Ritratto dell’italiano “macho” e un po’ vigliacco che domina nei telefilm Usa

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Ritratto dell’italiano “macho” e un po’ vigliacco che domina nei telefilm Usa

Ritratto dell’italiano “macho” e un po’ vigliacco che domina nei telefilm Usa

31 Gennaio 2010

Romanzi come Guerra e Pace o il Rosso e Nero sono indispensabili per capire Napoleone, il cinema gioca ormai una parte da leone per dare l’idea di un’epoca o di un fenomeno sociale, alcuni serial cult statunitensi non sono da meno. I più recenti, come In Treatment sono operazioni culturali raffinate, più efficaci di tanti saggi specialistici sulla psicoanalisi, o come Mad Men ci riportano agli anni ’60, alla nascita della pubblicità e descrivono il futuro del nostro presente.

Il serial Desperate Housewives, ideato da Marc Cherry per ABC nel 2004, all’inizio considerato robetta, è diventato cult non tanto perché ne accadono di tutti i colori, ma perché la piccola comunità di Wisteria Lane, dove vivono le casalinghe disperate, è un microcosmo dell’America multiculturale. A parte una famiglia di colore passata in Wisteria Lane per una stagione, la maggior parte degli abitanti, come molti americani, hanno radici europee, e per questo le casalinghe disperate hanno avuto successo in Europa. Bree van de Kamp, presbiteriana, pelle bianchissima, capelli rossi, elegante e cortese anche nelle situazioni più scabrose, ha antenati nell’Europa del Nord. Per la Spagna, Carmen si è reincarnata nella capricciosa Gabrielle Solis, ex-modella ispanica capace di cornificare il marito Carlos col giardiniere baby, perché lavora troppo per farla vivere nel lusso e di mettersi a fare le pulizie, quando lui acceca e va in miseria. Mancava un carattere italo-americano. Mike Delfino, programmato per fare l’italo-americano, ha avuto guai con la giustizia, ma ha un nonno che si chiama Maynard James e non ha il profilo di un italo-americano. Tom Scavo, il marito della casalinga-donna in carriera Lynette, sogna di aprire una pizzeria, ma la pizza è ormai global come la Coca Cola.

Nell’ultima serie, in Wisteria Lane è però arrivata Angie Bolen, an Italian tough woman, che però è siciliana, come accade quasi sempre nei film americani. Finora nell’immaginario americano l’italiana tosta era Carmela, la moglie di Tony Soprano. Anche Carmela è tough, sa mantenere segreti, ma il boss è Tony, e, a differenza di Angie, non esce da Little Italy e si adegua agli standard politically correct per fare buona impressione. Angie Bolen invece non tenta di adeguarsi, è fiera delle sue origini, e mette addirittura in crisi Bree van de Kamp, diventata una star in America per il suo libro sulla cucina. Bree non sa rifare le ricette italiane ed è costretta ad assumere Angie perché i clienti dei suoi catering vanno pazzi per gli gnocchi, spacciati come classico piatto siciliano (!). Soprattutto, Angie insegna a Bree, la wasp perfettina, che ha scoperto il sesso dopo due matrimoni e vuole divorziare, la differenza tra sesso e matrimonio. Bree comprende di essere legata al marito Olson Hodge perché ama l’opera lirica come lei.

Mentre in casa Delfino s’impazzisce per i Soprano in tv, i Bolen hanno guai seri. Bree è convinta che Angie non sappia mantenere un segreto, ma i Bolen sono in fuga con un morto alle spalle. Il figlio Danny è in crisi, il marito Nick vorrebbe consegnarsi al FBI, ma è Angie a tenere duro, a perdonare le scappatelle, perché le ha avute anche lei, e a trovare un modo per rimanere in Wisteria Lane. Con i Bolen esordisce un nuovo tipo di coppia italiana, nella quale il marito macho senza palle è costruito sul modello del maschio italiano indolente, donnaiolo, debole. Uno stereotipo sociologico costruito attraverso il cinema italiano, con i Vitelloni e il Mastroianni di Fellini. Gli americani non hanno compreso che il cinema italiano veicolava negli anni ’50, ’60 e ‘70 quell’immagine di maschio un po’ vigliacco, femminaro, ma bonaccione per ragioni tutte interne alla storia italiana dopo il fascismo. Quel modello ha comunque sfondato e perfino Tony Soprano va dalla psicanalista per liberarsi dalla madre, mentre Anna Magnani è il prototipo dell’ italiana tosta su cui è stata costruita Angie.

Desperate Housewives compie però l’operazione di normalizzare i Bolen: i vicini li sospettano, non si fidano di loro, ma i Bolen sono solo meno ipocriti e hanno segreti come tutti gli abitati di Wisteria Lane. Bree ha lasciato morire il primo marito d’infarto con le medicine avvelenate somministrate dal farmacista da lei sedotto, gli Scavo hanno coperto i figli che hanno incendiato il ristorante del vicino, i Solis hanno evaso il fisco e rubato il malloppo a una narcotrafficante dopo averla denunciata alla polizia. In Wisteria Lane è accaduto di tutto, omicidi, tradimenti, furti, e lì i Bolen sono come tutti gli altri, forse solo un po’ più pittoreschi. Insomma, con i Bolen gli “italiani” sono stati normalizzati e hanno anche qualche lato positivo. In attesa di un serial che mostri un italiano palluto – per ora l’unica alternativa a Tony Soprano è stato Raul Bova, nella parte di Angelo, un attore, bello, buono e bravo a letto nella serie A proposito di Brian – Angie Bolen è la nostra nuova ambasciatrice nell’immaginario americano.