Russia, Turchia e disordine internazionale

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Russia, Turchia e disordine internazionale

25 Novembre 2015

Nella guerra permanente i vecchi stati nazione vanno ognuno per conto proprio e soprattutto le democrazie occidentali non vanno da nessuna parte.

 

Lo dimostra quanto è accaduto lunedì: nel volgere di poche ore siamo passati dal chiederci chi combatterà insieme a Hollande il terrorismo islamico a una potenziale escalation militare tra Russia e Turchia (per adesso smentita dal Cremlino), dopo che Ankara ha abbattuto un jet russo al confine con la Siria, non meglio identificati “ribelli turcomanni” hanno ucciso i piloti russi, e altri reparti del Free Army siriano hanno colpito un altro elicottero, sempre russo.

 

Ognuno va per conto suo e nessuno sa con certezza cosa sta avvenendo in questa guerra che si combatte da anni ma che in Italia non si chiama guerra. Noi non parteciperemo agli "strike" della Francia contro l’Isis ma Parigi, nonostante l’avventura libica, resta una ex potenza coloniale seria (vedi Africa Centrale) ed è pronta a combattere anche da sola lo Stato Islamico.

 

Parigi avrebbe gradito e probabilmente continua a gradire che sul campo ci sia anche Mosca, l’unica ad aver messo apertamente sul campo i propri stivali, stampella al regime di Damasco. Ma la mossa dei turchi complica le cose, Parigi e Ankara sono pur sempre Paesi alleati dentro la NATO e questo non potrà che limitare una collaborazione fra Hollande e Putin che già prima di oggi era esposta a rischi, compresi quelli di coordinamento logistico.

 

L’America in ritirata globale e la invisibile Ue restano alla finestra, Obama dice che lo Stato Islamico deve essere distrutto ma intanto manda avanti Hollande e aggiunge che lo spazio aereo turco è stato invaso, mentre sul campo a prevalere sono le vecchie questioni di frontiera: la Turchia che guarda alle zone turcomanne della Siria forse anticipando il momento in cui potrà reclamarle, la Russia che vola sui cieli siriani controllati dai “ribelli” invece di colpire l’Isis (fonti dicono che il jet russo prima di essere abbattuto avrebbe compiuto dei raid contro i villaggi della zona).

 

La guerra al terrore diventa quindi confronto militare tra Stati, potenze regionali ben armate che per adesso restano divise, figlie del disordine internazionale post-’89, ma che se dovessero confrontarsi su larga scala rischiano di produrre qualcosa di ancora peggiore del caos attuale.