“Rough Riders”, quei cavalieri della libertà che anticiparono Bush

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“Rough Riders”, quei cavalieri della libertà che anticiparono Bush

18 Ottobre 2010

Inventa una Guerra giusta. Scegli il tuo nemico. Costruisci il nemico. Volgi a tuo vantaggio un incidente, costruisci artificialmente e grazie all’aiuto di media e ambienti culturali compiacenti un’aura di autorevolezza e raziocinio ad un aggressione militare che ha una solo vera visione di fondo: la costruzione di un Impero. Immagina la tua Guerra preventiva. E vincila. Immagina il tuo volto scolpito sul Mount Rushmore accanto a quelli di Washington, Jefferson e Lincoln. George W. Bush? No, il tuo nome non è George W. Bush, ma Theodore Roosvelt.

Il repubblicano più amato dal mondo liberal retrò statunitense è uno dei sei protagonisti del libro War Lovers (Little Brown & Company 2010), di Evan Thomas, un lavoro che ricostruisce l’invasione americana di Cuba del 1898 proponendosi apertamente di percorrere la strada del parallelismo tra l’invasione irachena del 2003 e l’inizio dell’avventura imperialista. L’autore di “War Lovers”, Evan Thomas, è stato al Time, editorialista del Newsweek, ha vinto il National Magazine Award per la copertura dello scandalo Lewinsky, insegna giornalismo a Priceton ed è autore di saggi dal discreto successo di critica e libreria come Robert Kennedy: his life (Simon & Schuster 2000) e The very best man. The early years of the CIA (Simon & Schuster 1996). La sua ultima fatica inizia con il racconto di quella metà del Febbraio dell’anno 1898 in cui nella baia dell’Havana esplose la USS Maine, evento che per una spericolata e riuscita campagna politico-mediatica mobilitò l’opinione pubblica americana in chiave anti-spagnola, sebbene non vi fosse alcuna prova che gli spagnoli fossero realmente responsabili dell’affondamento della nave della marina statunitense.

In un clima di acceso dibattito sulla strada più giusta da intraprendere nel Paese a stelle e strisce si fece largo una tensione fideistica verso un destino manifesto di responsabilità internazionale, di tutela della libertà dei popoli oppressi, in quel frangente visti nei nazionalisti cubani frustrati dalla presenza spagnola; il tutto si tradusse nell’invasione di Cuba prima e poi in quella delle Filippine, con l’effetto geopolitico del vedersi spazzato via l’agonizzante imperialismo spagnolo e quello domestico del consolidamento di una consapevolezza nuova circa la portata e le potenzialità del potere di deterrenza dello U.S. Army. I protagonisti di quel momento topico per gli sviluppi della potenza americana furono Randolph Hearst, spregiudicato direttore del New York Journal, il riluttante Presidente McKinley che pur aborrendo l’uso della forza militare per il ricordo ancora vivo degli anni della Guerra Civile si trovò a dichiararne due, il Senatore interventista Henry Cabot Lodge, gli oppositori Thomas Brackett Reed lo speaker della Camera che vedeva nell’interventismo un tradimento della Costituzione ed il noto filosofo William James.

Su tutti naturalmente Teddy Roosevelt che dall’avventura cubana uscirà come protagonista indiscusso della scena politica, spalancandosi per lui le porte per la Casa Bianca, lui che abbandonerà ogni incarico governativo per fondare e guidare in prima persona un corpo di volontari i “Rough Riders” che ebbero un forte impatto a livello di propaganda per i resoconti dettagliati che uscirono sui principali giornali americani delle imprese del battaglione e del suo leader che così facendo riuscì a cucirsi addosso i panni di eroe nazionale al di là della reale entità dei suoi meriti militari (in effetti i suoi “Rough Riders” furono tra le unità che riportarono più perdite nella battaglia di Cuba). L’America raccontata da Thomas è un Paese ancora grezzo, a cui il benessere e la produzione industriale sono sbocciati impetuosi tra le mani, un Paese che non conosce il politically correct e poco affetto da perbenismo, in cui il populismo roosveltiano trova una sponda da una parte nella dimestichezza alle armi con cui gli USA sono cresciuti sin dai giorni dell’indipendenza e attraverso quelli della frontiera, dall’altro nel terreno culturale preparato dalla fortuna di certa letteratura di quegli anni che divulga una particolare idea di supremazia anglo-sassone, lettura sociologica della teoria del darwinismo (vedi certa parte dell’opera di Jack London).

Il libro di Thomas ha il merito di raccontare come il cosidetto "avventurismo militare" degli Usa non nasce e probabilmente non finisce con George W. Bush essendo una delle opzioni presenti nell’orizzonte culturale, storico e politico americano da oltre un secolo. Un lavoro originale, capace di intrattenere piacevolmente il lettore e di raccontare un momento negli States in cui l’intuizione, la sete di potere e l’ambizione di alcuni leader trasformarono l’America, un libro che non giustifica apoditticamente la realpolitik ovvero il cinismo di Stato ma che al contempo aiuta a sgombrare il campo da tanti luoghi comuni che impediscono un’interpretazione non ideologica del presente U.S.A..