Sarà uno “stato mafia” ma il Kosovo ha una donna poliziotto come presidente
11 Aprile 2011
di Lavdrim Lita
Atifete Jahjaga è il nuovo presidente della Repubblica del Kosovo, prima donna a detenere la massima carica di stato nel paese balcanico, indipendente appena dal 2008. Con 80 voti favorevoli, 10 contrari e 10 astenuti, l’elezione di Jahjaga – fino ad oggi alta funzionaria della Polizia locale – chiude così una grave crisi politica, innescata la scorsa settimana dalla decisione della Corte costituzionale di invalidare l’elezione alla presidenza, il 22 febbraio, del leader del partito Akr, Behgjet Pacolli: il rischio concreto era infatti quello di dover tornare alle urne a pochi mesi dalle legislative di dicembre scorso.
Ma chi è Atifete Jahjaga? Donna, giovane e preparata: natail 20 aprile 1975 a Gjakova, si è laureata alla Facoltà di Giurisprudenza all’Università di Pristina nel 2000. Ha poi continuato gli studi a Manchester, in Inghilterra, dove ha conseguito nel 2007 un master in "police management and criminal justice". Ha cominciato a lavorare nella polizia del Kosovo come semplice agente, per divenire poi investigatore e raggiungere la posizione di vice-capo del corpo col grado di Generale Maggiore. La Jahjaga ha seguito corsi di addestramento allo European Security Center "GeorgeMarshall" in Germania e nella "FBI National Academy" del Dipartimento di Giustizia negli USA. E’ sposata con un medico, non ha figli.
L’ elezione a sorpresa di Atifete Jahjaga, prima donna presidente di un paese balcanico, è l’ennesimo colpo di scena di un processo politico che ha portato più volte le istituzioni kosovare e internazionali sull’orlo della crisi instituzionale. L’intesa che ha portato la donna alla presidenza è frutto di un compromesso da tre capi-popolo (Hashim Thaçi, Isa Mustafa e Behgjet Pacolli), i tre politici che hanno siglato un memorandum d’intesa che scongiurerebbe definitivamente la crisi. Ma attenzione, il memorandum prevede anche riforme costituzionali per arrivare entro un anno e mezzo all’elezione diretta del presidente della Repubblica e alla convocazione di nuove elezioni legislative ed amministrative nel 2013.
Ovviamente, i principali protagonisti dell’accordo e sono convinti di guadagnare qualcosa. Per primo HashimThaçi che ottiene cosi il suo obiettivo principale: restare al governo in un momento politicamente complicate. Isa Mustafa e il suo LDK portano a casa la riforma del sistema elettorale e riaffermano davanti agli occhi degli "internazionali" di essere partner responsabili e affidabili. Ex marito di Anna Oxa, BehgjetPacolli è a prima vista il leader costretto alle concessioni più dolorose. La sua rinuncia alla presidenza però, almeno nei suoi piani, sembra essere soltanto temporanea. Con l’ introduzionedell’elezione diretta, misura voluta con forza proprio da Pacolli, il leader dell’AKR non ha nascosto le proprie speranze di riottenere presto la più alta carica dello stato grazie al voto dei kosovari.
Nel frattempo, uno dei principali partiti di opposizione, Vetevendosje (Autodeterminazione) ha attaccato i negoziati che hanno portato alla nomina di Jahjaga, dicendo che è prova di una "Dell-crazia" in Kosovo, dando il sospetto di un interferenza dell’ambasciatore americano Christopher Dell nell’indicare il sucessore di Pacolli alla presidenza del Kosovo. Non abbiamo le prove per accertare questa accusa, ma probabilmente i tre leader hanno tenuto conto anche dei "problemi di immagine" che il Kosovo ha accumulato negli ultimi mesi, individuando un candidato donna, preparato e giovane (appena 36 anni), da contrapporre all’immagine di HashimThaçi, che soffre le accuse di gravi crimini a cui è stato associato nel recente rapporto di Dick Marty sui trattamenti inumani e i traffici d’organi in Kosovo, ma anche le tormentate settimane in cui alcuni importanti elementi del PDK, come Jakup Krasniqi e Fatmir Limaj, hanno espresso crescente disaccordo con le scelte del leader, minando in profondità le fondamenta del partito, fino alle soglie della scissione.