Sacconi, il Disegno di Legge sullo Statuto del Lavoro

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Sacconi, il Disegno di Legge sullo Statuto del Lavoro

22 Marzo 2013

SENATO DELLA REPUBBLICA

XVII LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE

“Delega al governo per la definizione di regole universali del lavoro riunite in uno Statuto dei Lavori e per la libera contrattazione dei rapporti di lavoro”

di iniziativa del senatore SACCONI

Relazione

Onorevoli colleghi!

Le straordinarie trasformazioni in atto nelle economie e nelle società rispetto agli assetti produttivi che hanno caratterizzato il secolo trascorso impongono una regolazione del lavoro semplice e naturale, libera da quegli schemi ideologici che hanno cronicamente atrofizzato l’occupazione e la remunerazione del lavoro in Italia.

Il 14 febbraio 2002, Marco Biagi depositava in un computer del Ministero del Lavoro un agile progetto di “Statuto dei lavori”, a pochi giorni dalla sua uccisione per mano delle Brigate Rosse, con l’obiettivo di produrre a regime un testo unico di poche norme riferite a diritti universali e inderogabili, rinviando la definizione delle correlate tutele alla flessibile contrattazione collettiva o individuale, ove certificata.

Marco Biagi era profondamente convinto che maggiori e migliori posti di lavoro non si creano per decreto. Le leggi possono semmai contribuire a creare un contesto favorevole per la competitività delle imprese e sostenere la loro naturale propensione ad assumere e investire in modo stabile sulle persone. Ma possono anche determinare un effetto contrario comprimendo, come avvenuto recentemente con la legge Fornero, le potenzialità del sistema produttivo e le istanze di inclusione, soprattutto là dove non siano capaci di interpretare e governare gli imponenti mutamenti intervenuti nella società e nel lavoro.

Il centralismo regolatorio di matrice statalista e burocratica della legge n. 92/2012 riflette ancora, del resto, assetti di produzione propri della vecchia economia. Dominati dalla grande fabbrica industriale. Con modelli di organizzazione del lavoro standardizzati e rigidi. Con un perimetro aziendale ben definito quanto a struttura, composizione della manodopera, localizzazione territoriale.

Al lavoro stabile e per una intera carriera si contrappongono oggi sempre più frequenti transizioni occupazionali e professionali che richiedono tutele più adeguate e diversificate e un rinnovato protagonismo di liberi e responsabili corpi intermedi come degli stessi lavoratori e imprenditori nel naturale dialogo interno alla singola impresa. I mutamenti del mondo del lavoro implicano l’insorgere di esigenze che spiazzano un sistema di tutele ingessato – perché fatto di molte norme rigide quanto poco adattabili alla mutevole realtà del lavoro – suggerendo l’introduzione di assetti regolatori maggiormente duttili e responsabilizzati nell’ambito di una cornice di diritti universali.

I primi mesi di applicazione della legge Fornero hanno reso palese, e non solo nei settori maggiormente esposti alla competizione internazionale, l’insofferenza verso un corpo normativo rigido, uniforme, sovrabbondante e farraginoso che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora, rallenta inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e dell’organizzazione del lavoro e pone inutili barriere all’accesso del lavoro.

È giunto il tempo di realizzare l’intuizione di quella parte del sindacato che sosteneva con coraggio e lungimiranza, rispetto al dibattito che ha poi portato alla codificazione dello Statuto dei lavoratori del 1970, che “il contratto è il mio Statuto”. E questo approccio significa il passaggio dal rigido centralismo che pretende la definizione di soluzioni uniformi alla libera, responsabile e duttile regolazione nei luoghi, in modo che le tutele siano effettive ed il lavoro produttivo.

In questa prospettiva culturale e valoriale deve essere letto l’articolo 8 del decreto legge n. 138/2011. Una norma ancora poco attuata, perché vittima dello stesso clima di odio e massimalismo che colpì dieci anni fa la legge Biagi, e che tuttavia, nel valorizzare un quadro regolatorio sussidiario del lavoro e relazioni industriali di prossimità, ha introdotto la strumentazione complementare per lo “Statuto dei lavori”.

In coerenza con essa si ripropone il potenziamento degli istituti della certificazione e dell’arbitrato per un adeguato sostegno alla libera determinazione negli accordi individuali e per una tempestiva risoluzione sussidiaria di ogni conflitto secondo equità.

Il fallimento della legge Fornero ci conferma oggi che questa è l’unica strada praticabile per superare una concezione sterilmente conflittuale e antagonista dei rapporti di lavoro consolidando e, anzi, estendendo i diritti del lavoro. Non solo quelli presidiati da norme inderogabili di legge, ma anche quelli di matrice promozionale che li rendono adattabili ed esigibili a una realtà in costante movimento.

Il presente disegno di legge non fa dunque altro che dare nuova linfa vitale all’agile progetto di “Statuto dei lavori” scritto da Marco Biagi il 14 febbraio del 2002. Rispetto a quel documento, assunto integralmente, sono stati necessari solo alcuni emendamenti utili per dare conto della più recente evoluzione del quadro legale e per abrogare le dannose disposizioni della legge n. 92/2012.

Il progetto si sostanzia, molto semplicemente e in coerenza con il pluralismo dei modi di lavorare, in una ampia delega alla contrattazione tra le parti, vuoi a livello collettivo e di prossimità vuoi anche a livello individuale mediante la valorizzazione delle sedi di certificazione attivate ai sensi della legge Biagi. Viene fatto salvo, per tutti i lavoratori e non solo per i dipendenti, un nucleo fondamentale di diritti basici applicabile a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dalla qualificazione del contratto come autonomo, subordinato, associativo o atipico. Si introducono diritti promozionali per l’occupabilità con particolare riferimento alla formazione, riconoscendo il valore culturale e formativo del lavoro e – in una prospettiva antropologica positiva – l’impresa come comunità e non come sede di sfruttamento dell’uomo su altri uomini.
Statuto dei lavori, articolo 8 sulla contrattazione di prossimità, certificazione e arbitrato costituiscono gli strumenti di un nuovo diritto del lavoro a misura di ciascuna persona, di tutte le persone.

***

L’articolo 1, comma 1, del presente disegno di legge ripropone dunque, aggiornandolo, il progetto di uno Statuto dei lavori quale riforma del nostro diritto del lavoro.
Si tratta di una delega da esercitarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge per la redazione di un testo unico in materia di disciplina delle tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa.
Fatto salvo, per tutti i lavoratori e non solo per i dipendenti, un nucleo fondamentale di diritti basici applicabile a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla qualificazione del contratto come autonomo, subordinato, associativo o atipico (lettera a), l’obiettivo è quello di responsabilizzare la contrattazione tra le parti, soprattutto a livello collettivo e di prossimità, ma anche individuale mediante la valorizzazione delle sedi di certificazione attivate ai sensi della legge Biagi (lettera b).
Si introducono i diritti promozionali alla formazione per tutto l’arco della vita (lettera c), riconoscendo il valore culturale e formativo del lavoro e, in una prospettiva antropologica positiva, l’impresa come comunità e non come sede di sfruttamento dell’uomo su altri uomini, e all’outplacement (lettera d) per tutti i lavoratori che perdano il posto di lavoro a seguito di licenziamento collettivo o individuale non determinato da misure disciplinari.
Tali norme devono essere necessariamente coordinate con il regime degli incentivi alla occupazione e alla formazione, con il regime degli ammortizzatori sociali e con il regime previdenziale (lettera e).
Si delega il Governo ad adottare standard di promozione dell’occupazione giovanile coerenti con la Proposal for a Council recommendation: On Establishing a Youth Guarantee pubblicata dalla Commissione Europea il 5 dicembre 2012 (lettera f). Ogni giovane, al termine del periodo di studi, deve avere la possibilità di accedere a un’occupazione, un periodo di apprendistato, un percorso di formazione o a incentivi per l’autoimprenditorialità. La disoccupazione giovanile è la principale criticità del mercato del lavoro italiano e va affrontata tornando a investire sulle politiche attive e sullo stretto legame tra formazione e lavoro per la maggiore occupabilità.
Contestualmente si rendono effettive le sanzioni per i disoccupati beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito che rifiutino una congrua offerta di lavoro ( ampliandone la definizione ) e per i servizi al lavoro, pubblici o privati, che non denuncino il rifiuto, come già regolato dalla normativa vigente (lettera g).
Si indirizza per via legislativa la programmazione dei servizi ispettivi e di vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali perché si orienti al controllo prioritario delle situazioni esenti da altre verifiche, valorizzando l’azione degli organismi bilaterali e delle Commissioni di certificazione regolate dal d.lgs. 276 del 2003, strumenti moderni e sussidiari di presidio del mercato del lavoro (lettera h).
Si interviene per il potenziamento dell’arbitrato di equità, anche attraverso clausole compromissorie volontariamente e liberamente sottoscritte (lettera i).
Infine (lettera j) si prevede la razionalizzazione e semplificazione del quadro legale previgente, anche mediante abrogazione delle normative non compatibili, in primis la recente Riforma Fornero.

* * *
DISEGNO DI LEGGE

Capo I
Delega al Governo

Art. 1
(“Delega al Governo per la redazione dello Statuto dei lavori”)

1. Ai fini di riordino e revisione della disciplina delle tipologie contrattuali in cui sia dedotta attività lavorativa, in forma tipica od atipica e a prescindere dalla denominazione adottata, il Governo è delegato ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi contenenti un testo unico di riordino e revisione della disciplina vigente, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a.    identificazione di un nucleo fondamentale di diritti applicabile a tutti i rapporti di lavoro a prescindere dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro e dalla qualificazione del contratto come autonomo, subordinato, associativo o atipico ai sensi dell’art. 1322, comma secondo, Cod. Civ. Il nucleo di detti diritti dovrà essere conforme ai principi contenuti nella Carta Costituzionale, nonché alla Dichiarazione dell’Organizzazione Internazionale del lavoro sui principi e diritti fondamentali sul lavoro approvata dalla Conferenza Internazionale del Lavoro il 18 giugno del 1998 e alla Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000;
b.    libera definizione delle restanti tutele, in coerenza con le disposizioni del diritto comunitario e in relazione al tipo di prestazione e alla anzianità di servizio, in sede di contrattazione collettiva – con privilegio per quella di prossimità ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148 – ovvero di certificazione del contratto individuale di lavoro;
c.    previsione di un diritto promozionale, in conformità all’intesa sottoscritta tra Governo, Regioni, Provincie autonome e parti sociali nell’accordo del 17 febbraio 2010, alla formazione continua del prestatore di lavoro, in ragione della attività alla quale venga effettivamente adibito, certificata dagli enti bilaterali o dalle altre sedi di certificazione dei contratti di lavoro;
d.    previsione di un diritto promozionale al ricollocamento e alla formazione per ogni lavoratore involontariamente disoccupato, mediante il potenziamento delle funzioni pubbliche, degli organismi bilaterali e dei servizi privati al lavoro con il concorso dei datori di lavoro che operino licenziamenti collettivi o individuali;
e.    coordinamento delle tutele sostanziali con il regime degli incentivi alla occupazione e alla formazione, con il regime degli ammortizzatori sociali e con il regime previdenziale;
f.    definizione di specifici livelli di “garanzia per l’occupazione giovanile” perché i servizi pubblici per l’impiego e i privati accreditati offrano obbligatoriamente ai giovani fino a trenta anni, entro quattro mesi dal conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o universitario, una opportunità di tirocinio, di lavoro subordinato o autonomo mediante sostegno all’autoimprenditorialità, di apprendistato o di formazione, orientando la riqualificazione verso le professioni richieste dal mercato del lavoro ma di difficile reperimento;
g.    effettività delle sanzioni per i beneficiari di trattamenti di sostegno al reddito che rifiutino un’offerta di lavoro, ampliandone la definizione di congruità e le responsabilità penali dei servizi pubblici e privati qualora non denuncino prontamente alle amministrazioni eroganti il sussidio l’ingiustificato rifiuto ricevuto;
h.    orientamento ai servizi ispettivi del lavoro perché nella programmazione dei controlli ordinari, in assenza di specifiche denunce, si tenga conto della presenza di forme di controllo alternative quali quelle garantite da organismi bilaterali e le certificazioni operate dalle Commissioni di certificazione dei contratti di lavoro, preferendo la vigilanza sulle situazioni totalmente esenti da controllo sociale o verifiche preventive;
i.    potenziamento dell’arbitrato di equità ai fini della tempestiva risoluzione dei conflitti, inclusi quelli riferiti alla cessazione del rapporto di lavoro, anche mediante clausole compromissorie per la preventiva devoluzione ad arbitri delle controversie;
j.    razionalizzazione e semplificazione del quadro legale previgente anche mediante abrogazione delle normative non compatibili, ivi inclusa la legge 28 giugno 2012, n. 92, o che comunque non prevedono diritti fondamentali di cui al punto a), stabilendo altresì, laddove opportuno, un nuovo regime di sanzioni civili e penali, valorizzando in particolare le sanzioni di tipo premiale e incentivante.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro della Giustizia, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e previo parere della Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro trenta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, il Governo può comunque procedere. Successivamente, gli schemi sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro quaranta giorni dall’assegnazione; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque emanati. Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare di cui al presente comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’adozione dei decreti legislativi di cui al comma 1, o successivamente, quest’ultimo è prorogato di sessanta giorni. Nella redazione dei decreti legislativi di cui al presente comma il Governo tiene conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell’esercizio della delega. I predetti decreti legislativi contengono, altresì, le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia.

3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi di cui al presente articolo possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi, con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.

4. L’adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.