Salmoni finiani contro trote leghiste

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Salmoni finiani contro trote leghiste

28 Maggio 2010


Di primo acchitto può sembrare un paradosso: un partito nato e votato, unanimemente, come icona di anticorrentismo, dopo quattordici mesi dal primo vagito fa i conti con una componente interna guidata nientemeno che dal co-fondatore dello stesso partito – Gianfranco Fini – che dallo statuto ha bandito gruppi e gruppuscoli di qualsiasi estrazione o provenienza. Non è un paradosso, ma è quanto sta accadendo più o meno da due mesi, cioè dopo il voto delle regionali che, oltretutto, il Pdl ha vinto. 

E se quella dei finiani non è una corrente riconosciuta formalmente (cioè con quote di rappresentanza e relative nomine) dalla maggioranza  del partito, di fatto lo sta diventando sui media e dunque agli occhi dell’opinione pubblica. Perché i fedelissimi del presidente della Camera hanno guadagnato la ribalta di tv, radio, quotidiani, strutturandosi così in "categoria" televisiva.

Non passa giorno che sui principali tg o nei talk show di approfondimento di maggior appeal (vedi audience) e ancora negli articoli di autorevoli notisti politici i resoconti dai Palazzi non riferiscano la posizione del Pdl e un secondo dopo di quella dei finiani. Un’altalena, un ping pong, un batti e ribatti che di sicuro non dà l’immagine del partito unico che il Pdl vuole essere e per il quale è stato fondato.

La cosa certa è che i finiani sono bravi nel gestire la comunicazione (vedi Farefuturo e Generazione Italia): l’ultimo esempio in ordine temporale risale a mercoledì quando le agenzie di stampa hanno battuto la notizia dell’incontro a Palazzo Grazioli tra Silvio Berlusconi e i delegati finiani Italo Bocchino (pasdaran) e Andrea Augello (moderato)  per fare il punto su intercettazioni e provvedimento anti-corruzione. 

C’è dell’altro: le agenzie riferiscono che durante la riunione, i fedelissimi dell’inquilino di Montecitorio hanno chiesto al Cav. l’avvio di un percorso parlamentare che porti alla progressiva abolizione non solo delle mini-Province (quelle sotto i duecentomila abitanti sulle quali, tuttavia, si è aperto un “giallo”, perché tra conferme e smentite non è ancora chiaro se il tema è inserito o no tra i tagli previsti dalla manovra economica) ma pure gli enti più grandi. Il tutto per la gioia della Lega che, infatti, con Bossi ha tuonato: “Se uno prova ad abolire la Provincia di Bergamo scoppia la guerra civile…”.

Fin qui le notizie fatte circolare dall’entourage dei finiani che hanno aggiunto commenti positivi evidenziando che il premier ha preso atto delle loro istanze e che il faccia a faccia ha segnato un passo in avanti verso il riavvicinamento.

Peccato però, che a stretto giro, sia arrivata la nota di Niccolò Ghedini, il quale nella veste di presidente  della Consulta Giustizia del partito, senza tanti fronzoli ha detto che Bocchino e Augello non hanno affatto incontrato il premier, bensì lui e il Guardasigilli Alfano per fare il punto sui provvedimenti  relativi al capitolo giustizia, quasi a voler far intendere che con l’ala finiana non c’è alcun disgelo.

L’episodio in sé svela un altro paradosso:  tra le due controparti non c’è grande feeling nemmeno sulle versioni da riferire alla stampa, nonostante i “pontieri”  si prodighino in un lavoro serrato e che tutti ammettano che la fine delle ostilità è ormai a un passo.

Chissà se un giorno i finiani riprenderanno il corso normale del fiume (il Pdl) oppure se continueranno la loro marcia controcorrente come in natura fanno i salmoni. Se fosse buona la seconda, c’è solo da augurarsi che non si riproducano, come invece fanno quei pesci quando arrivano a destinazione.

Perché come la storia della prima Repubblica insegna, le correnti, più o meno grandi, strutturate o no e indipendentemente da chi le compone, non portano grandi frutti al partito che le ha in seno. 

E se i raffinati salmoni finiani un po’ radical-chic, un po’ politically correct continueranno ad andare controcorrente, a guadagnarci saranno solo le casarecce trote leghiste.