Salmond contro Cameron: “Nel 2014 referendum per divorziare da Londra”
26 Gennaio 2012
“Do you agree that Scotland should be an independent country?”. Questa domanda breve, chiara e diretta potrebbe cambiare le sorti (e lo status) della Scozia. Ieri il premier scozzese e leader dello Scottish National Party (SNP), Alex Salmond, ha presentato in Parlamento un documento che traccia le linee guida del governo per il referendum sull’indipendenza della nazione che si terrà nell’autunno 2014.
Salmond, uomo del popolo, determinato e con un sogno nel cassetto: la secessione, non ha scelto un giorno a caso per fare il suo annuncio. Il 25 gennaio è una data emblematica per la Scozia perché nel 1759 ci nacque il suo simbolo nazionale, il poeta Robert Burns.
Un discorso atteso quello del premier scozzese, tenuto al cospetto dei deputati nell’aula del parlamento regionale, situato nello storico castello di Holyrood. Oltre a rivelare il quesito principale che sarà presente sulla scheda, Salmond ha lanciato una sorta di sondaggio nazionale, mettendo sul tavolo altre due questioni: volete rimanere parte del Regno Unito ma con ancora maggiori poteri di autonomia in campo economico e fiscale? (Ipotesi più cauta di devolution che potrebbe attrarre anche l’elettorato progressista fedele al Labour Party). E poi, al referendum potranno partecipare i giovani a partire dai 16 anni?
In Your Scotland Your Referendum, questo il nome del documento, il primo ministro e lo SNP lanciano in sostanza i punti della consultazione, che verrà emendata attraverso le segnalazioni dei cittadini, quelle della Commissione Elettorale ed eventuali ulteriori negoziazioni con il governo inglese che a metà gennaio aveva battuto i pugni per imporre le sue condizioni, soprattutto sulle tempistiche del referendum, facendo salire alle stelle la tensione tra Salmond e Cameron.
Perché questo feroce braccio di ferro sulle date? La risposta è presto detta. Il 2012 è infatti un anno simbolicamente importante per Londra perché si svolgeranno le Olimpiadi e si celebreranno i 60 anni di regno della Regina Elisabetta. Il 2014, invece, è strategico per Glasgow perché è l’anno dei Commonwealth Games ed è anche il 700° anniversario della battaglia di Bannockburn, la più importante vittoria scozzese durante la prima guerra d’indipendenza contro gli inglesi. Si tratta di eventi che nell’immaginario dell’elettorato potrebbero giocare a favore dello spirito nazionalista inglese e dei fautori dell’unionismo.
Per il momento la perseveranza di quello che molti hanno definito “Braveheart Alex”, che per la causa dell’indipendenza scozzese di è battuto sin dalla più giovane età non avendo paura neppure di confrontarsi neppure con la Lady di Ferro, pare abbia vinto facendo diventare quella che verrà presa tra due anni la scelta più importante degli ultimi tre secoli. Una scelta che potrebbe separare quel cammino comune, chiamato Atto dell’Unione, che lega la Scozia all’Inghilterra dal 1707. Per Salmond si tratta di una necessità perché “nessuno può preoccuparsi del bene della Scozia più degli scozzesi” soprattutto alla luce di quanto sta accadendo con la revisione del Welfare imposta da Londra. “Noi vogliamo università e sanità gratuite, meno tasse per le imprese. Non adeguarci a scelte sbagliate”, spiega in un’intervista a La Stampa. La regina però, non si tocca, “resterà il nostro Capo di Stato”, tende a precisare.
Posto che per ora i sondaggi indicano che solo il 38% dei 4 milioni di abitanti della Scozia è favorevole a uscire dal Regno Unito, c’è da capire quale potrebbe essere il ruolo del potenziale neostato nello scacchiere internazionale. Il primo ministro scozzese ha mostrato quali potrebbero essere gli assi nella manica che la nazione potrebbe giocare: “La Scozia ha il sesto prodotto interno lordo del pianeta. È ricca di risorse naturali. Esporta whisky. Mentre l’economia del Regno Unito frena”. Rimane da capire se entrerebbe di diritto nell’Unione Europea, ereditando gli accordi internazionali del Regno Unito o se dovrebbe ricontrattare l’accesso. E poi, viste le ultime vicissitudini dell’Inghilterra rispetto a crisi ed eurozona, come si comporterebbe?
La partita da ieri è ufficialmente aperta e tra due anni gli scozzesi tireranno quei dadi che decideranno la sorte del loro stato. Più kilt per tutti? La parola alle urne.