Sarkò vuol bombardare Tripoli per fare affari dopo la caduta del rais

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Sarkò vuol bombardare Tripoli per fare affari dopo la caduta del rais

10 Marzo 2011

La Francia riconosce, primo fra i paesi occidentali, il Consiglio nazionale come unico e legittimo rappresentante del popolo libico, scaricando definitivamente il leader Gheddafi. Oggi il presidente Sarkozy ha ricevuto gli emissari del Consiglio di transizione, promettendo che nei prossimi giorni verrà accreditato un nuovo ambasciatore francese in Libia e che l’ambasciata di Parigi verrà trasferita da Tripoli a Bengasi. Sarkò ha anche annunciato che domani a Bruxelles la Francia proporrà un "piano globale" per la crisi libica e che il suo governo sostiene l’idea di "bombardamenti aerei mirati" per neutralizzare l’aviazione di Gheddafi, che sta bloccando l’avanzata dei ribelli verso Sirte e Tripoli.

Se appare scontata la reazione del governo libico, che prevede di rompere le relazioni diplomatiche con Parigi e parla di "pericolosa ingerenza", appare a dir poco discutibile la tempestività con cui il filosofo francese Bernard Henri-Levy ha confermato le notizie diffuse dall’agenzia France Presse sulle decisioni di Sarkozy, vantando il fatto che "la Francia è il primo Paese al mondo ad aver preso atto di questo trasferimento di legittimità", e aggiungendo che "Siamo i primi a dire che Gheddafi non è più rappresentante legale della Libia. È un elemento di grande importanza". La settimana scorsa Henry-Levy ha raggiunto le zone della Libia controllate dai ribelli ed ha incontrato l’ex ministro della giustizia Mustafa Abdel Jalil – attuale presidente del Cln.

Viene da chiedersi se il filosofo che si batte per i diritti umani abbia ben chiaro chi sono i suoi interlocutori, a cominciare dal cambiacasacca Jalil, che, secondo alcuni osservatori, avrebbe delle simpatie per i Fratelli Musulmani e per un islam religioso riconducibile a forze che si muovono al di fuori della Libia, fra il Cairo e Ryad. Più in generale, non può che destare sorpresa lo scarto in avanti impresso dal Quai d’Orsay rispetto alla crisi libica, che rischia di mandare all’aria gli sforzi concertati della Ue, in nome di una politica muscolare e di uno stupido protagonismo sposato da Francia e Gran Bretagna nelle ultime settimane.

Va sottolineato che la spinta di Parigi coincide con la recente nomina di Alain Juppé, "il migliore tra noi" come lo chiamava l’ex presidente Chirac, che ha "cambiato marcia" alla politica estera francese degli ultimi tempi. Se restiamo al riconoscimento del Consiglio nazionale libico, va detto che quella di Juppé potrebbe anche essere interpretata come una mossa pre-elettorale (il ministro degli esteri è stato ribattezzato come il "premier ombra", espressione di quel conservatorismo più ortodosso e critico verso Sarkò, sempre più in crisi nei sondaggi). Come mai, nel momento in cui altri Paesi, come l’Italia, si stanno impegnando a dialogare con i ribelli di Bengasi (ricevendo anche dei riconoscimenti per l’azione che stiamo svolgendo), Parigi decide di fare tutto da sola? In ballo, evidentemente, ci sono forti interessi economici. A discapito di chi, come l’Italia, si sta impegnando per tutelare i propri, di interessi, sul suolo libico.