Riforme istituzionali, dalla sinistra solo esercizi di stile

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Riforme istituzionali, dalla sinistra solo esercizi di stile

Riforme istituzionali, dalla sinistra solo esercizi di stile

17 Settembre 2007

E’ politicamente giustificabile mettere mano a una
riforma dell’assetto istituzionale dopo aver convinto
milioni di italiani ad azzerarne un’altra già approvata che avrebbe potuto essere migliorata
e corretta qualora se ne fosse avvertito il bisogno? E’ strategicamente conveniente
impegnarsi anima e corpo alla Camera dei Deputati per stravolgere composizione,
regole e funzioni del Senato della Repubblica senza che il ramo parlamentare
interessato ne sappia nulla? E ancora: ha un senso, data la congiuntura attuale, bearsi
sui numeri di Montecitorio e annunciare che cascasse il mondo la revisione andrà avanti a
maggioranza, pur sapendo che a Palazzo Madama suona tutta un’altra musica?

Sono gli interrogativi attorno ai quali Gaetano
Quagliariello, senatore forzista e membro della I Commissione
Affari Costituzionali del Senato, e Luciano Violante, punta di diamante diessina e
presidente del corrispondente organismo alla Camera, si sono confrontati in un vivace botta e
risposta ospitato dalle colonne del Giornale. Quello in corso alla I Commissione di
Montecitorio, attacca Quagliariello, è un mero esercizio di stile: non solo perché “per
la Casa delle Libertà ogni discorso serio in merito alla riforma della Costituzione non
può che prendere le mosse dall’ipotesi di revisione, che poco più di un anno fa venne
bocciata in sede di referendum confermativo”. Ma anche per la semplice constatazione che,
alla riapertura dei lavori dopo la pausa estiva, è stato un senatore della Sinistra
democratica, Massimo Villone, a sentenziare senza troppi giri di parole:
“Quella roba non la voto
neppure con la pistola puntata alla tempia”. Ergo, la maggioranza su cui Violante conta per
portare a termine la sua impresa, di cui l’epsonente azzurro segnala diverse
incongruenze, in Senato l’Unione non l’avrà mai.

Violante, gli va dato atto, non si sottrae al confronto.
E sul medesimo quotidiano replica che l’iter di
discussione della riforma alla Camera è frutto di un percorso condiviso, ed elenca quindici
punti sui quali, a suo parere, vi sarebbe “un consenso unanime o, su
singoli punti, assai
ampio, ben oltre i confini della maggioranza”. Si va dalla riduzione del
numero dei parlamentari
(già prevista dalla riforma della Cdl azzerata via referendum) alla modifica del bicameralismo
perfetto attualmente vigente, dalla disciplina della possibilità di ricorso ai decreti-legge
(dovrebbe parlarne col suo premier…) ad un rinvio a data da destinarsi della revisione del
titolo V.

Quanto al mancato coinvolgimento del Senato su un’ipotesi
di riforma che lo riguarda direttamente, l’ex
magistrato si ripara dietro la procedura parlamentare: “Il Senato interverrà, nella
sua piena autonomia – spiega -, quando il testo verrà approvato, se verrà approvato, dalla
Camera. (…) Così funziona il bicameralismo”. Ineccepibile sul piano formale. Ma,
ribatte ancora Quagliariello, “prevedere da parte della Camera una
modifica radicale del
Senato senza nemmeno avvertirne per le vie brevi i componenti della commissione
corrispondente non è solo un atto di scortesia, è un errore politico perché alimenta una
naturale opposizione”. Il caso del senatore Villone valga da eloquente esempio. Riguardo
al merito della riforma, l’esponente di Forza Italia insiste, accusando il testo in
discussione di rinviare la soluzione del nodo più urgente, e di non proporre
“un nuovo equilibrio
tra il potere legislativo e il potere esecutivo, accontentandosi solo di correzioni a
margine”.

Quanto alla congiuntura politica, chiosa Quagliariello, “se
per fare certe riforme non
ci sono le condizioni politiche, è secondo me più serio non tentare nemmeno piuttosto
che far finta di provarci”. Formalmente, la I commissione di  Montecitorio può
andare avanti finché crede e come crede. “Si sappia però – è la conclusione del
dibattito – che il suo è un mero esercizio di stile. E che nessuno possa affermare, magari
tra qualche mese, che la legislatura non può concludersi in quanto è in corso un esercizio
di stile”.