Saviano vede mafia ovunque anche a Mondadori
24 Gennaio 2011
di redazione
“Mi fa letteralmente orrore che una persona come Roberto Saviano sia arrivata a calpestare e di conseguenza a rinnegare tutto quello per cui ha sempre proclamato di battersi”, così Marina Berlusconi commentando la dedica alla magistratura fatta da Saviano in occasione della consegna della laurea honoris causa in giurisprudenza. “Orrore mi fa chi sta colpevolmente e coscientemente cercando di delegittimare e isolare coloro che in questi anni hanno contrastato più di ogni altro le mafie”, la replica secca dello scrittore campano.
Saviano accusa il suo editore di aver scelto il silenzio verso “quegli episodi di corruzione e di criminalità che da anni avvengono in questo Paese, dalla strage di Castelvorturno alla conquista delle ‘ndrine di molti affari in Lombardia”, ma dimentica che il governo Berlusconi, nella persona del ministro Maroni, ha assicurato alla giustizia non pochi boss e latitanti. Si tratta di un attacco d’Alzheimer piuttosto grave se pensiamo che Roberto stesso, una volta, definì Maroni “uno tra i migliori ministri nella lotta alla mafia”.
La primogenita di Berlusconi, d’altra parte, non ha mai parlato di mafia ma di chi è “chiamato ad esercitare ‘il mestiere della giustizia’ e non dovrebbe avere nulla a che vedere con la persecuzione personale e il fondamentalismo politico”. Un chiaro affondo sul caso Ruby, che nei giorni scorsi aveva spinto (addirittura) il direttore Piero Sansonetti ad evocare lo spettro del regime change in chiave giudiziaria.
Come dire, Marina ha tirato picche (i giudici e Ruby), Saviano ha risposto a bastoni (la lotta al crimine organizzato). Si parli di scandali nazionali, problemi del lavoro, emergenza casa, quand’è chiamato a dire la sua su qualsiasi argomento lo scrittore ormai è come un disco rotto che si è incantato sulla parola “mafia”. Nulla da obiettare visto che tutti vogliamo sconfiggerla. Se non fosse che a furia di dediche e incondizionato appoggio il monotematico Roberto dà l’impressione di volersi candidare alla guida del partito dei giudici, sfilandolo ai legittimi proprietari del copyright Di Pietro e De Magistris.