Russiagate, la Cia invita a disobbedire a Trump
27 Luglio 2017
E’ passata quasi inosservata la reazione di autorevoli membri del mondo dell’intelligence americana agli attacchi che il presidente Trump ha riservato al suo ministro della giustizia, Sessions. Ma è una reazione che merita di essere raccontata perché dà il polso della guerra senza quartiere che si combatte negli Usa tra potere politico e strutture del cosiddetto “stato profondo”.
Questo il contesto: finito nella rete del Russiagate, lo scandalo sulle presunte interferenze russe nella vita politica americana, il ministro Sessions nei mesi scorsi ha fatto un passo indietro, ‘ricusando’ il suo incarico a favore del procuratore speciale Mueller, dicono gradito ai Democratici, e incaricato di fare luce sulla vicenda. Mueller da quel momento ha avuto campo libero.
Da qui i retroscena sull’annunciato licenziamento di Sessions da parte di Trump, magari il tempo necessario al presidente per prendersi l’interim della giustizia e liberarsi di Mueller. Retroscena che per adesso non sono confermati dai fatti, visto che Sessions resta al suo posto, nonostante le bastonate che gli ha riservato Trump su Twitter.
“L’attorney general” dichiara che non farà un passo indietro, anzi annuncia un supplemento di indagini sulle rivelazioni dei giornaloni a proposito del Russiagate. E se qualcuno si sorprende dell’atteggiamento tenuto dal ministro, occorre ricordare che Sessions è stato il primo dei senatori repubblicani a schierarsi con Trump quando ancora non era conveniente, durante le primarie del partito dell’anno scorso, e sarebbe curioso che ora abbandonasse così, su due piedi, il suo presidente.
Trump vuole vederci chiaro sui “leaks”, le rivelazioni ai giornali, e sulle fonti anonime che, secondo il presidente, si annidano nell’intelligence, tra funzionari e “talpe” negli uffici della amministrazione. Le stesse forze, dice chiaramente il presidente su Twitter, che hanno protetto Hillary Clinton quando scoppiò il Clintongate, lo scandalo sulle email compromettenti di Lady Hillary, con circa trentamila messaggi di posta elettronica che mancano ancora all’appello e di cui Trump ha chiesto conto a Sessions.
Ma al di là dello scontro che si è aperto fra Trump e i Repubblicani sul caso Sessions, la cosa più interessante di tutta la vicenda è appunto osservare la reazione di spezzoni del mondo delle spie Usa all’ipotesi che Trump possa rimuovere dal suo incarico il procuratore speciale Mueller, per mettere un punto definitivo sul Russiagate.
Parlando a un evento organizzato dall’Aspen Institute e mandato in onda dalla Cnn, l’ex capo della Cia, John Brennan (nella foto), ha detto chiaramente che se Trump licenziasse Mueller i funzionari del governo dovrebbero rifiutarsi di obbedire al presidente. Avete capito bene: i funzionari del governo dovrebbero rifiutarsi di obbedire al presidente. Secondo Brennan, l’eventuale ordine impartito da Trump sarebbe “inconsistente”.
Ecco, questa sì che è una notizia. Altro che Russiagate. L’ex numero uno della Cia teorizza, come se niente fosse, un colpo di stato contro Trump.