Sarkò e Zapatero in viaggio d’affari a Roma
20 Dicembre 2007
Cosa sono venuti a
fare a Roma Sarkozy, senza la nuova fidanzata italiana Carla Bruni, e Zapatero? Certo non gli auguri di Natale a Prodi.
Sono venuti a fare affari.
Non a caso, appena due giorni fa, Zapatero aveva gridato ai quattro venti che la Spagna ha superato l’Italia
per ricchezza. Un po’ come certi animali, che prima di un combattimento o una
sfida importante, si gonfiano per far vedere che sono i più forti.
E invece non è vero niente.
Nonostante i giornali abbiano preso per oro colato i dati spediti da Madrid.
Ci voleva una fonte
ufficiale, la Banca
mondiale, per avvertirci che in effetti la Spagna sta crescendo, ma l’Italia è ancora
economicamente molto più robusta.
E dire che la balla madrilena
non era difficile da smascherare. Se giri il mondo trovi dovunque il Made in
Italy, mica il Made in Spain; le spiagge più suggestive del Mediterraneo sono
certamente quelle italiane e non quelle spagnole; il cuore della cultura
europea batte a Roma e dopo, molto dopo, a Madrid.
Ma dunque, che ci fanno in
Italia Zapatero e Sarkozy?
Il presidente francese ha una
pratichetta calda calda da far vistare a Prodi: il trasloco dell’Alitalia a
Parigi. Il premier spagnolo, invece, ha da fare un check up a due dossier
altrettanto delicati: ricordiamo che la spagnola Telefonica è il maggiore
azionista di Telecom, mentre l’Enel è fortemente impegnata sul mercato
dell’energia iberica, dopo essere entrata in Endesa.
Affari, dunque. E trattati
alla luce del sole. Alla faccia di quei puri che ancora credono alla supremazia
del mercato sul dirigismo della politica.
Ma d’altra parte, un governo
che intermedia la grandissima parte dell’economia nazionale, può rinunciare a
mettere becco sulle grandi transazioni industriali sul piano internazionale?
Per i liberisti, quelli veri,
questi sono anni bui.
Oggi il presidente della
repubblica, Giorgio Napolitano, ha detto che l’Italia non cede al declino. Un
messaggio d’ottimismo coretto e sacrosanto. Ma con questa politica, anche le
grandi risorse di cultura, fantasia e qualità che hanno fatto grande l’Italia,
rischiano di andare perdute.
Siamo in periodo di auguri? E
allora auguriamoci che questo Paese riesca a cambiar pagina, sostenendo – e non
strozzando con le tasse – le imprese; valorizzando il merito dei giovani,
riformando profondamente rendite di posizione e codici burocratici di cui non
sentiamo più nessun bisogno.