Sakineh. Notizie contraddittorie sulla sua sorte
28 Settembre 2010
di redazione
Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana già condannata alla lapidazione per adulterio con sentenza poi sospesa, è stata ora condannata a morte tramite impiccagione per l’uccisione del marito, secondo quanto scrive oggi il quotidiano Tehran Times, citando il procuratore generale, Gholamhossein Mohseni-Ejei.
Da parte sua, invece, il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Ramin Mehman-Parast, ha detto che il processo non è ancora finito. Intanto il figlio di Sakineh, Sajjad Ghaderzadeh, parlando con l’Ansa, ha rivolto un appello all’Italia: "Chiediamo alle autorità italiane di intervenire e aiutarci", ha detto in lacrime Sajjad.
Nelle scorse settimane, dopo una mobilitazione di governi e organizzazioni per i diritti umani occidentali, le autorità iraniane hanno annunciato la sospensione della condanna alla lapidazione di Sakineh, che ha 43 anni. Il 19 settembre, parlando a New York con la catena televisiva americana Abc, il presidente Mahmud Ahmadinejad ha addirittura smentito che vi fosse mai stata una sentenza di lapidazione. Mohseni-Ejei, però, citato dal Tehran Times, ha affermato che quel verdetto esiste, ma la donna è stata anche condannata all’impiccagione per l’uccisione del marito, e questa sentenza "ha la precedenza" su quella per adulterio.
Sakineh, quindi, dovrebbe essere impiccata e non uccisa a colpi di pietra. Tuttavia, ad una domanda di un giornalista straniero durante la sua conferenza stampa settimanale, il portavoce del ministero degli Esteri ha detto solo che Sakineh è ora processata per omicidio, ma ha sottolineato che il procedimento non è ancora concluso. "Il procedimento legale non è finito – ha affermato Mehman-Parast – e un verdetto sarà raggiunto quando sarà concluso".