Sarkò va a Versailles per dire che il burqa in Francia non è benvenuto
23 Giugno 2009
Andre Gerin è il sindaco di Venissieux, una città vicino a Lione. Recentemente ha presentato una risoluzione per chiedere al Parlamento francese di creare una commissione d’inchiesta sull’utilizzo del burqa o del niqab. La proposta è nel solco di quella avanzata nel 2003 da Bernard Stasi che proponeva l’interdizione di simboli religiosi a scuola, in particolare l’uso del velo islamico.
La mozione Gerin è stata firmata da decine di deputati, 43 dell’Ump (il partito di Sarkozy), 7 socialisti, 3 comunisti, 2 del Nuovo centro e 2 indipendenti. Se l’Assemblea darà il via libera alla commissione, entro il prossimo 30 novembre, verrà consegnato un rapporto per fare chiarezza sulla questione. “Nelle nostre città – ha scritto Gerin nel testo trasmesso all’Assemblea – alcune donne musulmane indossano il burqa, un abito assimilabile a una prigione ambulante che le ricopre dalla testa ai piedi, o il niqab che lascia scoperti solamente gli occhi. Due tenute assolutamente degradanti per la donna; le immagini provenienti dall’Iran, dall’Afghanistan o dall’Arabia Saudita di donne imprigionate in questi abiti sono intollerabili. In Francia sono totalmente inaccettabili”.
Il sindaco Gerin è un vecchio comunista e tra i fondatori di Le Manifeste. Non sappiamo cosa pensi della discussione intorno al “velo democratico” (può esistere un “velo democratico” che la donna sceglie autonomamente e volontariamente di indossare?) o della situazione in Belgio (qui il 90 per delle scuole lo vieta), né tantomeno del recente discorso di Obama al mondo musulmano (il presidente ha criticato i paesi occidentali che decidono “i vestiti che una donna deve indossare”). Il sindaco è partito semplicemente da un episodio che lo ha coinvolto in prima persona. Gerin doveva celebrare un matrimonio e, al momento di verificare se la giovane donna che aveva davanti a sé fosse la stessa del documento d’identità, le ha chiesto di togliersi il velo. Il marito si è rifiutato. Così Gerin ha deciso di interrompere la cerimonia.
Nella circoscrizione di Gerin l’uso del burqa è sempre più diffuso. “La Commissione – dice lui – avrebbe lo scopo di fare il punto della situazione, per capire il motivo per cui il fenomeno progredisce. Questo comitato lotterebbe contro l’ampliamento dell’uso del burqa, senza stigmatizzare le persone confinate in questa prigione ambulante; se il burqa si rivelerà una violazione alla libertà delle donne, ci sarà la possibilità di fare una legge per interdirne l’uso negli spazi pubblici”. In ogni caso prima di prendere ogni decisione il sindaco ha intenzione di dialogare con le comunità islamiche.
Le polemiche da parte del mondo mussulmano non si sono fatte attendere. Il segretario generale dell’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia (UOIF), Fouad Alaoui si è rammaricato di questo approccio, “lo stesso che si usa quando si parla di Iran. Siamo dispiaciuti che si sia arrivato a questo livello”. Il rettore della Moschea di Parigi, d’altro canto, considera l’idea della Commissione sul velo “un mezzo per interagire con i leader dell’Islam” visto che “il diffondersi di questa tenuta è un chiaro indizio del progresso di certe tendenze fondamentaliste”.
Anche molti movimenti per la difesa dei diritti delle donne sono stati coinvolti nella bagarre partita da Venissieux. L’associazione femminista Ni putes, Ni soumises (NPNS) ha risposto al sindaco scrivendogli “Dobbiamo incoraggiare il dibattito su questo tema, per rendere visibile la realtà e il degrado delle donne”. La presidentessa dell’associazione, Sihem Habchi, spiega che “la legge sulla laicità del 2004 – che vieta segni di appartenenza religiosa nelle scuole – non basta. È necessario riaprire il dibattito”.
Last but not least, il presidente Sarkozy è prima intervenuto cercando di riequilibrare la discussione. “In Francia – ha detto il presidente – ogni ragazza che vuole indossare il velo può farlo. Siamo in un Paese libero”. Ma poi, proprio ieri, intervenendo davanti alle Camere riunite in sessione straordinaria a Versailles (non accadeva dal 1848) ha aggiunto: “il problema del burqa non è una questione che investe la religione ma la dignità delle donne. E’ il simbolo dell’asservimento e della sottomissione. Il burqa non sarà mai il benvenuto nella Repubblica francese”.