Sacconi: “Il futuro ha il cuore antico della Nazione”
18 Gennaio 2013
Il Governo Berlusconi, nel contesto di una impegnativa disciplina di bilancio, ha riorientato le politiche sociali sulla base dei principi fondamentali della tradizione nazionale affinché la ricerca della sostenibilità finanziaria potesse determinare non una minore ma, anzi, una ancor maggiore loro efficacia in termini di vita buona delle persone.
Il libro Bianco sul futuro modello sociale, l’agenda bioetica, il Piano triennale per il lavoro e i programmi per l’occupabilità dei giovani e per l’inclusione delle donne, il Piano per l’integrazione nella sicurezza hanno assunto a riferimento la persona dal concepimento alla morte naturale, in sé e nelle sue proiezioni relazionali dalla famiglia alle infinite forme comunitarie. Una vera e propria scelta di campo in favore dell’antropologia positiva nel momento in cui la crisi si presentava come la conseguenza di una diffusa perdita di senso nelle società occidentali-testimoniata dal declino demografico – ed altri reagivano privilegiando l’individuo isolato, titolare di diritti nei quali si confondevano le pretese e i desideri più sfrenati. In conseguenza si affermava il primato della società che conduce al principio di sussidiarietà secondo il quale lo Stato opera solo quando strettamente necessario, quanto più e’ prossimo ai cittadini, riconoscendo che tutto e’ libero tranne cio’ che e’ esplicitamente vietato.
Solo una visione positiva dell’uomo può sostenere autentiche politiche di radicale semplificazione perché incoraggia la fiducia dello Stato nell’autonomia responsabile delle persone fisiche e giuridiche fino a prova contraria. Solo questa visione può condurre al ritiro dello Stato anche rispetto a funzioni necessarie che le professioni esperte organizzate negli Ordini ed ancorate a codici deontologici – come noi proponiamo – possono gestire con competenza e tempestività.
Le azioni del governo e della maggioranza parlamentare sono state, seppur faticosamente, conseguenti, anche grazie all’intenso dialogo con un ampio spettro di corpi sociali a loro volta, per lo più, ancorati ai valori tradizionali. Esse hanno favorito lo sviluppo degli enti bilaterali promossi dalle organizzazioni delle imprese e dei lavoratori per la gestione condivisa di funzioni sussidiarie e, attraverso la disciplina di sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità, accordi aziendali e territoriali dedicati ad incrementare la produttività, il salario a questa collegato e forme aggiuntive di protezione sociale dei lavoratori e dei loro nuclei familiari, dai servizi di cura, allo studio dei figli, all’adesione a fondi integrativi per la sanità, l’assistenza alla disabilità, la previdenza. Nello stesso tempo le categorie autonome e le libere professioni hanno sviluppato per sé stesse modalità mutualistiche di welfare complementare.
La riorganizzazione del servizio sanitario nazionale secondo gli standard di responsabilità del federalismo regionale e’ stata fondata sulla presa in carico della persona attraverso il fascicolo elettronico e sulla continuità ed integrazione delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie a partire dalla prevenzione. Emblematica e’ la risposta indicata per i bisogni cronici: l’assistenza domiciliare garantisce alla persona disabile una vita dignitosa perché sostenuta dal calore dei congiunti e costa circa un decimo della soluzione ospedaliera, inefficiente per definizione perché il contesto e’ orientato ai bisogni acuti. Il percorso dovrebbe ora perfezionarsi con l’effettiva applicazione del vincolo dei costi standard e con il trasferimento alle Regioni della indennità di accompagnamento in modo che le aziende sociosanitarie territoriali possano disporre di una prestazione monetaria in alternativa o come complemento rispetto ai servizi reali.
Lo sviluppo dell’assistenza non si determina quindi in ragione di qualche piccolo fondo aggiuntivo ma in conseguenza del riorientamento di grandi risorse del fondo sanitario dalla spedalità inappropriata alle soluzioni sussidiarie. Abbiamo infine avvertito il dovere, in occasione del provvedimento giudiziario relativo alla povera Eluana Englaro, di segnalare con un atto ricognitivo che leggi e statuti impegnano il servizio sanitario nazionale ad operare sempre e solo per la vita delle persone con il solo limite dell’accanimento terapeutico.
La prevenzione ed il contrasto della povertà hanno dato luogo ad una nuova "infrastruttura" al servizio delle municipalità e delle organizzazioni caritatevoli locali affinché le azioni di selezione degli effettivi beneficiari e di conseguente soccorso si potessero realizzare in termini di prossimità e con il necessario contenuto relazionale. La social card consente infatti di veicolare non solo risorse pubbliche ma anche le iniziative di dono che nella dimensione nazionale e, ancor più, in quella locale costituiscono l’indispensabile complemento per mobilitare le comunità in favore di persone e famiglie la cui condizione di povertà e’ determinata non solo dalla misura del reddito ma anche dalla solitudine.
L’integrazione della componente immigrata della società e’ stata disegnata secondo il binomio "identità ed incontro" in modo che la cittadinanza si definisca sempre più come il risultato di un percorso di responsabile adesione non solo alle leggi ma anche agli usi, ai costumi, ai comportamenti virtuosi propri della comunità di accoglienza come la vita associativa o come l’iscrizione al servizio sanitario o alla scuola dell’obbligo.
Le stesse politiche per l’occupazione sono state prevalentemente dedicate all’occupabilità , ovvero alle competenze delle persone quale garanzia di una sostenibile inclusione nel mercato del lavoro. L’assunzione di questo criterio ha messo in discussione l’autoreferenzialità dominante nel sistema educativo e formativo integrando scuola e lavoro, rivalutando l’istruzione e la formazione tecnica e professionale, ridisegnando l’apprendistato in modo da riconoscere la capacità formativa delle imprese.
La particolare difficoltà delle donne ad entrare e rimanere nel mercato del lavoro e’ stata affrontata attraverso un significativo accordo tra il governo e le parti sociali per una migliore conciliazione tra tempo di lavoro e tempo di famiglia, fondata sulla modulazione degli orari di lavoro e lo sviluppo dei servizi di cura anche ad opera delle "mamme di giorno", protagoniste sussidiarie di nidi familiari che si aggiungono a quelli aziendali ed interaziendali.
Siamo stati e siamo ben consapevoli che lo Stato si fa "relazionale" o "capacitatore" dell’iniziativa sociale quando la sostiene non solo con buone regole ma anche con una fiscalità di favore. La detassazione del salario di produttività, la decontribuzione dell’apprendistato, le detrazioni per le spese dedicate alla sanità integrativa o alla previdenza complementare sono ancora poca cosa rispetto a ciò che potrebbe ancor più diffusamente scatenare le libere ed autonome decisioni di auto-organizzazione dei singoli, delle famiglie, delle categorie, delle comunità. Per questa ragione vogliamo riprendere il percorso interrotto della nostra delega fiscale che indicava esplicitamente le famiglie e le attività sussidiarie quali soggetti da privilegiare nel riordino complessivo delle numerose forme di agevolazione. Una attenzione specifica vogliamo dedicare alla libertà delle scelte educative che si realizzerà solo nel momento in cui ciascuna famiglia in ciascun territorio potrà fruire di buoni o di detrazioni in misura tale da rendere neutra dal punto di vista finanziario l’opzione per la scuola corrispondente ai propri valori.
Nei giorni scorsi Laura Pennacchi su l’Unità, in aperta polemica con le faith communities incoraggiate dall’amministrazione Bush e con la Big Society di Cameron ha scritto che " quando si enfatizzano le capacita di autogoverno e le virtù della società civile non bisognerebbe dimenticare i rischi di rifeudalizzazione che provengono dallo smarrimento del principio di terzietà della mediazione istituzionale e dal deperimento della sfera pubblica". Aggiungendo poi che "l’affermazione del pubblico e’ stata il motore della modernità". Il Presidente Monti ha in più occasioni assunto a modello i sistemi di protezione sociale nord-europei che si connotano per una diffusa solitudine sostenuta dallo Stato e per i conseguenti sintomi di disgregazione sociale. Sono tesi che indicano come si riproponga in Italia un confronto tra civiltà di segno opposto in quanto si va esplicitamente configurando uno schieramento politico-culturale impegnato a "modernizzare" i principi della tradizione – come quelli inerenti la vita o la famiglia – e a conservare le strutture pubbliche ossificate ed autoreferenziali.
Per questo noi, accettiamo la definizione attribuitaci di neo-conservatori perché vogliamo, al contrario degli altri, conservare i valori depositati dall’esperienza millenaria sui quali si e’ costituita la nostra nazione ancor prima dello Stato unitario e modernizzare il modo di renderli effettivi nel mondo che cambia. Con Tony Blair ribadiamo che "values don’t change bat times do". Cambiano i tempi, non cambiano i valori!
(Il testo integrale dell’intervento del Senatore Maurizio Sacconi all’evento "Tradizione, valori, politiche sociali nell’agenda di governo", organizzato da Fondazione Magna Carta)