Sacconi: «Brugnaro, un moderato che ha vinto al centro»

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Sacconi: «Brugnaro, un moderato che ha vinto al centro»

15 Giugno 2015

di RS

Acqua alta per il Pd a Venezia. Dopo cento giorni di entusiasmante campagna elettorale, l’imprenditore Luigi Brugnaro è riuscito a vincere nella città dove il centrosinistra governava dall’inizio degli anni Novanta. Del significato del voto in Laguna e degli effetti positivi che può avere sulla ricostruzione di un centrodestra liberal-popolare, aperto a movimenti più ampi presenti nella società italiana, parliamo con il senatore Maurizio Sacconi.

 

Senatore, chi è Luigi Brugnaro?

 

Un uomo coraggioso che vede la sua città in una condizione di emergenza, decide di impegnarsi pubblicamente e lo fa da moderato, avvalendosi del sostegno di movimenti civici e di forze politiche del centrodestra come Area Popolare e Forza Italia. Brugnaro si rivolge trasversalmente a tutta la città di Venezia, a tutte le persone che rifiutano un approccio ideologico, e quando va al ballottaggio, giustamente, non fa apparentamenti. Cerca consenso ma non al punto da accettare condizionamenti. Il suo rimane il programma di un liberal-popolare moderato.

 

Con la sconfitta del Pd a Venezia si rovescia lo schema di Renzi che voleva prosciugare il centro?

 

Emerge una fragilità elettorale del centrosinistra, che non riesce a individuare candidati capaci da un lato di soddisfare la sua non piccola area radicale e dall’altro di parlare al centro moderato della società. Il centrosinistra lascia facilmente scoperto un fianco, ora uno, ora l’altro.

 

Si può dire che stavolta è il centrodestra moderato che erode l’elettorato della sinistra riformista?

 

Quando i partiti della destra moderata non ci sono o sono poco influenti, allora la società comincia ad auto-organizzarsi. Il compito di un centrodestra moderato, quando c’è, diventa non tanto quello di pensare a se stesso bensì di farsi sollecitatore per movimenti più ampi, com’è avvenuto a Venezia e anche in altre occasioni durante il voto per le Regionali. Sollecitare cioè questa propensione dei moderati ad auto-organizzarsi, evidenziata dal diffuso fenomeno delle liste civiche, liste che hanno appunto un’impronta moderata.

 

Può approfondire questo aspetto?

 

Il ruolo del centrodestra non si esaurisce nel numero di consiglieri che elegge o di voti che prende direttamente ma va letto nel successo dei processi che riesce a innescare. Non si può irrigidirlo in uno schema partitico: il nuovo centrodestra nasce con l’intenzione di essere il comitato per la ricostruzione di un’ampia area che mi piace chiamare “liberal-popolare”, e il voto andrebbe letto in questa direzione, se cioè al centrodestra sia riuscita o meno un’operazione di aggregazione che va al di là dei risultati delle liste dirette.

 

Ora che succede?

 

Il nuovo passo dev’essere  l’aggregazione di tutti i movimenti civici, delle liste che insieme a noi hanno sostenuto Brugnaro e – per restare al Veneto – delle sei liste che insieme ad Area Popolare hanno appoggiato Tosi. Ha un senso cercare un percorso comune dei liberal-popolari, di tutti coloro che non si sentono rappresentati né dall’estremismo informe di Salvini né dalla sinistra. La cifra liberale di Salvini è molto discutibile, soprattutto quando il segretario della Lega si pone a difesa della vecchia regolazione del lavoro e dell’articolo 18. Così come non ci si può sentire rappresentati da una sinistra che oscilla tra l’improvviso amore verso il neoliberismo e la tentazione di assumere la difesa delle vecchie corporazioni, soprattutto pubbliche.