Rilanciare il Pdl puntando su giovani e nuove regole per selezionare la classe dirigente

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Rilanciare il Pdl puntando su giovani e nuove regole per selezionare la classe dirigente

30 Luglio 2011

“Identità, comunità, spiritualità, sono i valori che devono avvicinare i giovani al centrodestra”. Esordisce così il ministro della Gioventù Giorgia Meloni e il senatore Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo Pdl a Palazzo Madama rafforza il concetto: “Dobbiamo nuovamente diventare attrattivi nei confronti dei giovani. E’ questo uno dei compiti più importanti per la segreteria Alfano”. Si parla di partito, di fase due del Pdl, di come impostare un nuovo corso che rilanci il primo partito italiano valorizzandone tutte le energie e le risorse, a cominciare dai giovani. Il faccia a faccia scivola via nel dibattito che ieri sera ha animato il quarto dibattito de Gli Incontri del Melograno, organizzati come ogni anno dalla Fondazione Magna Carta. Sollecitati dalle domande del direttore de Il Tempo, Mario Sechi, i due esponenti del Pdl hanno detto molto di ciò che il partito nei prossimi mesi è chiamato a fare. Regole, anzitutto, che il gruppo dei venti voluto da Alfano a settembre elaborerà e sarà quello il momento della ripartenza in un autunno che vedrà l’election day per la scelta dei coordinatori provinciali e successivamente le primarie. Inclusione e partecipazione, le parole chiave della nuova era. Regole, dicevamo. Quagliariello non ci gira intorno quando dice che “occorre fare congressi, tessere a basso costo con tanti iscritti e poi adottare una scelta popolare per i candidati alle cariche isituzionali”. Ecco, le primarie, strumento che il vicepresidente dei senatori Pdl propone di istituzionalizzare per legge e su questo ha presentato uno specifico disegno di legge.

 

La batosta delle amministrative ancora brucia ed è per questo che Quagliariello invita a riflettere, a tenerne conto per comprendere fino in fondo che “questa sconfitta deve avere una risposta chiara e inequivocabile. Il partito deve cambiare metodi di selezione della classe dirigente”. Applausi dalle oltre settecento persone presenti all’evento che nonostante il nubifragio che ha costretto ad abbandonare la piazza della splendida masseria pugliese e a riparare nella sala congressi, e nonostante non vi fossero sedie a sufficienza per tutti, si sono sedute per terra e hanno fatto domande, avanzato proposte. Alla faccia di chi dice che la politica non ha più nulla da dire e che è meglio cancellarla. Alias, i soloni dell’antipolitica. Quagliariello indica la via: “Bisogna passare alla seconda fase della storia del Pdl. Il Pdl è nato da gruppi diversi, da storie diverse, e inevitabilmente in un primo periodo la dirigenza e’ stata cooptata. Ora bisogna passare a una fase in cui la dirigenza viene eletta dal basso, in congressi molto, molto partecipati. E poi le primarie: non possiamo più continuare a scegliere candidati sbagliati, e a sceglierli quattro mesi dopo il centrosinistra. Infine, il Pdl ldeve muoversi velocemente sulla strada della costituente della sezione italiana del Ppe. Non perché il popolarismo risolva tutti i problemi, ma perché questa é una prospettiva di rifondazione del partito, che gli dia un’identità’ precisa e lo collochi in una grande famiglia europea, che gli dia una prospettiva”.

Un tasto, quello del rinnovamento sul quale batte anche il ministro Meloni quando dice che “si deve fondare su partecipazione e meritocrazia. Le tessere devono costare un euro perché i congressi siano vinti da chi ha il consenso non da chi ha i pacchetti di tessere. Le primarie vanno fatte a tutti i livelli, per le cariche monocratiche ma anche per la leadership”. Perché – è il ragionamento – il rinnovamento passa anche da questo e il segnale da mandare agli elettori deve essere netto e chiaro.

Quanto alle regole la Meloni rileva che il “problema del Pdl è una certa anarchia, soprattutto sul territorio. Nessuno è al di sopra delle regole. E in questo senso va l’ordine del giorno che insieme ad altri ho proposto al consiglio nazionale per l’adozione di un codice etico”.

Ma il ministro va oltre e tocca un punto che già altre volte ha richiamato: la riforma della legge elettorale. “Possiamo anche ragionare in termini di primarie per la composizione della lista dei parlamentari, ma non possiamo più esitare a restituire agli italiani la scelta dei parlamentari e a noi parlamentari la dignità di essere eletti e non nominati”.

Inevitabile, poi l’analisi sullo scenario del 2013 e sulla domanda che in queste settimane così tribolate per la maggioranza e il governo più volte è rimbalzata nei palazzi della politica: Berlusconi si ricandiderà?

“Dipende solo da lui. Se Silvio Berlusconi lo chiede, non esiste nemmeno la possibilità che il Pdl gli dica di no. Ma a più riprese lo stesso Berlusconi ha messo in evidenza altre ipotesi” osserva il vicepresidente dei senatori ricordando i passaggi che ai più sono sembrati come la presa d’atto di una successione o quanto meno di una transizione come processo fisiologico e ormai innestato. Berlusconi lo ha in qualche modo annunciato prima e dopo il Consiglio nazionale del partito che ha ratificato all’unanimità la designazione di Alfano a segretario politico.

La vicenda Tremonti, Sechi scandaglia i due politici alla luce delle novità sul caso Milanese e il chiarimento del ministro del Tesoro dalle colonne del Corsera sulla questione della casa nel centro di Roma. Effetti e ripercussioni politiche possibili nella maggioranza? Chiede il direttore de Il tempo. Quagliariello riconosce a Tremonti un merito: “Ha visto la crisi prima degli altri. Ricordo che in campagna elettorale Berlusconi, avvisato da Tremonti, era molto cauto con le promesse, e Veltroni diceva che il centrodestra mancava di generosità verso il Paese. Poi si è visto cosa è accaduto: c’è stata una crisi epocale, la più grave che il mondo ha affrontato dal 1929 a oggi, che ha cambiato i paradigmi”. Già la crisi economica: come affrontarla e come arginare l’altalena dei mercati che tiene l’Italia col fiato sospeso?

L’analisi del vicepresidente dei senatori è netta: “L’euro è stato fatto, ma la moneta non ha tirato. Non c’è stato un governo centrale in grado di gestire questa moneta. Si è creata una divisione tra quelle che Miglio ha definito ‘democrazie calde’ e ‘democrazie fredde’. L’euro ha fallito soprattutto nelle democrazie calde: non è un caso che la crisi si sia sentita più forte in Paesi come la Spagna, il Portogallo, la Grecia. In Italia la crisi si è sentita con forza soprattutto per due ragioni. Perché l’Italia non è nè troppo grande nè troppo piccola. E perché l’Italia è divisa in due, una parte mitteleuropea e una parte in quello che è stato definito ‘club Med’. Ma il Sud ha sopportato meglio la crisi, perché è una realtà meno strutturata del Nord, perché c’è un po’ di lavoro nero, perché le famiglie reggono, perché c’è più solidarietà, perché al Sud si è più abituati ad avere le pezze al culo!”. Dell’Europa, aggiunge il ministro Meloni, il nostro paese ha “scontato le limitazioni e non abbiamo avuto in cambio ciò che dall’Europa ci aspettavamo”.

Altro tema al centro del dibattito politico di questi giorni: il caso Tedesco. Quagliariello evidenzia la linea di coerenza che il Pdl ha tenuto sia nel caso del senatore Pd (ora al Gruppo Misto), sia per la richiesta di arresto del deputato Pdl, Alfonso Papa . Una linea di coerenza che tiene alte le ragioni del garatismo e muove da un concetto semplice che rivendica : “Io ho sempre considerato quelli che stanno dall’altra parte avversari e non nemici da abbattere”. La Meloni aggiunge: “Quella del doppiopesismo fra destra e sinistra sulla giustizia è una vecchia storia che conosciamo benissimo. La sinistra ci ha sempre guardato dall’alto in basso come se fossero più puliti. Nei mesi scorsi si è celebrato un processo a Bassolino con capi d’imputazione gravissimi, a porte chiuse e senza che la stampa potesse assistervi, e nessuno ne ha parlato. Una situazione ben diversa rispetto alle intercettazioni che ogni giorno invadono i giornali, senza alcuna rilevanza penale ma con il solo obiettivo di devastare le persone e un partito. Si tratta di una discrepanza che conosciamo e di fronte alla quale e’ difficile anche difendersi. Su Papa non c’erano elementi per chiedere l’arresto preventivo, si è trattato di una richiesta più dettata dal sensazionalismo che dalle esigenze delle indagini, quindi e’ stato giusto votare contro la richiesta di arresto. Però il Pdl, senza imbarazzo, dovrebbe affrontare certe questioni con lucidità. E’ possibile che alcune condotte, al netto della rilevanza penale, siano comunque in contrasto con lo statuto e con i valori del Pdl. Il partito deve avere il coraggio di perseguire al proprio interno queste condotte procedendo immediatamente negli organismi interni, al netto della rilevanza penale”. Una cosa è la dimensione istituzionale, diversa è la dimensione del partito, osserva Quagliariello, con una aggiunta non casuale: “La lettera di Bersani al Corriere è stata patetica. Lui rivendica una diversità non antropologica ma politica. La vera diversità del Pd è il fatto che li’ il finanziamento illecito non e’ un malcostume dei singoli ma e’ un dato strutturale. In quelle roccaforti rosse dove le maggioranze non sono mai cambiate, funziona come ai tempi del Pci”.

Il confronto torna sulla questione dei giovani e della politica. La Meloni passa in rassegna le cose fatte dal governo ma indica una grande sfida da qui ai prossimi mesi: intervenire sul welfare. “Bisogna redistribuire fra le generazioni la spesa per il welfare, che attualmente è molto sbilanciata. Questo problema e’ particolarmente grave sul fronte delle pensioni. Sul versante dell’impresa, questo governo, compatibilmente con i tempi di crisi internazionale, ha introdotto una tassazione agevolata per i giovani che aprono un’impresa. Attualmente da questo punto di vista in Italia c’è il regime fiscale più conveniente in Europa”. Il Pdl c’è.