Riforma del lavoro in dirittura d’arrivo dopo un lungo braccio di ferro

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Riforma del lavoro in dirittura d’arrivo dopo un lungo braccio di ferro

15 Marzo 2012

di M.L.

Palazzo Chigi, martedì. Questa l’arena che vedrà impegnate parti sociali e governo per chiudere in via definitiva la riforma del lavoro, “priorità dell’azione del Governo nonché strumento essenziale per offrire nuovo impulso alla crescita del Paese”. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Elsa Fornero, esprime soddisfazione per il contributo offerto dai sindacati, dichiarandosi ottimista sul raggiungimento di un accordo entro la prossima settimana.

Nelle intenzioni, la riforma andrà a impattare direttamente sul mercato del lavoro, limitando in primo luogo le tipologie contrattuali disponibili per le aziende, ridotte a sette-otto forme rispetto alle quarantasei attuali. Aumenteranno i costi dei contributi nei contratti a tempo determinato, a favore di un alleggerimento delle spese su quelli a tempo indeterminato. Particolare importanza assumeranno i contratti di apprendistato, che con il loro basso costo contributivo, permetteranno l’aumento di assunzioni tra i giovani e le categorie di lavoratori più colpite dalla crisi (over 55 in testa): ma l’azienda potrà assumere nuovi apprendisti in maniera ciclica solo dimostrando l’effettivo passaggio a posizioni a tempo indeterminato di parte degli apprendisti del ciclo precedente.

L’apparato degli ammortizzatori sociali verrà rivisto, per aumentare la flessibilità “in entrata e in uscita” nel mondo del lavoro. Un accordo tra Governo e sindacati in tal senso sembra possibile, anche se restano da valutare la “ristrutturazione dell’articolo 18” dello Statuto dei lavoratori e la posizione delle aziende artigiane sugli ammortizzatori sociali, che comporterebbe spese di realizzazione molto più alte a livello di contributi: circa 1000 euro in più all’anno per dipendente, comprensivi di Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi) e contributo di licenziamento. La manovra entrerebbe in vigore dal 2017, permettendo la continuazione della mobilità per i lavoratori a oggi coinvolti.

L’articolo 18, come previsto, divide il fronte delle parti sociali. Il Governo, affiancato da Confindustria e Pdl,  chiede che il reintegro obbligatorio sul posto di lavoro sia limitato ai soli casi di licenziamento discriminatorio ed eventualmente per i licenziamenti disciplinari, previa decisione del giudice, con un indennizzo economico non superiore a 24 mesi ma comprensivo di contributi per l’intera durata del processo. Solo indennizzo, al contrario, per i licenziamenti dovuti a motivazioni economiche. Cisl e Uil, supportate dal Pd, richiedono che il reintegro rimanga previsto anche in caso di licenziamento disciplinare; temporeggia la Cgil, che si dichiara disponibile a valutare la proposta del Governo.

La riforma del lavoro prevede anche più restrizioni in tema di partita IVA. Qualora le collaborazioni con le aziende siano di durata superiore a sei mesi all’anno e legate ad una presenza effettiva nell’azienda, ricoprendo almeno il 75% delle entrate del lavoratore, saranno da concretizzare in forma di assunzione diretta da parte dell’azienda.

L’approvazione della manovra ha impegnato (e non poco, viste le difficoltà interne alla sinistra) il leader del Pd Pier Luigi Bersani, che ha richiesto al segretario della Cisl Raffaele Bonanni di mantenere compatto il fronte dei sindacati. Sempre a patto che la “paccata” di soldi prevista dalla Fornero sia sufficiente a realizzare le variazioni contenute nella riforma del lavoro, fatto su cui il Governo non si è ancora espresso dati alla mano.

"Tutte le nostre energie e il nostro impegno sono volti a far sì che il governo possa varare entro la prossima settimana la riforma del mercato del lavoro”. Questo il parere espresso su Facebook da Angelino Alfano, segretario del Pdl, che prosegue: “Serve una riforma coraggiosa, che sia equa e solidale e che non penalizzi le piccole e medie imprese ed i lavoratori". Per Alfano, l’approvazione della manovra è una priorità tanto italiana quanto europea. Di diverso parere il deputato Pdl Guido Crosetto, che ritiene inaccettabile la proposta della Fornero, in quanto “colpisce le piccole e medie aziende aumentando i contributi”.