È ormai da un mese che quando si parla o si pensa alla Russia si parla o si pensa principalmente in termini di energia, e più specificatamente di gas. Eppure la Russia è lo stesso paese che non più di due mesi fa era ancora sulle prime pagine di tutti i giornali per aver invaso la Georgia, e per aver poi sabotato con questo paese qualsiasi trattativa di pace. Allora perché ultimamente, se si apre o si sfoglia un giornale, a farla da padrone sono sempre notizie di tipo energetico?
La risposta è molto semplice. Il 21 ottobre scorso si è tenuto a Teheran un summit tra Iran, Qatar e Russia, che sono i tre principali produttori di gas mondiali (detengono da soli il 60% delle riserve di gas del pianeta), i quali hanno mosso i primi passi in direzione della fondazione di un organismo internazionale simile all’Opec, Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, anche per il metano. “Abbiamo convenuto che la fluttuazione dei prezzi del petrolio non mette in discussione la tesi fondamentale: l’era degli idrocarburi a basso costo è finita. E le parti devono iniziare da questo assunto per lavorare” ha dichiarato al termine dell’incontro Alexei Miller, numero uno di Gazprom, la più grande compagnia russa e il maggiore estrattore di metano al mondo.
La Gazprom all’inizio di quest’anno aveva chiuso il primo trimestre con un utile record in crescita del 30%, che è salito a 273 miliardi di rubli (circa 10 miliardi di euro), contro i 210 dello stesso periodo dello scorso anno. Il tutto grazie al rialzo dei prezzi del gas. Il colosso russo aveva poi anche raccolto i frutti dell’aumento dei prezzi del gas sia sul mercato nazionale che nelle ex repubbliche sovietiche, come l’Ucraina, e le vendite erano cresciute del 48%, a 903 miliardi di rubli. In Europa però, dove Gazprom controlla circa un quarto del mercato, i prezzi sono ancorati (per ora) a quelli del petrolio. Il crollo della borsa e il conseguente calo del costo dell’oro nero hanno prodotto un buco anche nel bilancio del colosso del metano, che ora costa 3 volte in meno rispetto al picco raggiunto sette mesi fa.
Per far fronte a questa crisi Gazprom ha pensato di unirsi agli altri grandi produttori di gas con l’evidente scopo di controllare e decidere le sorti del mercato e risollevare l’utile riportandolo ai livelli del primo semestre 2008. La strada intrapresa è evidente, come dimostrano le dichiarazioni del ministro iraniano per il petrolio e il gas Gholam Hussein Nozari subito dopo la riunione: “I tre grandi detentori di riserve di gas […] sono decisi a formare un’organizzazione dei paesi esportatori di metano. C’è un consenso tra i tre paesi per accelerare la sua costituzione e preparare i suoi statuti”.
Ma Alexei Miller, il numero uno di Gazprom, e il ministro dell’Energia del Qatar, Abdallah ben Hamad al-Attiyah, hanno rilasciato dichiarazioni più diplomatiche, cercando di placare gli animi di chi non vede di buon occhio quest’intesa: “Abbiamo concordato di tenere incontri periodici. Il dialogo tripartito è utile per l’insieme del mercato del gas” ha glissato il presidente di Gazprom aggiungendo che la prossima riunione al vertice è prevista “a Mosca tra 4 mesi”. Il che è vero, ma è vero anche che è stata costituita una commissione tecnica trilaterale che si riunirà prossimamente in Qatar.
La Russia evita di proposito di menzionare l’Opec quando si parla di questo cartello di esportatori di gas perché il termine implica un significato egemonico (l’invasione della Georgia ha già causato abbastanza danni all’immagine internazionale di Mosca), ma lo stesso Miller sottolinea “la necessità di una rapida trasformazione del Forum delle Nazioni Esportatrici di Gas (GECF, che comprende i 14 principali paesi esportatori di gas e di fatto è solo un forum senza potere decisionale), in un organismo permanente che serva a garantire affidabili e stabili forniture energetiche in tutto il mondo e che sia una piattaforma internazionale per definire le formule universali del prezzo del metano e prendere decisioni su futuri gasdotti”.
Di una “Opec del gas” si parlava da anni, ma proprio le visioni diverse di Russia e Iran, i due paesi con maggiori risorse di gas, non permettevano di arrivare a un accordo: Teheran voleva una struttura rigida che dettasse leggi e prezzi ai suoi membri, mentre Mosca, che non è membro dell’ Opec, voleva più flessibilità. In più ogni paese membro desiderava la propria capitale come la sede principale della nuova organizzazione.
Anche adesso i tre paesi hanno proposto le loro città: Mosca, Doha e Teheran, ma pare che la Russia come compromesso abbia proposto una sede in Svizzera. La giornata di oggi potrebbe rappresentare un punto di svolta, infatti si terrà a Mosca il primo incontro del GECF dopo la riunione del 21 ottobre, e si potrebbe addirittura arrivare alla firma di un accordo comune.