Saranno i “Brady Bonds” a salvare la Grecia dal dissesto finanziario

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Saranno i “Brady Bonds” a salvare la Grecia dal dissesto finanziario

20 Maggio 2011

La questione greca sta sempre più scaldando gli animi dei governi dell’Unione Europea. L’ultimo duello in ordine di tempo al quale stiamo assistendo vede coinvolte la Banca Centrale Europea da una parte e la cancelliera tedesca Angela Merkel dall’altra. Il tema è quello della ristrutturazione del debito greco.

Ristrutturazione sì o no? Fino a poco tempo fa la maggioranza dei protagonisti europei avrebbe liquidato velocemente la questione con una risposta negativa. Si credeva che il prestito di 110 miliardi di euro concesso dalla Ue e dal Fmi, unito a un piano di austerity pienamente condiviso dalle autorità di Atene, sarebbe bastato per arginare la crisi del debito sovrano. E’ passato un anno da allora e ci si accorge che i miglioramenti sperati non sono avvenuti. La Grecia viaggia verso un rapporto debito/Pil previsto per il prossimo anno pari al 166%. E niente e nessuno riesce a spiegare per quale miracolo economico il prodotto interno lordo greco dovrebbe aumentare, riducendo così il valore del rapporto, dal momento che le politiche fiscali restrittive varate dal governo ellenico avranno effetti deprimenti sui consumi e quindi sulla produzione. E a peggiorare le cose, c’è la certezza che entro fine anno il governo greco dovrà trovare 6 miliardi di euro per ripianare il bilancio 2011.

La Grecia si trova quindi nel peggiore dei mondi possibili: avrebbe bisogno di politiche fiscali espansive, come un aumento della spesa pubblica indirizzata verso i settori più produttivi dell’economia, e invece si ritrova a dover intraprendere draconiane manovre restrittive nel tentativo di riportare il debito ad una sorta governabile. Ma in economia i miracoli difficilmente avvengono e in molti hanno cominciato a rendersene conto. Si è parlato allora della necessità di un nuovo prestito integrativo del precedente (circa 30-40 miliardi di euro) ma il problema è che ormai la questione del salvataggio greco si sta trasformando in una delicata questione politica. Difficilmente i governi saranno disposti a garantire altre tranches senza che dei risultati certi vengano assicurati, poiché l’elettorato europeo potrebbe cominciare a diventare insofferente. D’altronde, la giustificazione che il salvataggio della Grecia è benefico per tutti è molto difficile da trasferire agli elettori, che vedono solo miliardi di euro uscire dalle casse dei propri stati per entrare in quelle di un altro che ha falsificato i conti e che non è nella condizione di ripagare il proprio debito.

Così, negli ultimi giorni, l’ipotesi di una ristrutturazione del debito sta sempre più prendendo piede. Ne ha cominciato a parlare il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, dichiarando che una ristrutturazione "soft" potrebbe rappresentare la giusta soluzione per uscire dalle sabbie mobili. L’allungamento delle scadenze avrebbe però effetti negativi per le banche creditrici. L’ammontare dell’esposizione totale degli istituti di credito nei confronti della Grecia, infatti, ammontava nel 2010 a 160,9 miliardi di dollari (fonte: BRI), con le banche tedesche e francesi a fare la parte del leone. Si può ben intuire quindi come la proposta abbia creato forti tensioni all’interno del mondo bancario europeo, con i banchieri centrali che si oppongono fermamente a questa soluzione.

Ecco che allora una terza via ha cominciato a farsi largo tra gli economisti, quella dell’emissione di "Brady Bonds" europei. Questa tipologia di titoli venne utilizzata alla fine degli anni ’90 dall’allora amministrazione Bush per arginare la crisi del debito di alcuni stati latino-americani. In quel caso, alle banche commerciali che detenevano attività finanziarie verso i paesi del Sud America venne concessa la possibilità di sostituire i propri crediti inesigibili con bonds a lunga scadenza e cedole di ammontare ridotto garantiti dal Tesoro americano, emessi alla pari. Con l’adozione di questi titoli di debito l’Europa permetterebbe agli istituti di credito di migliorare la propria qualità di credito, mediante l’eliminazione dei Sirtaki-bonds dal loro portafoglio (attualmente con un rating da junk-bond), e la Grecia potrebbe respirare, non essendo ossessionata dalla necessità di dover creare una forte recessione per recuperare a tutti i costi i flussi finanziari necessari a ripagare il debito. Il mercato finanziario incrementerebbe la sua liquidità ed il rischio del sistema bancario verrebbe a ridursi.

In un momento dove ci si accorge che i fondi di salvataggio non costituiscono la giusta soluzione al problema bisogna avere il coraggio di ristrutturare il più in fretta possibile. Prima che l’incertezza crei altri effetti collaterali sul mercato europeo dei capitali.