RSA: il “massacro” degli anziani

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RSA: il “massacro” degli anziani

20 Aprile 2020

I dati sono drammatici, ma non bastano da soli ad analizzare la strage, il ‘massacro’ per usare il termine adottato dall’Oms, avvenuto e che sta ancora avvenendo nelle case di riposo italiane. Le commissioni d’inchiesta nominate o richieste nelle singole regioni sono chiamate a investigare su un fenomeno che non va solo letto in termini numerici, ma va anche compreso nelle sua portata sociale e culturale. A cominciare dallo spazio che le nostre comunità hanno deciso di riservare agli anziani, alla loro cura e al loro benessere.

I dati servono, certo, per capire il dramma che attraversa l’Italia in modo diverso, al nord più che al sud e in modo difforme nelle diverse Regioni del nord, indipendentemente dal colore politico delle relative giunte. Perchè, come abbiamo visto, per fare l’esempio più eclatante, l’Emilia Romagna a traino Pd registra le stesse cifre della Lombardia a traino Lega, per alcuni simbolo unico di un problema che invece è tutt’altro che circoscrivibile al solo caso lombardo.

L’ultimo report del 14 aprile sul contagio da Covid-19 all’interno delle Rsa dell’Istituto superiore di sanità parla di 6700 ospiti, per lo più anziani, deceduti dall’1 febbraio al 14 aprile nelle case di riposo in tutta Italia. Un numero che sottostima grandemente il dramma, dal momento che riguarda solo un terzo (1082) del totale delle Rsa censite nel nostro Paese (3420 quelle incluse nel sito dell’Osservatorio Demenze dell’Iss).
Sempre secondo gli ultimi dati Iss il 40,2% del totale dei decessi nelle case di riposo ha interessato residenti contagiati dal Covid, una percentuale che sale al 53,4% in Lombardia, al 57,7% in Emilia Romagna, al 40% in Umbria ma che scende al 20,7% in Veneto, al 28% in Liguria e al 17,7% nel Lazio. E ancora: prima provincia in Italia per tasso di mortalità nelle residenze per anziani a causa del Coronavirus è Bergamo, seconda provincia è Reggio Emilia.

Ma i dati, come detto, non sono sufficienti. Quando questa apocalisse avrà fine, quando fotograferemo le macerie e i morti anziani saranno impressi uno dopo l’altro in un elenco senza fine, sarà indispensabile capire e analizzare la genesi di questa strage. Per non dimenticarla, per far sì che non ricapiti mai più. E tra gli elementi centrali di questa genesi non può che esservi il dato sociale.
Una società che, soprattutto al nord, ha deliberatamente deciso di emarginare gli anziani, di risolvere il ‘problema’ del prendersi cura di loro attraverso il pagamento delle (esorbitanti) tariffe richieste dalle case di riposo. Soprattutto, lo ribadiamo, nel nord produttivo, se è vero, come è vero che oltre 2100 delle 3420 strutture anziani italiane si trovano tra Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte.

In Campania ce ne sono 121, in Puglia 61, contro le 608 del Piemonte. Non si tratta ovviamente di colpevolizzare le famiglie, spesso la casa di riposo ha rappresentato l’unica soluzione per la gestione dell’anziano, ma proprio il fatto che il delegare ad altri la cura delle nostre radici umane sia la sola strada possibile deve essere fonte di riflessione per il futuro.

Il coronavirus ci restituisce una società che ha dimenticato i più deboli: lo ha fatto con gli anziani, ben prima dello scoppio della pandemia, e lo sta facendo coi bambini, obbligandoli a quarantene forzate e ottuse. Il mondo nuovo, se sarà davvero nuovo, dovrà rimediare a questi errori. Perchè senza radici e senza germogli nessuna pianta può sperare di vivere a lungo.