Scontro in Aula tra finiani e Pdl. Il Cav. avverte: prepariamoci al voto

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Scontro in Aula tra finiani e Pdl. Il Cav. avverte: prepariamoci al voto

05 Agosto 2010

Diciassette voti che da ora in poi potrebbero aprire la strada verso le urne. Ieri a Montecitorio è andata così sulla mozione di sfiducia proposta da Pd e Idv al sottosegretario Caliendo, respinta con 299 no, 229 sì e 75 astenuti. Un dato che Berlusconi registra con una buona dose di amarezza e irritazione, al punto che dopo un’altra giornata di fibrillazione, alla cena coi deputati avverte: preparatevi alle elezioni.

L’esordio alla Camera del gruppo dei finiani è all’insegna dello scontro con i parlamentari del Pdl. Nei banchi di Futuro e Libertà trasloca Chiara Moroni, tesoriere del gruppo guidato da Cicchitto, e il conto sale a 34 onorevoli fuori dal partito. Una mossa che il Cav., stigmatizza perché si tratta di deputati eletti nelle liste del Pdl e sotto il simbolo ‘Berlusconi presidente’ che ora gli voltano le spalle. Ai 299 no della maggioranza si è arrivati coi voti del ministro Andrea Ronchi e del viceministro Adolfo Urso, finiani pure loro, mentre i sottosegretari Roberto Menia e Antonio Buonfiglio, non erano in Aula perché in missione.

Per due volte nei banchi del centrodestra finiani e berlusconiani ingaggiano un botta e risposta che ha rischiato di trasformarsi in rissa: immagine plastica del livello di tensione raggiunto dopo il divorzio di Fini dal Cav. Nel primo caso a scatenare la bagarre è una battuta di Peppino Calderisi che, rivolgendosi a un finiano che batte le mani per l’intervento di Manlio Contento (Pdl) gli domanda: ”Anche tu applaudi?”. Il secondo episodio ha come protagonisti due ex An: Aldo Di Biagio (Futuro e libertà) e Marco Martinelli (Pdl). Quest’ultimo, al termine di un’animata discussione getta la scheda parlamentare in faccia all’ex collega di partito e da lì si sfiora la rissa. I due, prima, raggiungono una porta laterale dell’emiciclo per un chiarimento ma vista la mala parata intervengono i commessi. La discussione si sposta nel cortile ma è l’immagine plastica del livello di tensione.

E se il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, assicura che il governo andrà avanti (”Resistiamo, non si vota”), il leader del Pd Pierluigi Bersani dice che “da oggi non c’è più la maggioranza”. Qualche ora più tardi, nella cena coi deputati Berlusconi analizza l’esito del voto a Montecitorio che sancisce anche plasticamente la divisione nel Pdl.  A loro consegna il messaggio: preparatevi alle urne. Un modo per sottolineare come la ripresa dei lavori parlamentati a settembre costituirà il banco di prova per la tenuta del governo. Al punto che non nasconde ciò che da giorni va ripetendo ai suoi più stretti collaboratori: al prossimo incidente si torna davanti agli elettori.

E che l’ipotesi sia realistica lo dimostrano i contatti che ieri ha avuto con il Viminale durante il vertice del Pdl a Palazzo Grazioli, con al centro non solo il voto alla Camera sulla sfiducia a Caliendo ma anche una possibile data per il voto. C’è chi nella maggioranza teorizza l’autunno e chi la prossima primavera, opzione quest’ultima che ai piani alti di via dell’Umiltà viene considerata più plausibile anche consente di completare la riforma del federalismo alla quale tiene Bossi. Non solo: ma c’è chi ieri alla Camera notava non senza una punta di malizia, il fatto che il capo dello Stato sia già in vacanza. Un segnale che nelle file pidielline viene letto come la non volontà di sciogliere le Camere in tempi rapidi.  

E’ anche sull’ ipotesi voto che il premier lavorerà nelle prossime settimane, mettendo a punto una strategia per non farsi trovare impreparati rispetto alle mosse di Fini che orami, si prepara al redde rationem direttamente in Aula applicando il manuale delle geometrie variabili, è il commento ricorrente di molti deputati pidiellini che stazionano in Transatlantico. Il premier non ha mancato di sottolineare ai suoi come la mossa di Fini parta da lontano, dalla decisione di introdurre le impronte digitali nelle votazioni d’Aula, e faccia parte di una strategia ben precisa finalizzata al logoramento della maggioranza.

Non a caso ha ripetuto che ‘se è successo quello che è successo, è Fini il responsabile. Avevamo una maggioranza straordinaria in Parlamento. Un governo compatto ed una squadra di ministri giovane e di grande idealismo. Non c’era nessuna possibilità che un mandato così largo degli elettori fosse messo in discussione”. Tuttavia il Cav. Mantiene la speranza di poter ricompattare le fila del Pdl, convinto che la pattuglia dei 33 finiani non possa essere “soggiogata da due o tre irresponsabili”.

L’ultima immagine che racconta la giornata politica sta nel gelo tra Berlusconi e Fini: i due si ignorano seppure a pochi metri l’uno dall’altro. Quando il premier fa il suo ingresso nell’emiciclo i deputati pidiellini gli tributano una standing ovation. Silenzio dai banchi dei finiani, indifferenza dallo scranno più alto di Montecitorio.