Ritratto della “casta” ma senza ipocrisie
21 Luglio 2011
di redazione
Di casta e di caste ne abbiamo viste tante, anche troppe. Per chiuderla qui, anche se probabilmente ci saranno altre puntate, vi offriamo un fior da fiore di articoli dell’Occidentale, vecchi e nuovi, ma con un taglio che vuol essere diverso dal solito. L’attuale dibattito su privilegi e privilegiati, per quanto si tratti di un problema oggettivo, rischia d’essere un fuoco vacuo. Una qualsivoglia riduzione del numero dei parlamentari o delle auto blu, di fatto, avrebbe un impatto trascurabile sul risparmio del bilancio centrale dello Stato.
Certo si può e si deve dare l’esempio. Bisogna essere sobri e onesti. Ma il ceto politico costa ai contribuenti italiani più o meno 2 miliardi di euro ogni anno, su un totale di spesa pubblica di più di 700 miliardi di euro. Insomma, l’indignazione rischia di diventare un pretesto che chi usa l’antipolitica per fare politica: i "tagli" non permetteranno certo di migliorare sensibilmente le sotto-finanziate politiche infrastrutturali dell’Italia, né le nostre carenti politiche educative, né tanto meno il nostro apparato di difesa o il budget militare. Questi esempi possono bastare.
Nessuno vuole negare che la riduzione dei costi della politica possa avere un forte valore simbolico, soprattutto in una fase politica contraddistinta da continui messaggi di austerità in finanza pubblica. In politica la simbologia ha una ruolo fondamentale e sottovalutarlo sarebbe stupido. Ma la nostra classe dirigente si migliora non tanto con le "diete" o con la gogna quanto con un’attenta selezione del personale politico, esercitando, cioè, i nostri diritti democratici (invece di passare il tempo a lamentarsi su Facebook). E per non peccare di reticenza si dica pure che in una nazione come l’Italia, fatta di milioni di persone che di privilegi, ognuno nel proprio piccolo, ne hanno tanti e se li tengono stretti, tanta indignazione contro i politici è sempre apparsa un po’ sopra le righe.