Scajola oggi incontra il premier. Vicina l’ipotesi di dimissioni

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Scajola oggi incontra il premier. Vicina l’ipotesi di dimissioni

04 Maggio 2010

Attorno al ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, sembra stringersi sempre più il cerchio delle dimissioni. Rientrato anticipatamente dalla Tunisia nella tarda serata di ieri, incontrerà oggi il premier Silvio Berlusconi per stabilire la linea di condotta delle prossime ore. La vicenda dell’immobile acquistato al Colosseo rimane una spina nel fianco per il ministro che si trova a un bivio: mollare, come chiede l’opposizione, o difendere a spada tratta le sue posizioni in merito al fatto del quale è accusato (ma non indagato). C’è anche una terza ipotesi: l’autosospensione fino a quando non avrà chiarito la sua situazione.

Si tratta, in quest’ultimo caso, della soluzione più gradita alla Lega, che ha evitato nei giorni scorsi di entrare nel calderone difensivo nei confronti del ministro. Finora il Pdl, con l’eccezione di qualche finiano come Fabio Granata, ha espresso solidarietà a Scajola. L’accusa: aver acquistato nel 2004 un appartamento a Roma con vista sul Colosseo, che il ministro afferma di aver pagato 610mila euro. "Il ministro Scajola ha detto a tutti che ha la coscienza a posto e io gli credo senza nessuna riserva", ha dichiarato Franco Frattini, ministro degli Esteri.

Secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, Berlusconi starebbe già ragionando sui possibili successori e circola il nome del vice di Scajola con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani. Ma si sarebbe detto disponibile anche Giancarlo Galan, appena insediato al ministero dell’Agricoltura.

La situazione, intanto, sembra aggravarsi dopo nuove testimonianze. "Il giorno del rogito portai gli assegni circolari direttamente al ministero, dove si doveva stipulare l’atto. Ricordo che erano presenti il ministro Claudio Scajola, le due venditrici e il notaio. Consegnai i titoli direttamente al ministro", ha raccontato l’architetto Angelo Zampolini, uno dei collaboratori dell’imprenditore Anemone. Questa versione è stata però smentita dallo stesso Anemone. "Non ho dato denaro a nessuno, tanto meno a Zampolini, e non ho contribuito ad acquistare le case di nessuno". Gli avvocati del costruttore coinvolto nell’inchiesta sui lavori per il G8, da parte loro, respingono tutte le accuse, sottolineando che gli addebiti rivolti al loro assistito sono "pura fantasia". I legali, riferendosi alle notizie degli ultimi giorni, hanno parlato di "vicende senza il benché minimo riscontro". Ma le dichiarazioni di Zampolini troverebbero conferma nelle deposizioni del tunisino Laid Ben Fathi Hidri, l’autista di Angelo Balducci che avrebbe avuto il compito di prelevare i soldi in contanti e di consegnarli a Zampolini. E sulla provenienza degli assegni ci sarebbe anche la testimonianza delle due ex proprietarie dell’appartamento.

Fin’ora il responsabile dello Sviluppo Economico ha resistito con tenacia al terremoto politico che lo ha travolto. Nonostante già da due giorni si rincorrano le voci di dimissioni, Scajola ha puntato i piedi e ha contrattaccato minacciando querele, perché vittima di un ‘processo mediatico’ volto a gettare "fango" sulla sua persona. D’altra parte lo aveva annunciato subito, venerdì scorso, che questa volta non si sarebbe arreso e non avrebbe lasciato il dicastero come invece aveva fatto nel caso Biagi. Scajola resiste, dunque, nonostante sul fronte politico lo scontro sia ai massimi livelli.

Tutte le opposizioni gli hanno chiesto in maniera decisa di uscire allo scoperto chiedendo le sue dimissioni: lo ha fatto, tra gli altri Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, che lancia un aut aut: si presenti subito alle Camere per "chiarire" la vicenda, oppure rassegni le dimissioni. L’Italia dei valori, però non ha perso tempo e ha messo nero su bianco la sua sfiducia al ministro in una mozione presentata alla Camera incalzando il Pd a sottoscrivere il documento politico. E Antonio Di Pietro ci ha inserito una sorta di ‘preambolo’ velenoso: "Scajola è stato preso con il sorcio in bocca". Ma al di là degli aspetti giudiziari, l’ex pm ironizza sul fatto che sul ministro pesi una "responsabilità politica grossa come una casa". Anche i finiani come Fabio Granata, che tanto hanno martellato in queste ore sul ddl anticorruzione, hanno in qualche modo fatto fronte comune con le opposizioni ritenendo opportune, a questo punto, le dimissioni di Scajola. L’Udc, al momento non gli spara contro, ma gli suggerisce, con il leader Pier Ferdinando Casini, di chiarire la situazione in Parlamento per un dovere di "trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica".

Scajola però, ha fissato una diversa tabella di marcia: per prima cosa si presenterà alla procura della Repubblica di Perugia (il 14 maggio prossimo) dove sarà ascoltato come ‘persona informata dei fatti’: come teste, dunque, e non come indagato. Solo successivamente sarà in Parlamento. "Un mio intervento alle Camere, così come richiesto dai capigruppo del Partito democratico, sarà possibile dopo la mia audizione come persona informata sui fatti, già fissata con la Procura della Repubblica di Perugia" ha detto lo stesso ministro.