Salvate il soldato Ceroni da se stesso ma soprattutto dai suoi critici
26 Aprile 2011
Salvate il soldato Remigio! Salvate l’on. Ceroni innanzi tutto da se stesso consigliandoli di non avventurarsi con troppa disinvoltura in campi delicati con i quali, forse, non ha troppa confidenza. Ma salvatelo anche dai suoi critici, i quali non si sono presi neppure la briga di leggere con attenzione l’emendamento all’articolo 1 della Costituzione formulato dal deputato marchigiano del PdL, ma si sono precipitati ad aggredirlo, in via pregiudiziale, in quanto "berlusconiano" e perciò strumento di un sottile disegno perverso del Cavaliere, rivolto a svillaneggiare il Colle e a spernacchiare la magistratura. E in questa opera mistificatoria si sono distinti editorialisti di chiara fama, costituzionalisti eccelsi senza dare cenno di un’ombra di vergogna nell’attribuire a Remigio Ceroni un intento golpista.
Noi non sappiamo se Ceroni volesse compiacere il suo leader. Né ci risulta che Berlusconi si sia accorto della trappola che, invece, Remigio gli aveva involontariamente preparato. Sta di fatto che il progetto di riforma costituzionale dell’articolo 1 si muove lungo una linea contraria rispetto alle convinzioni e agli interessi politici del Cavaliere. A parte l’inutilità di ribadire la "centralità" delle Camere nei confronti degli altri organi costituzionali (visto che già adesso le norme dedicate al Parlamento aprono trionfalmente la Seconda Parte della Carta del 1948 dal titolo "Ordinamento della Repubblica"), Remigio Ceroni non si è accorto di fornire fior di argomenti ai "ribaltonisti", a quanti, cioè, ritengono che le Camere siano legittimate – senza dover interrogare l’elettorato – a votare la fiducia ad un Governo che sia espressione di una maggioranza diversa da quella indicata dal "popolo sovrano" nelle urne.
Basterebbe tornare all’intenso dibattito dell’estate scorsa, quando era fresca e pimpante la scissione di Fli e – prima del magico voto del 14 dicembre – si temeva che il Governo non avesse più la maggioranza alla Camera. I candidati al "ribaltone" sostenevano che la parola definitiva spettasse al presidente della Repubblica e alle Camere, assolutamente in grado di conferire la fiducia anche ad un esecutivo che fosse espressione di una diversa maggioranza: tutto ciò in nome di quella "centralità" del Parlamento che Ceroni vorrebbe ribadire con forza ancora maggiore. A fronte di questa tesi, il PdL e la Lega si appellavano a quella sovranità popolare, scritta proprio nell’articolo 1 dai Padri costituenti.
A Ceroni, poi, non saranno sfuggite – essendo un deputato presente ed attento – le tiritere, in perfetto e stridulo accento ferrarese, di Dario Franceschini, sempre pronto a denunciare – ad ogni voto di fiducia e ad ogni decreto legge – la violazione delle prerogative del Parlamento, sede della democrazia e cuore dell’ordinamento costituzionale. Al contrario, sarebbe bastato prestare un po’ di attenzione ai richiami che Berlusconi è solito fare al significato del suffragio popolare per rendersi conto che – come è oggi – l’articolo 1 è preferibile rispetto a come risulterebbe con l’emendamento di Ceroni. Per non parlare, poi, delle critiche che il premier è solito rivolgere ad un certo andazzo parlamentare "perditempo", ben lungi da rappresentare, a suo avviso, la centralità del sistema politico.
Ceroni, dunque, avrebbe fatto sicuramente meglio a risparmiarsi qualche ora di celebrità. Ma che dire dei suoi critici, gli stessi che invocano continuamente il ruolo centrale (secondo loro, negletto) del Parlamento? Il livore di cui sono intrisi è tanto grande da non accorgersi neppure degli autogol degli avversari.