Savoiagate. Quando le intercettazioni servono a indagare sulla “personalità”

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Savoiagate. Quando le intercettazioni servono a indagare sulla “personalità”

05 Luglio 2010

Le accuse erano molto gravi: la prima di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, la seconda di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Questi i due capi d’imputazione che nel 2006 hanno portano Vittorio Emanuele di Savoia in carcere. In cella ci rimane per 8 giorni, finché il gip di Potenza non gli concede gli arresti domiciliari. Ma non finisce qui: perché un mese dopo il suo arresto il tribunale del Riesame gli revoca i domiciliari, vietandogli però l’espatrio.

E’ una storia di cui si è sentito molto parlare, perché ha riempito pagine su pagine dei quotidiani e, tutt’oggi, non smette di suscitare interesse. In primo luogo perché la vicenda giudiziaria meglio nota come "Savoiagate" è ancora in corso (il prossimo 14 luglio il GUP Marina Finiti si pronuncerà infatti sui rinvii a giudizio pendenti sull’accusato). In secondo luogo perché l’imputato in questione è finito in un tritacarne mediatico per ben 4 anni, nonostante nessuna sentenza sia stata ancora pronunciata dalla magistratura. Perché è accaduto tutto questo? La risposta è secca: a causa della pubblicazione di alcune intercettazioni  telefoniche (che dovevano rimanere segrete) che lo riguardano.

Cerchiamo di procedere per gradi ed inquadrare la vicenda. La Procura di Potenza accusa il Savoia di essere uno dei promotori di una sorta di "holding" impegnata nel gioco d’azzardo che avrebbe fatto ricorso alla corruzione per ottenere specifici "nulla osta" dai Monopoli di Stato per l’installazione di videopoker. Per svolgere le indagini le sue linee telefoniche vengono messe sotto controllo (nella cella in cui in cui viene incarcerato per oltre una settimana vengono anche piazzate delle microspie). Le intercettazioni che la Procura di Potenza ne ricava servono all’indagine specifica, ma alcune di queste escono dalla Procura. Queste, che non hanno niente a che vedere con l’indagine e talvolta non hanno neanche rilevanza penale, finiscono sui giornali.

Così, l’immagine dell’imputato, viene a poco a poco rovinata. Per capire come sia successo conviene rileggere le conversazioni private che lo riguardano. Una di queste avviene tra due suoi collaboratori che, secondo gli inquirenti, gli hanno organizzato un incontro con una prostituta a Milano: "Il ‘capo’ – dice uno all’altro – avrebbe preferito una bionda e ha giudicato 200 euro eccessivi per la prestazione". In un’altra conversazione telefonica invece, tra il principe ed il suo segretario Gian Nicolino Narducci che stanno discutendo della partecipazione di Vittorio Emanuele ad una manifestazione organizzata per raccogliere fondi a favore di un’associazione che assiste minori vittime di abusi sessuali, il segretario dice: "Speriamo che ci siano delle belle bambine". E il principe, urlando, risponde: “Subito, si”, facendo ridere Narducci. Poi Il principe prosegue: "Che bello, allora sono proprio contento perché tutto andrà bene e farà bel tempo". Fin qui, nell’ambito dell’indagine per associazione a delinquere, queste intercettazioni non sembrano avere alcun rilievo.

Ma non finisce qui, perché le conversazioni che trapelano dai fascicoli della Procura, non sono tutte. Un’altra conversazione tra i due fa riferimento ad un lavoro di riparazione effettuato male (o non eseguito per niente) da personale sardo sul motore della barca del principe. Dice che i sardi “puzzano e basta” ed insulta anche le loro madri. Improprio e molto offensivo ma, anche in questo caso, di nessuna rilevanza penale nel processo in questione.

Simile il caso degli insulti alla giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena, rapita a Baghdad nel febbraio del 2005, quando perse la vita Nicola Calipari. Vittorio Emanuele fa apprezzamenti sgradevoli nei confronti della donna, ai quali Narducci risponde dicendo: "comunista di merda", sempre riferendosi alla giornalista. Come sopra: gravi insulti ingiustificati, ma privi di interesse penale, nell’ambito del cosiddetto Savoiagate.

Ma in riferimento a queste intercettazioni, è un’altra la dichiarazione che ha una certa rilevanza. A rilasciarla è stato proprio il GIP di Potenza Alberto Iannuzzi che, nell’ ordinanza di custodia cautelare del principe, ha definito "oggettivamente raccapriccianti" i termini usati da Vittorio Emanuele e dal suo assistente. Non solo. Ha anche riferito che "le parole e il tono utilizzati dal Savoia e dal Narducci appaiono emblematici della loro personalità".

Così è finalmente chiaro che le intercettazioni non sono destinate ad accertare i reati. Semmai, a scandagliare la "personalità" degli imputati. Parola di GIP.