Sanremo, risparmiaci i comizi politici, il tuo compito è intrattenere

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Sanremo, risparmiaci i comizi politici, il tuo compito è intrattenere

19 Gennaio 2020

Fa piacere che le parole del noto conduttore Amadeus abbiano suscitato tanto scalpore. Il perché è molto semplice: se la classe autoreferenziale scopre se stessa, può soltanto fare un favore nell’illuminare l’ipocrisia che la caratterizza. Sì, Amadeus ha ragione: in TV ci vanno le donne belle, non c’è nessuna morale in questo, il modus operandi fa parte della mente di donne e uomini appartenenti allo Star System.

Chi è bello ha una marcia in più, fa carriera e può permettersi di essere socialmente accettato anche se stupido. Quando la bellezza viene meno – come quando si invecchia -, allora si fa ricorso alla chirurgia estetica, e tutti i principali conduttori (al femminile soprattutto) ne sono celebri esempi.

Lo Star System fa di tutto per apparire bello, giovane, lucente ed attraente, in via contraria teme di non poter sopravvivere. La competizione dopotutto è selvaggia e basta la minima ruga per mettere in crisi un sistema perfettamente funzionante. Quindi perché stupirsi della Leotta a Sanremo?

Ovviamente essere belle non basta. Alcune volte opraggiunge una condizione importantissima per accedere a questa classe tanto ambita: bisogna far parte della categoria delle “figlie di”, “fidanzate di”, “moglie di”…Insomma un’appartenenza di sangue o d’amore, qualunque essa sia fa comodo. E in tal caso, figurati se qualcuna di loro può lamentarsi d’essere un passo avanti o dietro l’uomo o la donna che la sta aiutando.

Fin qui risulta alquanto sciocco lamentarsi di questo iter: lo show vive e si alimenta di questi elementi, tanto è vero che anche altri settori ne sono ormai caratterizzati. La vera critica va mossa circa il modello che questa classe cerca di propinare: parlano di emancipazione femminile, parlano di merito e bravura, ci fanno la morale quando necessario perché non siamo gentili col mondo.

Sono gli stessi, insomma, che devono dimostrare a tutti i costi di far parte dei buoni, dei meritevoli e dei bravi, ma poi la loro esistenza è ipocritamente legata a tutt’altro che merito e bravura. Ci vuole la giusta indignazione per rifiutare lezioni da questo mondo. Diceva bene Gervais durante la notte dei Global quando canzonava lo Star System americano, il modus operandi non è molto diverso.

Non potete insegnarci nulla, nè avere la presunzione di raccontarci cosa sia il merito o il paritarismo di genere. A conoscerlo bene è il popolo che a febbraio guarderà per stanchezza e noia il tradizionale Festival, quello fatto da padri di famiglia con sveglie alle 5, da studenti fuori sede in sessione esami o da donne che si alzano ancor prima che sorga il sole per andare a lavorare. Sono la parte d’Italia bistrattata, presa in giro, quella che viene raccontata come “razzista” e provvista dei sentimenti peggiori dell’uomo.

L’Italia che si alza da sola, quella che è cresciuta con Sanremo perché era tradizione nazionale. La ritrovi nei volti stanchi dell’uomo che prende la metro per tornare a casa, nello studente sui libri e con le mani screpolate dal freddo, nella mamma che raccoglie i panni prima che piova e manda avanti un’intera famiglia senza fermarsi un momento.

Questa gente non ha bisogno delle ipocrisie di Sanremo, conosce bene la realtà, sa il posto in cui vive. Conosce l’ingiustizia del mondo reale, quella che ogni giorno deve affrontare e combattere, sa che non ci sarà nessun tipo di sicurezza senza la benedizione del “figlio di”, “compagno di”, “amico di”, ed è proprio da questa consapevolezza che si alzerà ogni mattina, per cui Sanremo non è altro che mero intrattenimento.

Il Festival deve ringraziare la tradizione, perché probabilmente in assenza di essa in quelle giornate tutti ci fermeremo per guardare qualche serie TV su Netflix, chissà se non è meglio farlo piuttosto che sorbirsi comizi politici e lezioncine di etica da personaggi discutibili.