Rodotà critica Grillo perché i suoi voti servono alla “Cosa rossa”
30 Maggio 2013
di Pino Scanzi
Rodotà critica, Grillo lo scomunica, M5S si divide tra le polemiche. Il fu quirinario Stefano Rodotà ha bacchettato il Comico genovese con il garbo che gli viene unanimemente riconosciuto. I tempi sono cambiati e anche la strategia dei 5 Stelle deve adeguarsi, dice il professore. Il successo dell’antipolitica "non può replicarsi all’infinito". La risposta di Grillo non si fa attendere: "Rodotà ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi". Parlamentari e militanti pentastellati che fino a un mese fa riempivano la piazza gridando il nome del Professore santo subito restano sbigottiti davanti alla rasoiata del leader. Qualcuno si azzarda a dire che il Capo sbaglia. Currò a Zaccagnini, per esempio. Quest’ultimo lo ricorderete certamente perché credeva di pagare 15 euro un pranzo alla Buvette (il resto glielo paghiamo gentilmente noi).
Il problema di Grillo sono sempre stati i toni, i modi, il lessico, lo squadrismo divertente, ma la verità è che il comico genovese molto spesso ci prende. Proviamo a tradurre dal vocabolario grillico in italiano politico standard: "Internet e il Movimento 5 Stelle hanno favorito un riposizionamento del Senatore Rodotà, personalità di grande esperienza ed autorevolezza all’interno del Centrosinistra", tipica frase usata quando un vate canuto viene riverito da uno o più partiti che però l’hanno messo temporaneamente fuori gioco. Non è vero che senza le Quirinarie Rodotà probabilmente sarebbe rimasto solo un ospite ricercato delle trasmissioni politiche televisive e dei convegni più a la page? E che invece la consultazione quirinalizia per lui ha rappresentato un rilancio mediatico fortissimo? "La stampa non capisce", dice la deputata M5S Terzoni, "quello di Beppe c’è un messaggio tra le righe per Rodotà, la sinistra ti ha congelato e poi tirato fuori all’occorrenza, non farti trattare in questo modo", che è un altra versione per dire quello che abbiamo appena spiegato. Ma la vicenda si presta a più interpretazioni.
Grillo ha un linguaggio da caciucco e purtroppo per lui anche quando ha ragione sembra sempre che abbia torto. Facciamo un altro esempio. Nei giorni scorsi Repubblica ha messo alla berlina la ricostruzione offerta dal Comico sulla sconfitta di M5S alle amministrative. Secondo Grillo, l’Italia dei tutelati e di quanti sognano di restare o diventare tali, l’Italia ombra della politica che da questa aspetta e spera, il Paese dei ministeriali e dell’esondazione pubblica, dei sindacati e delle associazioni di categoria, degli ordini professionali e delle criptocaste, ha prevalso ancora una volta sugli invisibili, sul popolo delle partite Iva e sui precari, sulle giovani generazioni pronte a espatriare, sugli esclusi e i dimenticati. Anche in questo caso la "forma" è esagerata, il manicheismo distorce la realtà un attimo più complessa della rappresentazione populista che se ne vuole dare, ma la sostanza è quella. In Italia gli "invisibili" ci sono, non votano e sono il primo partito. Non votano neppure per Grillo, se è per questo.
Ormai abbiamo capito tutti quali sono i problemi genetici dei 5 Stelle. Un liderismo che non va per il sottile, tipico dei movimenti che hanno attraversato l’Italia dalla fine degli anni Settanta. Le contraddizioni crescenti tra Grillo e grillini, Comico e Parlamentari, Leader e base virtuale. Ma detto questo, non è chiaro perché mai 5 Stelle dovrebbe farsi dettare la linea da un signore che ultimamente si è appartato in un gazebo con i capi di FIOM e di Emergency, durante una manifestazione sindacale. Viene il sospetto che il professore si stia muovendo per rafforzare l’area liquida che va da SeL ai sindacati più radicali all’associazionismo militante agli Occupy e ai dissidents piddini, cercando di travasare nella nuova cosa di sinistra anche una parte del bacino di consenso grillino e perché no qualche parlamentere 5 Stelle. Bella riconoscenza. Fare "scouting" come Bersani.