Salvini 2 – La vendetta (moderata)
21 Ottobre 2015
di Andrea Spiri
«Chiederò il sacrificio di Zaia e Giorgetti. Penso sia importante che in tv si veda più spesso la Lega che ben governa». Parole di Matteo Salvini, al quale la sorte pare aver voltato d’improvviso le spalle. L’ascesa del Carroccio si è di colpo arrestata, i sondaggi (non accadeva da tempo) fanno registrare uno stallo per niente incoraggiante, quasi si trattasse di un presagio che annuncia l’esaurimento della forza propulsiva espressa dalla leadership dell’eurodeputato.
La sovraesposizione mediatica, se non un vero e proprio boomerang, si è rivelata comunque funzionale solo a un primo step, quello orientato alla "costruzione" e alla notorietà del marchio, rendendo al contempo evidente che la fase della legittimazione necessita di analisi più articolate del semplice populismo virulento. E pure il passaggio simbolico della felpa di lotta che cede il passo alla cravatta di governo, se da un lato ha entusiasmato gli strateghi del marketing politico, dall’altro ha chiarito che non basta cambiare sic et simpliciter il look per riuscire a proiettare su quote crescenti dell’elettorato italiano un’immagine credibile e affidabile.
Per non parlare dei rapporti con Forza Italia, oramai un satellite nell’orbita salviniana che pure ogni tanto mostra sussulti di dignità, rendendo più arduo al successore di Bossi e Maroni a via Bellerio il proposito di fagocitare gli epigoni del berlusconismo.
Capita, ad esempio, che i forzisti decidano di non sposare la manifestazione "Blocca Italia" prevista a Bologna l’8 novembre, e che il nostro viva come un affronto personale l’annunciata presenza del Cavaliere a un’iniziativa organizzata in contemporanea a Firenze: «Spero non sia vero», chiosa minaccioso, ma se così fosse «conteremo le presenze».
Oggi il Matteo padano che nutre ambizioni dal respiro nazionale è arrivato a un bivio, e sembra disposto ad agire nella consapevolezza che cavalcare l’onda emotiva per capitalizzare politicamente sulle paure e sulle insicurezze dell’opinione pubblica non servirà a costruire un centrodestra unito e vincente. Avrebbe così deciso di lanciare la «fase due» della Lega, notizia che, se confermata, potrebbe portare a una rinnovata convergenza tra quanti si muovono nell’orizzonte strategico di alternativa al renzismo.
Il percorso è ancora da tracciare, ma sin da ora possiamo dire che su questo terreno si misurerà la vera portata della leadership di Salvini, che sulla capacità di favorire la ricomposizione di un’area, rifuggendo dalla logica dei veti e ponendosi anzi quale federatore delle diverse articolazioni, si gioca una parte importante del suo futuro politico. Ogni altra strada che decidesse di percorrere sarebbe solo un vicolo cieco senza sbocco alcuno, se non quello dell’irrilevanza travestita da estremismo.