Scettici e borghesi. Per una fenomenologia del conservatorismo
04 Agosto 2010
di Jens Jessen
Negli ultimi anni il pensiero conservatore ha avuto una seconda nascita, anche in Italia. Ma quali ideali intende difendere? E quali sono suoi principi cardine? Tutte domande a cui Jens Jessen, giornalista tedesco cinquantacinquenne e caporedattore delle pagine culturali della rivista settimanale Die Zeit, ha tentato di dare una risposta stilando una sorta di vademecum per fare chiarezza su un concetto ancora oggi oscuro e usato forse con eccessiva timidezza. Vi proponiamo la seconda puntata delle dieci parole chiave del pensiero conservatore.
4) Il conservatore ha paura del progresso, non soltanto quando si presenta nelle vesti di riforme o rivoluzioni di sinistra, ma anche nelle vesti del libero sviluppo tecnico o scientifico. Il conservatore considera i processi economici un ostacolo, si pensi, ad esempio, alla cattiva opinione di Helmuth Kohl riguardo alla mentalità degli imprenditori. Il conservatore può addirittura essere espressamente anticapitalista, così come accadeva prima della Guerra. Il ceto portante del vecchio pensiero conservatore tedesco – proprietari terrieri, militari e funzionari – non si aspettava nulla di buono dall’industria. Il conservatore agirà in senso liberista, nel momento in cui la fiducia nel mercato appartiene alla tradizione di un Paese, come ad esempio in America od in Inghilterra. Il conservatore può tollerare il progresso al massimo a piccole dosi, finchè adatta con cautela le strutture ed i valori esistenti alle nuove condizioni, in modo da assicurare la loro sopravvivenza. In linea di massima ai suoi occhi non deve giustificare l’esistente, ma il desiderio di cambiamento.
5) Il pensiero conservatore è una posizione scettica. Il conservatore non si fida della fede nel progresso e nella tecnica soprattutto perché sospetta dell’onnipotente fantasia umana. E’ sempre incerto se l’uomo possa valutare tutte le conseguenze delle sue azioni e scettico che un cambiamento a fin di bene si riveli realmente tale. Anche l’avversione alle rivoluzioni si basa su questa forma di scetticismo e non soltanto sulla paura di perdere i propri possedimenti o sul rifiuto di ideali rivoluzionari, che in alcuni casi possono addirittura appartenere anche al conservatore. Mentre la sinistra pensa sempre che le radici di un grosso male devono essere recise al fine di un miglioramento generale, il conservatore teme l’eteronomia dei fini, ovvero che benefici da una parte possano anche portare danni dall’altra. In proposito il conservatore non crede all’intrinseca bontà dell’essere umano o non crede assolutamente che la politica possa migliorarlo. Per questo nella prospettiva conservatrice una politica tiepida, strategica e non troppo moralista è una buona politica, perchè impedisce che involontariamente si peggiori la situazione.
6) La politica conservatrice è politica di potere. Il punto di osservazione politico del conservatore vedrà in tutti i problemi soprattutto questioni di potere, interessi contrapposti e sontanto alla fine conflitti di valore, perchè il conservatore vede nell’essere umano sempre il male e non crede a concetti ideali. Alla fine il potere è anche necessario per proteggere l’esistente da cambiamenti incontrollati. Nella scala progettata da Max Weber tra l’etica della responsabilità e dei principi, il conservatore sosterrà sempre l’etica della responsabilità, dunque ammetterà la morale soltanto nell’ambito del possibile. Non si atterrà per nulla ai principi. Nel migliore dei casi il politico conservatore è realista ed obiettivo, nel peggiore dei casi un cinico o addirittura un opportunista privo di scrupoli. E’ qui che ha le sue radici la cattiva nomea a cui è soggetta la politica conservatrice. L’uomo, se è cattivo, può anche essere ingannato. Il partito che recentemente ha danneggiato il pensiero conservatore è stata la CDU dell’ultima fase politica di Helmut Kohl. E’ facile immaginarsi che i contributi illegali al partito non verrano mai visti come un problema morale in quanto servirono al mantenimento del potere del partito che a suo volta aiutava i citadini a garantire il proprio status sociale. Nel peggiore dei casi la politica conservatrice prova addirittura ad approfittare della malvagità attributa all’essere umano. In Assia Roland Koch (Presidente del Land della CDU) si è arenato nel momento in cui per la sua campagna elettorale mobilitò una latente ostilità verso gli stranieri.
7) Il conservatore non è un reazionario. Già di per sé il suo realismo gli vieta di voler riproporre condizioni oramai superate. Che il conservatore ed il reazionario vengano a volta accostati, è un fraintendimento che diventa plausibile soltanto in una prospettiva di estrema sinistra, dalla quale, essendo una posizione politica rivolta al futuro, tutte le convinzioni conservatrici sul presente non possono che sembrare retrograde. Ma il reazionario non vuole conservare nulla, è un idealista o, meglio ancora, un utopista disinvoltamente retrogado che vede nel passato tutto ciò che è buono e giusto e nella modernità solo perdite e sacrifici senza senso. Anche quando non è un golpista, al reazionario interessa soltanto che ciò che ha perso non lo avrà più indietro. Anche questa è una posizione che l’istinto al potere del conservatore considera ripugnante. In ultima analisi il reazionario ha una posizione critica e solo per i suoi aspetti più antimoderni si avvicina allo schieramento conservatore: la minaccia dell’istituzione della famiglia, la fede perduta, la maleducazione dei giovani, il fascino perso della divisa militare.
8) Hitler non era conservatore. I nazionalsocialisti guidarono un movimento di modernizzazione senza scrupoli con tutte le caratteristiche di una rivoluzione che di socialista non aveva solo il nome. Diritto, ordine, proprietà, educazione – tutto ciò che stave a cuore ai conservatori fu letteralmente spazzato via. E’ noto che Bertolt Brecht salutò addirittura Hitler come colui che finalmente la fece finita con gli Junker ed i borghesi. Che il pensiero conservatore dai suoi oppositori venga occasionalmente accostato al nazionalsocialismo, potrebbe anche non essere un errore. E’ del resto vero che ci furono gruppi conservatori che pensarono di servirsi del Nazismo per i proprio interessi. Che lo pensarono e ritennero possible, anche se a loro era chiaramente evidente quanto fosse ripugnante, ha nuovamente a che fare con il pragmatismo, il calcolo di potere e l’opportunismo del pensiero conservatore. E’ certamente anche vero che dietro i cospiratori del fallito attentato a Hitler del 20 luglio 1944 c’erano soprattutto conservatori che avevano riconosciuto il loro sbaglio (o che non avevano mai ceduto, come Beck e Goerdeler).
9) Il conservatore è borghese. Questa è però solo una mezza verità. I ceti borghesi propendono più facilmente al pensiero conservatore rispetto ad altri perchè hanno qualcosa da difendere, come possesso, influenza sociale ed educazione. D’altra parte nei borghesi si accumulano, quantomeno quando hanno la possibilità di sopravviviere a più generazioni, anche cattiva coscienza nei confronti dei privilegi ereditati; questo è il motivo perchè tra i socialdemocratici ci sono sempre più borghesi ed i Verdi hanno quasi esclusivamente simpatizzanti borghesi. Qualche volta è il puro e semplice fiuto degli affari che procura ai borghesi l’idea che non si può continuare a lavoricchiare come si è fatto fino ad ora – a maggior ragione se si vuole tutelare la propria posizione. Qualche volta l’educazione procura anche l’idea di una transitorietà delle condizioni per cui la pura convinzione conservatrice viene riconosciuta come illusoria. Tutto sommato il pensiero conservatore non può essere classificato sociologicamente. Ma c’è anche una buona possibilità che il pensiero conservatore entri in scena quando c’è qualcosa da perdere e non quando ci sono progressi da ottenere.
10) Il conservatore è maschio. Anche se una donna indossa o ha gusti di stampo conservatore, anche se per origine o per stile di vita rifiuta qualsivoglia tendenza rivoluzionaria, è molto difficile trovarne una che si dichiari politicamente conservatrice. Nè Margaret Tatcher nè Angela Merkel hanno a tal proposito potuto cambiare lo stato delle cose, che comunque richiamano, ancora oggi, al sigaro che viene spesso fumato da minacciosi patriarchi.
Che ogni passo dell’emancipazione femminile fu conquistato contro i partiti conservatori, rimane ancora indimenticato ed di contro i politici conservatori non possono concepire famiglie-patchwork e la dissoluzione dei rapporti originari. In realtà non ci sono più resistenze per cui possa fallire la rivendicazione della parità dei diritti, ma semmai i problemi sono rappresentati da disoccupazione e situazione economica. Ci sono addirittura politici femminili nell’estrema sinistra, che vorrebbero riportare le donne ai fornelli per alleggerire il mercato del lavoro. In parole povere: la salvaguardia della raggiunta emancipazione è diventata da lungo tempo un progetto conservatore. (Fine)
Traduzione di Ubaldo Villani-Lubelli
Tratto da Die Zeit