Sarò minoritario, ma l’IMU-CEI è un errore irrisolto di Stato
08 Marzo 2012
La vicenda “Imu ecclesiastica” mi ha lasciato molto amaro in bocca. Lo dico da vecchio laicone che ha poi riaggiustato le sue convinzioni, senza per questo diventare beghino né oltranzista all’opposto. Di fatto, il partito anticlericale per pregiudizio e non per giudizio ha vinto come aveva vinto in Europa, visto che la minaccia d’infrazione in Europa dagli anticlericali italiani è nata. Ok, ci può stare per chi sia convinto che in Italia vi sia ancora un problema di eccessiva invadenza ecclesiastica: a me sembra roba risolta decenni fa, con buona pace del recente libro scritto da Sergio Romano e da suo figlio Beda. Come di tanti laici osservanti in servizio vigile permanente effettivo, che rispetto perché lì è stata la mia scuola di formazione anche se ho dismesso le armi. Solo che grazie a questa pressione Monti e ministri suoi hanno finito per partorire un pastrocchio. Un errore di Stato dovuto alla solita sete inconsulta di entrate. Riepilogo ciò che non mi convince affatto, perché non credo che la vicenda sia finita.
Monti annuncia a un certo punto che la Chiesa pagherà l’Ici, tra mille tappi di champagne dei media che avevano rimbalzato la campagna. La decisione è del governo, non fa parte di interventi sui quali si debba concordare con il Vaticano per vincolo concordatario.
Ma che cosa significa in concreto? Nella stesura iniziale del decreto semplificazione fiscale – alla faccia delle semplificazioni, una nuova botta di aggravi tra cui la nuova patrimoniale proporzionale sui conti vincolati cioè quelli di deposito ad alto rendimento, ma per carità nessuno ci fa caso, lo spread scende finalmente e siam tutti bimbi buoni! – la norma tanto attesa non c’è. I giornali ripartono con l’artiglieria. Alla fine la norma ricompare. Ma è scritta in maniera ambigua. Tanto che Monti deve precipitarsi personalmente a fornirne un’interpretazione autentica in una commissione del Senato riunita in mera sede referente. Che cosa dice la norma? Che l’IMU sarà dovuta su quegli immobili a “fini misti” che tanto scandalo avevano suscitato e tanto colore sui media, pronti a sostenere che in Italia esistono migliaia di veri alberghi finti conventi e finti romitori con finte cappelle solo per non pagare imposte e tasse. Pagheranno dunque gli immobili ecclesiastici in cui il fine commerciale è prevalente.
Va bene? No, non va bene per niente.
Innanzitutto, il governo e il Parlamento non dicono come si identifichi il criterio della prevalenza. Poiché si tratta di identificare una platea di contribuenti per una nuova imposta, la cosa rientra nella riserva di legge assoluta stabilita all’articolo 23 della Costituzione. Ma invece no, come capita da decenni la riserva viene violata, e saranno i vertici tecnici delle Entrate, a stabilire loro per circolare come si identifica davvero il criterio della “prevalente” natura commerciale. In metri quadrati dell’immobile per diverse aree d’uso? In flussi di cassa? E si paga rispetto a quali proporzioni: fisiche, monetarie? In ogni caso, il vincolo costituzionale di competenza è violato.
Seconda osservazione. L’IMU è un’imposta immobiliare patrimoniale. Farne discendere l’applicabilità da flussi di reddito del proprietario è un abominio. Per carità, l’ordinamento tributario italiano ci ha abituato a tutto. Ma L’IMU si paga per rendita catastale aggiornata verso l’alto – non è ancora stato fatto, vediamo cosa capita in primavera quando si tratterà di pagare – come da disposizioni governative, non per censo di appartenenza. Né tanto meno se il proprietario tiene gli immobili sfitti e dunque non ci ricava reddito non pagherà l’IMU prescritto. E’ solo per la Chiesa e per il terzo settore, che prende vita l’ircocervo della patrimoniale-reddituale.
Terza osservazione. Veniamo alle scuole parificate e alla sanità convenzionata. Qui è concettualmente sbagliato, applicare l’IMU a componenti del welfare che, gestiti da privati, accettando condizioni e qualità dell’offerta stabilite dal pubblico e pubblicamente invigilati, fanno comunque a tutti gli effetti parte del sistema pubblico. Per questo solo fatto, gli immobili utilizzati a tal fine devono essere esenti come quelli di Stato. Anzi, lo Stato dovrebbe sempre più incentivare il welfare sussidiario che dal basso si aggiunge a quello dall’alto, pubblico e gestito da anmministratori e dipendenti pubblici ma con risorse inadeguate a fronteggiare le sigenze di un Paese in deficit di formazione, assistenza alle famiglie, agli anziani, ai disabili, agli immigrati.
Quarta osservazione. Non solo è concettualmente sbagliato, ma è questione di lana caprina decidere in che cosa una scuola e una clinica “pubblica” anche se gestita da privati ma convenzionati e parificati, sia “a fini di lucro”, visto che comunque devono essere organizzate in forme giuridiche tali e coerenti a gestire un’offerta commerciale, perché deve chiedere ai cittadini di sborsare in più di tasca propria rispetto a quello che già pagano con le imposte generaliste per il finanziamento della componente maggioritaria del sistema pubblico, quella gestita da dipendenti pubblici. Andremo a visite occhiute di pattuglioni di finanzieri in ogni scuola parificata e clinica convenzionata, per verificare che l’utile di bilancio venga fino all’ultimo centesimo reinvestito nell’anno a pareggio del conto economico senza accantonamenti, o che ne so a verifiche di interessi da impieghi bancari per accrescere la redditività della cassa, perché altrimenti si configura il lucro e scattano le cartelle esecutive per il pagamento dell’IMU o il pignoramento dell’immobile?
Che pena, caro il mio lettore. Sia tu credente, sia tu ateo, qualunque piega abbia preso la tua coscienza in materia di fede, religiosità, e peso della questione romana nella storia d’Italia. Che pena vedere la laicità dello Stato confondere la libertà delle coscienze con l’esecutività delle cartelle esattoriali di uno Stato… ladro.
(tratto da Chicago-Blog)