Scardinare il modello delle Popolari sarebbe un unicum europeo

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Scardinare il modello delle Popolari sarebbe un unicum europeo

03 Ottobre 2012

L’Antitrust ha in questi giorni proposto al Parlamento “di rendere omogeneo il regime giuridico dei diversi operatori bancari”, suggerendo a tal fine di riformare l’attuale disciplina delle Banche Popolari, cancellando in un colpo tutti i principi che ne connotano la governance cooperativa: voto per testa, limite al possesso azionario, clausola di gradimento, limite alle deleghe. In pratica, tabula rasa del dna degli istituti cooperativi.

Sfuggono le motivazioni che giustifichino un simile intervento. Gioverebbe forse alla concorrenza nel settore bancario circoscrivere l’esercizio dell’impresa bancaria all’unica forma della banca s.p.a.?

E non risulta paradossale che sia proprio l’Autorità che è chiamata a garantire la concorrenza a mettere in discussione la validità dell’unico modello di fare banca alternativo alla società per azioni?

Una chiara e inequivocabile risposta a tali interrogativi è data da un recente Rapporto del CEPS – organismo internazionale della cui competenza ed indipendenza nessuno dubita – su “La specificità delle banche cooperative nel sistema creditizio europeo” che afferma espressamente che “un sistema finanziario popolato da una diversità di strutture proprietarie, di modelli di governance e di business, è probabile si mostri più competitivo, sistematicamente meno rischioso e incline ad una maggiore crescita regionale rispetto ad uno popolato da un unico modello di banca”.

Il modello della cooperativa, come modello alternativo a quello della società per azioni per l’esercizio dell’attività bancaria, si iscrive infatti nella logica della salvaguardia e del rafforzamento della libertà di iniziativa economica e della concorrenza.

Qualsiasi iniziativa volta a scardinare il modello delle Banche Popolari, dunque, oltre ad essere in contrasto con i principi fondanti del nostro ordinamento ed in primis con la Costituzione che tutela e riconosce la cooperazione, rappresenterebbe un unicum anche a livello europeo dove le cooperative, a cominciare da quelle bancarie, sono ampiamente tutelate e valorizzate quale patrimonio irrinunciabile nei vari Paesi.

Di ciò è prova, innanzitutto la pronuncia di archiviazione della Commissione Europea già in sede istruttoria della procedura d’infrazione avviata contro il nostro Paese, che ha stabilito che la governance delle banche popolari, anche quotate, non contrasta affatto con i principi del Trattato CE e in particolare con quelli della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento, e ha riconosciuto che la prevalenza della figura del socio, di cui il voto capitario è espressione, non rappresenta un’anomalia italiana ma è patrimonio comune alle cooperative di credito in tutto il mondo.

Non solo: il modello cooperativo, lungi dall’essere considerato un fenomeno distorsivo della concorrenza, ha trovato consacrazione a livello comunitario nel Regolamento sulla Società Cooperativa europea, ove si prevede espressamente la costituzione di banche in forma cooperativa. 

Le Autorità devono dunque essere consapevoli che ogni regolazione – quali quelle volte a livellare il terreno competitivo – non dovrebbero incidere negativamente sulla diversità nell’attività bancaria.

Il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, cui la segnalazione dell’Antitrust è propedeutica, dovrebbe essere fonte di sviluppo e di rilancio per il Paese e non certamente uno strumento per penalizzare un sistema funzionale ed efficiente come quello delle banche popolari che legano il credito al territorio, mantengono gli investimenti legati alle realtà produttive invece di speculare sui derivati a Wall Street e incentivano uno sviluppo reale di prospettiva, invece di puntare ai profitti immediati di pochi.