Santoro e Prodi hanno posto le condizioni per il rientro del Cav.
01 Febbraio 2008
Chi ha avuto il piacere di vedere il film «Braveheart» sa di che cosa sto
parlando.
Mentre il presidente Marini, il sindaco Veltroni, il
ministro D’Alema & co., come i nobili scozzesi – quelli che poi tradiranno
–, cercano di parlare, parlare, parlare, per prendere tempo e non ingaggiare la
battaglia (elettorale), Santoro, come William Wallace «Braveheart», va invece a
«procurar battaglia», attaccando a testa bassa, persino provocatoriamente, l’ex
ministro Mastella e l’UDC di Casini per interposto ex governatore siculo Totò
Cuffaro.
La similitudine finisce qui, perché non intendo certamente
accreditare Santoro della positività complessiva che caratterizza l’eroico
personaggio interpretato sullo schermo magistralmente da Mel Gibson, né – Dio
guardi! – intendo anche solo per un istante assimilare il Cavaliere Silvio Berlusconi
all’odioso sovrano Plantageneto.
Quel che invece appare chiaro è il ruolo di guastatore
assunto dal conduttore («Conducator»?) televisivo per eccellenza, insieme con i
suoi bravi coadiutori: egli attacca brutalmente proprio coloro che – nelle
intenzioni dei «trattativisti» – sarebbero i terminali della loro lotta per la
sopravvivenza. Sembra fatto proprio apposta per esasperarli e così tagliare
ogni ponte, impedire ogni possibile e dilatorio dialogo.
Non entro nel merito degli assalti, né m’imbarco in
ipotesi dietrologiche, ma non faccio fatica ad immaginare come e quanto sorrida
di fronte a questa scena il Grande Incompreso, quel professore che i suoi
alleati, il Parlamento, l’Italia, il mondo (con qualche eccezione nell’establishment bancario, finanziario e
burocratico europeo), la Chiesa
e forse anche il Padreterno non hanno saputo apprezzare quanto (secondo lui)
meritava. E naturalmente chi non ha capito merita la punizione. Si merita – e
subito – Berlusconi. Il quale, ancora una volta – ed in questo somiglia più lui
a Braveheart – non vede l’ora d’ingaggiar battaglia, rivolgendosi al popolo,
quello che da sempre i «democratici» temono.
Hegel avrebbe parlato di eterogenesi dei fini. La
saggezza popolare ricorda il diavolo, le pentole ed i coperchi. Più
modestamente io rilevo che persino Santoro e Prodi ne hanno fatto una buona:
hanno posto le condizioni per un rapido ritorno del cavaliere al governo del
Paese.
E si spera che questa volta egli non guardi in faccia
a nessuno, ed attui con decisione un programma di libertà , di riduzione delle
tasse e dello Stato, di piena solidarietà occidentale ed euroatlantica, di
tutela e rispetto dei valori e delle istituzioni naturali cari alla maggioranza
degl’italiani, quali la difesa della vita, del diritto ad educare i propri
figli in conformità alle proprie convinzioni morali e religiose, ed il riconoscimento
e la promozione (come sarebbe utile il quoziente familiare!) dell’unica
famiglia esistente e possibile: la società naturale fondata sul matrimonio (è
triste doverlo precisare) tra un maschio ed una femmina.