Russiagate: nel mondo rovesciato delle “fake news”
04 Agosto 2017
Ieri il Wall Street Journal ha fatto uno scoop dando la notizia del “Gran Giurì” convocato a Washington dal procuratore speciale Mueller che guida le indagini sul Russiagate, il presunto scandalo delle ‘interferenze’ russe nelle elezioni Usa del 2016. Per i giornaloni è il segnale che il cerchio si stringe intorno al Don e ai suoi familiari e collaboratori, accusati di aver agito d’intento con emissari del Cremlino per favorire la sconfitta di Hillary Clinton alle elezioni. Nel mirino del Gran Giurì, secondo Reuters, ci sarebbe il figlio del Don, Donald Jr., e il suo incontro con una avvocatessa russa che, dicono, volesse piazzargli notizie scottanti proprio su Lady Clinton – anche se la donna adesso nega che sia andata così.
Ad ascoltare il modo con cui Cnn dà la notizia del “Gran Giurì” però qualcosa non quadra e c’è da chiedersi ancora una volta a che gioco stiano giocando i media Usa: il Gran Giurì, secondo l’emittente antitrumpista per eccellenza, in realtà avrebbe già messo in sordina la questione dei presunti hacker russi capaci di ‘alterare’ da soli il risultato delle elezioni Usa, per ripiegare su altrettanto misteriosi reati finanziari di cui si sarebbero macchiati i familiari e collaboratori di Trump, questioni davvero centrali per la sicurezza nazionale Usa come l’identità degli organizzatori di Miss Universo 2013 a Mosca, per fare un esempio, o sugli affittuari della Trump Tower.
Ma come?! Cnn e giornaloni ci hanno ammorbato per mesi con la storiella degli hacker che avrebbero passato a Wikileaks informazioni sulle riffe e le raffe interne al partito democratico e al comportamento tenuto dalla Clinton quando era segretario di stato di Obama, e adesso invece, con un colpo di spugna, si cancella tutto, gli hacker russi spariscono dalla circolazione e e si riparte da zero cioè dai non meglio identificati scandali finanziari che, sempre secondo Cnn, non è detto riguardino solo i rapporti dei trumpisti con la Russia? Sarebbe questa la svolta “concreta” nelle indagini del procuratore speciale Mueller? Ma di che stiamo parlando?
Ieri i legali di Trump hanno fatto sapere che “La Casa Bianca è a favore di qualsiasi cosa che acceleri la conclusione di questo lavoro in maniera giusta” e che “la Casa Bianca è impegnata in piena collaborazione con Mueller”. L’impressione è che Trump e i suoi sappiano che la “caccia alle streghe” fa rima con niente prove concrete. Il Russiagate come lo conoscevamo sta per essere archiviato? E Mueller, il grande inquisitore, non doveva essere licenziato da Trump, come scrivevano nelle settimane scorse i giornaloni? Ora invece la Casa Bianca parla di “piena collaborazione” con il procuratore speciale e chissà magari qualcuno nel Gran Giurì ci aiuterà a capire meglio quali informazioni scottanti sui Clinton volesse piazzare l’avvocatessa russa al figlio di Trump, se mai ci ha provato. Parlando ad un comizio in West Virginia, Trump ha detto che il Russiagate è “una invenzione”. “Non abbiamo vinto grazie alla Russia,” ha spiegato il Don, “abbiamo vinto grazie a voi,” rivolgendosi ai suoi elettori e sostenitori.
Negli anni Settanta dei grandi media stesi come un tappetino ai piedi del potere si diceva che fossero “tv bulgare”, tipo la sovietica Pravda, televisioni e carta stampata megafono di chi in quel momento era al comando nella stanza dei bottoni. All’epoca, chi voleva farsi una idea di come stavano le cose al di fuori della TV di regime doveva affidarsi alla stampa alternativa. Oggi lo scenario è cambiato radicalmente, viviamo in una sorta di mondo rovesciato dell’informazione, dove la grande stampa, i “giornaloni”, i media legati alle concentrazioni di potere editoriale, snobbano la Casa Bianca e spacciano fake news, notizie bufala come quella degli hacker russi, per screditare Trump e alzare ascolti ed introiti finanziari e pubblicitari; mentre pochi siti di controinformazione, perlopiù bollati come “complottisti” dai padroni del web, danno voce alle fonti istituzionali, insomma allo stesso Trump e alla Casa Bianca.
Trump a sua volta ha imparato bene a usare i social media come Twitter per bypassare la stampa e rivolgersi direttamente agli americani. Purtroppo però twittare e organizzare conferenze stampa non basta per confrontarsi ad armi pari con un sistema mediatico che invece rema compatto nella direzione opposta a quella che l’amministrazione USA sta cercando di dare al Paese (per dire, in West Virginia Trump indossando un caschetto da operaio ha ripetuto che sta dalla parte di Main Street non di Wall Street). Peccato che un account Twitter in fondo è poca cosa se si pensa di voler rovesciare gli equilibri ormai deformati tra media e potere nell’America del Ventunesimo secolo. Trump ha comunque iniziato a ‘prosciugare la palude’ fatta di poteri forti che lo osteggiamo a tutti i livelli, mentre anche il Grand Giurì di Mueller si avvia a diventare un altro capitolo di una vicenda, romanzesca, che ha sempre meno riscontro nella realtà.