Russia e Stati Uniti riparlano di disarmo ma trovare un accordo sarà difficile
14 Marzo 2009
Per la «prima volta dalla fine della guerra fredda» abbiamo l’opportunità di compiere «progressi reali» per il disarmo globale. «E’ il momento giusto». Così il ministro degli Esteri russo Lavrov ha aperto agli americani durante la conferenza di Ginevra sul disarmo. Il capo della diplomazia russa ha detto che Mosca «è pronta a negoziare con la nuova amministrazione Usa. Condivido pienamente l’impegno del presidente Obama verso il nobile obiettivo di proteggere il mondo dalla minaccia nucleare e penso che costituisca un fertile terreno di lavoro in comune». Ed ha concluso aggiungendo che: «L’arrivo della nuova amministrazione Usa cambia la situazione perché adesso la questione del disarmo multilaterale è una priorità ».
Parole che suonano di buon auspicio e che potrebbero portare veramente all’apertura di nuovi scenari in un settore, quello del disarmo e del controllo degli armamenti, governato ormai dalla completa anarchia, o quasi. Il trattato Start I va in scadenza a dicembre di quest’anno, mentre il SORT, il cosiddetto trattato di Mosca, delinea un regime di controllo troppo blando. Lo Start I, entrato in vigore nel dicembre 1994, prevedeva un limite massimo di 1.600 veicoli di rilascio – per veicolo di rilascio s’intende un missile intercontinentale, un bombardiere strategico ed un sottomarino per il lancio di missili balistici – per un totale di 6.000 testate. Tutto ciò che eccedeva questi limiti avrebbe dovuto essere distrutto. La scadenza del trattato potrebbe offrire l’occasione per arrivare ad un rinnovo o ad una nuova intesa, magari più stringente e vincolante.
Le parole di Lavrov e le intenzioni di Obama sembrano voler andare in questa direzione. Anche perché il trattato che l’ha seguito, lo Start II, non è mai entrato in vigore, e lo stesso SORT, firmato da Bush e Putin nel maggio 2002, di fatto ha chiuso l’era dello Start, cioè la stagione del disarmo effettivo e non quella del semplice controllo degli armamenti, lasciando alle due parti ampi margini di manovra per dotarsi di nuovi armamenti. Del resto il SORT è giunto a maturazione in un contesto del tutto diverso rispetto a quello della prima metà degli anni Novanta, in cui hanno preso avvio i trattati Start. Allora gli USA si sentivano potenti e sicuri e la Russia aveva altri problemi a cui pensare. L’avvento del nuovo millennio, e poi l’11 settembre, hanno cambiato tutto.
Gli Stati Uniti – temendo un attacco missilistico con armi di distruzione di massa da parte di un qualsiasi rogue state – hanno rilanciato i progetti di difesa antimissile e, nel dicembre 2001, sono usciti unilateralmente dal trattato ABM. Mentre la Russia, superato lo shock della caduta dell’impero sovietico, è tornata a porsi il problema del proprio status e ad investire nel deterrente nucleare, considerato la sola garanzia possibile per un grande ritorno sulla scena internazionale. Il SORT, pertanto, si è limitato a certificare tale stato di cose prevedendo sì una riduzione delle testate “operative” a 1.700/2.200 entro il 31 dicembre 2012 – meno della metà rientranti nei limiti previsi dallo Start I – ma tralasciando allo stesso tempo ogni sistema di verifiche e facendo cadere i limiti, previsti dallo Start II, sul possesso di missili intercontinentali a testata multipla. In più, il trattato conteggiava solo le testate “operative”, cioè in allerta, ma non quelle in stato di “de-alerting” – dotate di tutti gli elementi necessari per consentirne l’immediata riattivazione – né quelle in stock per esigenze logistiche e di manutenzione. Ciò significa che le due potenze avrebbero potuto mantenere anche una “responsive force” nucleare pronta ad essere riattivata in casi di necessità. Naturalmente, per evidenti motivi legati ai costi di gestione, solo gli USA potevano permettersela, ma in cambio la Russia veniva compensata con la possibilità di mantenere schierati gli SS-18 e gli SS-19 (contenenti 10 e 6 testate rispettivamente) e di sviluppare nuovi missili intercontinentali (ICBM).
In buona sostanza, purché si rimanesse entro il limite delle 2.220 tesate operative, le due parti potevano fare ciò che volevano. Ed effettivamente è andata così. La Russia ha modernizzato gli SS-18, ha sviluppato e realizzato nuovi ICBM, come il Bulava ed il Topol-M basato su lanciatore mobile, mentre gli Stati Uniti hanno mantenuto un cospicuo numero di testate di riserva, pronte per ogni evenienza.
Questa è la situazione ad oggi e questo il contesto entro il quale va inserita l’apertura di Lavrov. La scadenza dello Start I a dicembre offre una grande opportunità per aprire una nuovo capitolo nella storia delle relazioni tra i due paesi, ma gli ostacoli sono tutt’altro che semplici da superare. Se le due potenze vogliono davvero arrivare ad un regime di disarmo serio – che effettivamente produca degli effettivi operativi e non solo propagandistici (come il SORT) – dovranno lavorare molto. I contenuti dello Start II potrebbero rappresentare una buona base di partenza. Lo Start II prevedeva veramente la riduzione delle testate e, soprattutto, impediva alle due parti il dispiegamento di missili intercontinentali a testata multipla imponendo un rigido regime di controlli incrociati. Se fosse stato davvero applicato, oggi saremmo veramente in una nuova era ed il sistema di mutua dissuasione sarebbe sicuramente più stabile. Si deve ripartire pertanto da qui, ma, ripetiamo, ci sono dei problemi oggettivi. A cominciare dallo scudo antimissile americano.
La BMD (Balistic Missile Defense) è ormai una realtà e negli ultimi anni gli USA hanno compiuto progressi enormi su questo fronte. Ora, gli americani, come segno di buona volontà, potranno anche rinunciare a schierare un segmento della loro difesa antimissile in Europa dell’Est, ma questo non contribuirà certo a lenire le preoccupazioni della Russia. Infatti, se tutte le altre componenti della BMD vanno avanti, come sembra, per la Russia resterà sempre l’incentivo a schierare nuove sistemi balistici, sempre più potenti e complessi, per superare le difese americane. E’ una questione di equilibri. Entrambe le potenze devono mantenere la capacità di distruggere l’altra affinché la dissuasione stia in piedi. Se una parte diventa progressivamente immune agli attacchi dell’altra, la dissuasione va in pezzi e l’equilibrio salta. Ecco che allora Obama dovrà riflettere sulla più importante ed ingombrante eredità dell’amministrazione Bush: lo scudo antimissile. Certamente non potrà fare marcia indietro, se non altro per un discorso industriale, ed a quel punto non potrà che coinvolgere Mosca. Non a parole, ma con i fatti.