Riina figlio a Porta a Porta: Grasso attacca Rai, Vespa nel mirino
08 Aprile 2016
di redazione
Resta acceso il dibattito politico e le polemiche seguite all’intervista di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina. Ieri a parlare è stata Monica Maggioni, che ha bollato l’intervista come “insopportabile”, “da mafioso”, definendo la decisione di mandarla in onda “delicata”, presa dopo un confronto con il direttore editoriale e difendendo la “autonomia giornalistica”, è “inaccettabile”, secondo Maggioni, “sentir dire che Bruno Vespa è portavoce della mafia”. Maggioni e Antonio Campo Dall’Orto sono stati convocati in audizione dalla commissione parlamentare Antimafia.
“La Rai è la stessa che racconta le storie di chi la mafia la combatte. Rai sa esattamente da che parte stare. Nessuno di noi è mai stato incerto sull’atteggiamento da avere verso la mafia”, ha spiegato Maggioni aggiungendo che “nell’atteggiamento e la storia della Rai non c’è nessun tipo di negazionismo, lo dimostra il nostro lavoro e la nostra programmazione da decenni”.
Ma le spiegazioni dei vertici Rai a quanto pare non bastano al presidente del senato Grasso. “Immagino gli applausi dei mafiosi per la fermezza dimostrata in tv dal figlio di Riina”, ha detto Grasso, ex procuratore Antimafia e già nel mirino di Totò Riina che ordì un attentato contro di lui nel 1993, in un colloquio con Repubblica, durante un incontro con gli studenti Luiss. “Mi sembra di risentire i vecchi boss di 50 anni fa che alla domanda se la mafia esiste rispondevano ‘se esiste l’antimafia esisterà pure la mafia…’”. E ancora: “E’ giusto provare a fare l’intervista, ma se il figlio del boss non va un millimetro oltre l’apologia del padre, allora bisogna valutare che farne”. Secondo Grasso: “la Rai ha sempre trattato con responsabilità e senso civico questi temi. Io stesso sono stato invitato tante volte a parlare di mafia e antimafia, mi stupisce un errore di questa portata”, “non si può banalizzare la mafia, non ci si deve prestare ad operazioni commerciali e culturali di questo tipo”.
L’intervista “metterebbe sullo stesso piano la mafia e lo Stato”, “anche se il conduttore dice di aver incalzato Riina con le domande evidentemente non è riuscito a ottenere risposte che non fossero quelle prevedibili di un mafioso figlio di un mafioso, portatore di un codice di omertà che ha dato un’eccezionale prova di forza, difendendo strenuamente gli aspetti umani di quel padre che è, e deve passare alla storia, come un mostro sanguinario”, conclude il presidente del Senato.
Parla anche il consigliere di amministrazione Rai Carlo Freccero: “Su Vespa ho avuto un presentimento. Io nel 2001 fui licenziato dalla Rai perché a Satyricon Daniele Luttazzi intervistò Marco Travaglio sul suo libro. Quando ho saputo che Bruno Vespa avrebbe ospitato il figlio di Riina con la sua autobiografia mi sono detto: ahia, questa è una roba pericolosissima. O perde il posto Bruno o ci rimette il direttore di Raiuno”. “Vespa è l’unico dei grandi rimasto in sella. Santoro è fuori, Costanzo fa poco, Minoli non è più in Rai. La fine di Vespa è fisiologica. Sa perché c’è tanto astio in tutti gli attacchi che gli sono arrivati su questa vicenda? I politici non sopportano che in tv ci sia qualcuno più forte di loro”.
Dell’intervista Freccero dice “l’ho vista, senza pensare al pubblico che a quell’ora è selezionato, informato. Ho analizzato l’effetto che faceva a me. Quello che parlava era un mafioso, che guardava le immagini delle stragi da estraneo, quasi schifato, come se vedesse un insetto. E mi ha fatto capire che la mafia esiste ancora”. “Bruno non ha sbagliato, l’ha fatto per la sua carriera, che vale più di tutto. E io lo capisco, avrei fatto lo stesso e l’ho fatto. Quell’intervista con Travaglio la tenni nascosta, quando scoppiò il casino io gongolavo”.