente e futuro). L’obiettivo è rifondare il centrodestra, costruire la grande casa dei moderati e la prospettiva è farlo entro il 2013. Il calumet della pace lo fumano Gaetano Quagliariello (Pdl) e Adolfo Urso (Fli) nella sala Capitolare del Senato sedendo allo stesso tavolo apparecchiato dalle fondazioni Magna Carta e Farefuturo che insieme hanno promosso un ciclo di sei seminari sui temi centrali del dibattito politico che sono poi i cardini valoriali e identitari del centrodestra. Un primo passo improntato al dialogo, scevro dai condizionamenti dei tatticismi politici e delle contrapposizioni ‘per partito preso’ e calibrato sul come ricomporre le fratture e riprendere il cammino comune.
I punti di incontro ci sono, bisognerà poi vedere se diventeranno convergenze per adesso parlamentari su alcune questioni e in futuro riaggregazione: primarie e agenda della crescita (vedi riforme), tanto per cominciare. Il sasso nello stagno lo lanciano i due think tank che, non senza una dose di autocritica come i reciproci e diplomatici (ma autentici) atti di ‘contrizione’ fatti pubblicamente dai due esponenti politici, abbandonano il campo dello scontro frontale nel quale gioco-forza sono stati trascinati negli ultimi due anni, per ritrovarsi a ragionare sulle idee, valorizzando le differenze e lavorando per verificare se è possibile arrivare a una sintesi condivisa. Prove tecniche per ricucire lo strappo con Fli o almeno con l’ala moderata del partito di Fini che pur lasciando la casa madre non vuole procedere a colpi d’ascia seguendo chi pone una pregiudiziale di fondo: il berluconicidio, come lo definisce Quagliariello. Proprio lui dice che dal primo incontro si torna a casa con “un mattone messo a dimora” e l’ex ministro gli fa eco con l’appello a considerare che ora “è tempo di ricomporre, perché la fase dei rancori, delle rivendicazioni e delle lacerazioni dobbiamo lasciarcelo alle spalle”.
Un modo per affermare senza giri di parole che un percorso comune è possibile e da qui bisogna ripartire. Sullo sfondo, neanche troppo lontano temporalmente, ci sono le politiche 2013 appuntamento al quale il centrodestra non può arrivare nelle condizioni di adesso – scandisce Urso -, pena la vittoria della sinistra radicale. E’ lo stesso ragionamento che il vicepresidente dei senatori Pdl anticipa quando ammonisce che quella del “berlusconicidio” è una scorciatoia, un errore e la riprova sta nell’esito delle amministrative dove a vincere è stata la sinistra radicale perché si è vericato uno spostamento dell’asse a sinistra del Pd. E questo “vuol dire che anche lo spazio della parte moderata dell’opposizione alternativa a Berlusconi è annullata”. A Milano, Napoli e Cagliari hanno vinto “De Magistris, Di Pietro e Vendola, che rischiano di diventare i veri eredi del berlusconismo, mentre chi di volta in volta è il candidato al berlusconicidio gode di grande visibilità mediatica per poi finire, a missione fallita, nel deposito dei ferrivecchi. Con la sola scelta di acconciarsi a sedere da parente povero alla tavola della sinistra”.
Un dibattito franco, aperto, con lo “stile” ragionato e non urlato dei moderati, nel quale Quagliariello e Urso hanno giocato a carte scoperte lanciando reciproche richieste dosate con fair-play sugli errori dell’altro ma che comunque segnala l’impegno a lavorare insieme. Quando, se e come, si arriverà a una ricomposizione del centrodestra è tutto da verificare, ma è un fatto che da oggi si ricomincia e l’orizzonte temporale sia già stato fissato. Il confronto sul contingente non sfugge, anzi entra a pieno titolo nel dialogo e le sollecitazioni arrivano dal moderatore del faccia a faccia, Francesco Verderami (Corsera).
Anzitutto le primarie. Urso lancia una proposta-choc se la si guarda in superficie: occorre rinnovare il centrodestra attraverso il meccanismo di “primarie aperte che individuino il nuovo candidato premier e alle quali non partecipino direttamente i leader che hanno avuto il merito storico di aver costruito il centrodestra e il bipolarismo: Berlusconi, Bossi, Fini e Casini”. Proprio a loro, l’ex ministro chiede di fare un passo indietro “per far emergere la classe dirigente, io e Gaetano abbiamo già i capelli bianchi ma ci sono tanti giovani che meritano di emergere. Dobbiamo apprestarci ad affrontare un percorso lungo, dobbiamo ricostruire dal basso, perchè al Pdl abbiamo contestato proprio il fatto che le decisioni fossero calate dall’alto mentre le primarie significano una scelta dal basso e sono il massimo elemento di discontinuità rispetto ad un partito padronale”. Urso è convinto che il centrodestra sia di fronte a una svolta vera, concreta, soprattutto “se i quattro fondatori si decideranno a fare i padri nobili” dello schieramento. Resta da capire come la prenderà Fini che fino a oggi sulla premiership e sul dopo-Berlusconi ha calibrato tutta la strategia dell’ultimo anno. Ma la proposta dell’ex ministro è sul tavolo del confronto come contributo di idee e ragionamenti, non velleitari e per questo legittimi.
Quagliariello replica, sulle primarie ma pure sui ‘capelli bianchi’. Esordisce ironicamente: “Quando sento parlare di classe dirigente coi capelli bianchi un po’ mi inc…perché per una vita sono stato considerato ‘troppo giovane’ e adesso mi avvio già ad essere catalogato tra i ‘troppo vecchi’”. Battute a parte, il vicepresidente dei senatori Pdl non la pensa esattamente come Urso. Le primarie istituzionalizzate per legge e relative alle cariche monocratiche (sindaci, presidenti di Provincia e di Regione) sono lo strumento per aprire il partito alla partecipazione di iscritti e sostenitori, per mobilitare e per selezionare i candidati a livello locale evitando di commettere gli errori del passato (anche quelli più recenti) e soprattutto non dare vantaggio alla sinistra che con le primarie comincia a fare campagna elettorale due mesi prima e quasi sempre riesce a individuare buoni candidati.
Non solo, l’obiettivo indicato è pure quello di “oggettivare il carisma e farlo diventare elemento della vita istituzionale”. Urso non chiude la porta alla richiesta di convergere sul disegno di legge al quale Quagliariello sta lavorando (“si può fare, tanto più dove c’è l’elezione a turno unico”, spiega) e tuttavia sposta il tiro sulla premiership, nel 2013. Per il vicepresidente dei senatori non è possibile ragionare oggi di ciò che eventualmente accadrà tra due anni e in questo si dice d’accordo con l’analisi di Fabrizio Cicchitto: fino a quando Berlusconi è il leader del centrodestra le primarie per la premiership non servono perché sarebbe come fare le primarie da solo o contro se stesso. In un’altra fase, il più tardi possibile se ne può ragionare, non ora”.
Ma c’è un altro punto sul quale Quagliariello concentra il ragionamento: non possiamo smarrire la grande opera modernizzatrice portata avanti da Berlusconi in questi diciassette anni. E’ stato lui nel ’93 “a sbarrare la strada al comunismo già sconfitto dalla storia, è stato lui a innovare i contenuti della politica, è stato lui a cambiare la rotta della politica esterna sdoganando l’americanismo”. Per questo Quagliariello vorebbe che nel cantiere del centrodestra “la grande opera modernizzatrice del berlusconismo” ci fosse tutta e in posizione centrale perché, malgrado alcuni tratti del berlusconismo che possono non piacere, il punto è che il berlusconismo è stato “l’epifania del centrodestra”.
Urso apprezza la nuova fase aperta dal Pdl e Quagliariello gli restituisce la cortesia sottolineando che “la nomina di un segretario politico è un segnale da cogliere anche se ovviamente non può essere l’unico,m così come il superamento della logica del 70 a 30 tra ex Fi e d ex An. E alla domanda sull’addio di Miccichè al Pdl ribadisce un concetto: adesso c’è una linea chiara e ben definita rispetto a un progetto in campo da diversi mese e Miccichè resterà nel centrodestra. C’è tempo anche per un reciproco outing. Non si fa problemi Quagliariello ad ammettere che il riconoscimento di Fli fatto da Berlusconi nella direzione nazionale prima della convention futurista di Bastia Umbra è stato forse tardivo e “poteva essere fatto prima per consentire il tempo della sedimentazione”, ma è altrettanto netto quando considera un errore dei finiani la pervicacia sul concetto di “berlusconicidio” e sul fatto che quel riconoscimento non fu preso in considerazione. Urso stigmatizza la ‘macchina del fango’ e ammette che la strategia dell’antiberlusconismo a prescindere, non era quella giusta. Detto questo, alla domanda se lascerà o meno Fli e Fini, Urso sfodera la consueta diplomazia per dire che no, non ci pensa e resta dov’è anche se nella “casa comune (alias terzo polo, ndr) c’è chi non si adegua alla linea”. Riferimento indiretto alle amministrative e pure ai referendum. C’è un altro punto di contatto tra Quagliariello e Urso. Il vicepresidente dei senatori Pdl gli chiede di convergere su una proposta di legge per evitare i casi Narducci a Napoli o Nicastro in Puglia. In sostanza una norma in base alla quale i magistrati “non possano essere eletti sindaco e presidente di provincia né assumere la carica di assessore comunale e provinciale nel distretto in cui esercitano le proprie funzioni o in cui le abbiano esercitate nei due anni precedenti”, e che “debbano chiedere l’aspettativa per quanto riguarda la candidatura in territori estranei alla propria giurisdizione. Analoghi principi generali vengono fissati per la presidenza della regione e la carica di assessore regionale”. Nel ddl in questione è previsto inoltre che “i magistrati che assumono tali incarichi non possano esercitare funzioni giurisdizionali per i cinque anni successivi alla cessazione del mandato, ma debbano essere collocati nei ruoli amministrativi del ministro della Giustizia o nell’Avvocatura dello Stato”. Da Urso arriva un sì.
Si guarda avanti, dunque: le primarie sono un primo punto di incontro ma da parte di entrambi c’è disponibilità a lavorare sull’agenda della crescita, come la chiama Urso, cioè le riforme nei prossimi due anni di governo. E’ anche da questo che passa la rifondazione del centrodestra. La scommessa di Magna Carta e Farefuturo si gioca su un piano aperto e la sfida da qui ai prossimi mesi è sintetizzata nelle parole di Raffaele Perna e Federico Eichberg, segretari generali dei due think tank: se vogliamo costruire il centrodestra dei moderati occorre costruirlo attorno a un nucleo di valori non negoziabili sui quali siamo tutti uniti, poi la declinazione politico-culturale deve essere differente. Non è un ossimoro, ma una nuova sfida. Qualcosa a destra si sta muovendo.