Scajola nel tritacarne mediatico. Pdl solidale, i finiani solo a metà
30 Aprile 2010
Archiviato il dossier Bocchino, Silvio Berlusconi si ritrova ad affrontare il caso Scajola. Al di là degli aspetti giudiziari che la magistratura dovrà verificare e fermo restando che al momento a carico del ministro delle Attività Produttive non c’è alcuna ipotesi di reato, la vicenda ha già guadagnato la ribalta della scena politica. Coi giornali vicini alla sinistra posizionati sulla rampa di lancio del battage mediatico preventivo, con l’opposizione ferma nel chiedere che Scajola riferisca in Parlamento (Finocchiaro, Pd). Che sì, deve dare spiegazioni agli italiani che governa. Che sì, deve dire come e perché ha acquistato quell’appartamento sei anni fa, altrimenti lasci l’incarico (Zanda, sempre Pd), che deve dimettersi e basta (Di Pietro, il giustizialista).
Resta da capire che tipo di ripercussioni politiche questa vicenda avrà nella maggioranza e soprattutto nella compagine di governo e come il Cav. riuscirà a gestirla evitando che la sua immagine ne esca indebolita: Scajola, infatti, è uno dei ministri “strategici” che sovrintende a importanti dossier, uno su tutti quello del nucleare. Tuttavia, alcuni effetti già ci sono.
Nel centrodestra se il premier respinge l’ipotesi di dimissioni del ministro e lo stato maggiore del Pdl fa quadrato stigmatizzando la linea di Bersani & C., non passa inosservato il silenzio della Lega e soprattutto le sottolineature che arrivano dalla pattuglia del dissenso: i finiani. Leit motiv: la legalità. Che applicato a una vicenda ancora tutta da verificare, oltretutto con un esponente dell’esecutivo che al momento non ha ricevuto alcun avviso di garanzia, suona quanto meno sospetto.
In mattinata sul web di Italo Bocchino – Generazione Italia – si legge la “solidarietà a Scajola” ma si aggiunge che il governo deve “rilanciare la sua immagine”, insinuando così il dubbio che in qualche modo sia appannata. E come? Accelerando l’iter del dl anticorruzione che avrebbe dovuto essere “approvato il primo marzo” e che aveva ricevuto “un plauso bipartisan, persino dai ‘bastian contrari’ dell’Idv”. Poi la domanda retorica: “Dove è finito questo bellissimo e bipartisan ddl anticorruzione? Nessuno lo sa. Qualcuno lo tiri fuori dai cassetti e lo porti in Parlamento. E sia approvato in tempi rapidissimi, magari con il consenso dell’opposizione”.
Quindi il gran finale con la critica indiretta: “Sarebbe un segnale fortissimo che Governo e Pdl darebbero al Paese. Un segnale di legalità. Perché chi sbaglia deve pagare. Specialmente quando sbaglia a spese di tutti gli italiani”. Qualche ora dopo, si accoda alla richiesta del pasdaran ex-vicecapogruppo dei deputati Pdl un altro finiano doc, Briguglio. Una posizione che nelle file della maggioranza ingenera il dubbio che gli uomini del presidente della Camera possano “cavalcare” il caso Scajola sventolando la bandiera della legalità e trovando così facile sponda nell’opposizione. Una mossa, un obiettivo, che secondo il ragionamento di molti esponenti pidielle suona così: puntare all’immagine del governo e del presidente del Consiglio che dopo la vittoria elettorale ha ridato slancio alla stagione delle riforme da completare entro i prossimi tre anni. Ed è anche un modo – dicono nel Pdl – per portare avanti dall’interno quella “battaglia” che Bocchino ha minacciato subito dopo le sue dimissioni, con toni tutt’altro che distensivi.
Ma tra i finiani c’è anche chi la pensa diversamente e lo dichiara alle agenzie di stampa in tempo reale, quasi a ridimensionare la portata delle sollecitazioni di Bocchino e Briguglio. E’ il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Augello a ricordare che sul ddl anti-corruzione il governo non ha perso tempo dal momento che “da lunedì è alla firma del presidente della Repubblica” e dunque subito dopo verrà sottoposto all’esame del Parlamento. Non è finita qui, perché a stretto giro Granata, altro finiano di ferro, ammonisce l’esecutivo affinché “mandi subito in Parlamento”, il testo della legge incassando il plauso dell’Idv.
Immediata la replica del senatore Casoli, vicecapogruppo del Pdl a Palazzo Madama che si rammarica del fatto che Granata “forse distratto dalla produzione quotidiana di invettive e contumelie e dai troppi applausi dell’Idv, abbia perso le tracce del provvedimento”. Casoli ricorda poi le parole con le quali Augello ha risposto a Bocchino e Granata sottolineando che “lo svarione è ancora più sorprendente dal momento che a comunicare lo stato dell’iter del ddl, sia in Aula che alle agenzie di stampa, non è stato qualche facinoroso pasdaran berlusconiano, ma il sottosegretario senatore Augello che – non me ne voglia il collega – sapevamo non distante dall’area politico-culturale alla quale Granata fa riferimento. Conforta sapere che anche fra i cosiddetti finiani ci sia modo e modo di affrontare le questioni”. Toni e contenuti che danno chiaro il segno del clima all’interno del Pdl, a prescindere dalle singole vicende.
Vicende politiche e giudiziarie che, certo, vanno valutate una ad una ma se si mettono in fila i fatti degli ultimi mesi, viene più di un sospetto. Dalle dichiarazioni poi riviste e corrette del pentito di mafia Gaspare Spatuzza nel processo a Dell’Utri e quelle di Massimo Ciancimino, fino all’inchiesta sul G8 che ha coinvolto Guido Bertolaso e Denis Verdini, non è dietrologia pensare a strane combinazioni che vanno tutte nella stessa direzione: Silvio Berlusconi.
A questo va aggiunto un altro dato. Dopo la vittoria elettorale che ha spazzato via a suon di voti le Cassandre che davano il Cav. ormai agonizzante e nel momento in cui il premier, forte del nuovo mandato elettorale programma tre anni di navigazione tranquilla, prima arriva l’attacco di Fini a Berlusconi col battesimo della sua corrente e un’iniziativa politica “a freddo” che di fatto apre una crepa nella maggioranza, poi il caso Bocchino che per giorni ha tenuto il partito appeso a livelli di tensione altissimi, quindi la vicenda di Scajola. E chissà se proprio adesso, con il lodo Alfano bis non ancora in Parlamento, da qualche procura non riparta il girotondo delle inchieste, magari a carico di altri esponenti della maggioranza o dell’esecutivo.
Del resto, sarebbe un film già visto. E c’è da chiedersi se nella rotta di navigazione già impostata, il Cav. possa permettersi di inserire il pilota automatico oppure debba timonare in un mare in tempesta. O ancora, decida di tornare in porto. Lui si dice sempre convinto che non sia a rischio la stabilità della legislatura nei prossimi tre anni e tira dritto: "Procederemo sulla strada delle riforme – ha detto oggi – senza subire rallentamenti causati da controproducenti discussioni di palazzo". Ma il dubbio che qualcuno, nel centrodestra non remi dalla stessa parte, resta.