Scontro Italia-Ue sul “pacchetto” clima
19 Ottobre 2008
di redazione
Botta e risposta e guerra di cifre tra Roma e Bruxelles sull’applicazione del pacchetto-clima. Dopo una giornata di polemiche, non si spegne il fuoco incrociato delle dichiarazioni, con il governo italiano che chiede di inserire nel pacchetto una clausola di revisione per prevedere nel corso del 2009 una verifica dei costi e dei benefici, ed eventualmente consentire una modifica del testo, e la Commissione Ue che, di fatto, rimanda a lunedì la discussione, quando i ministri dell’Ambiente dell’Europa unita si riuniranno in Lussemburgo.
In quell’occasione, l’Italia metterà sul tavolo la sua proposta: inserire nel piano europeo una vera e propria clausola che permetta, nel corso del prossimo anno, una verifica dei costi e dei benefici, anche in funzione della crisi finanziaria che sta colpendo i mercati internazionali. Una misura che consentirebbe, si spiega al ministero dell’Ambiente, anche di modificare i criteri, qualora i costi fossero non sopportabili dai sistemi economici. D’altronde, si fa presente in una bozza di documento, il pacchetto clima "entra in vigore nel 2011 e la situazione economica o ambientale potrebbe anche cambiare". Insomma, il ministro Prestigiacomo chiederà di prevedere una eventuale "correzione di tiro" entro i prossimi mesi.
Lo scontro si riflette anche nella dialettica politica italiana. Da Cernobbio, interviene il presidente del Senato, Renato Schifani, che difende la posizione del Governo di Roma, "è la più corretta, in quanto si attesta a parametri il più rigorosi possibili", e invita l’Europa al compromesso, a fronte di un rischio di recessione economica più urgente di quello ambientale. "Mi auguro – dice la seconda carica dello Stato – che l’Europa in questo periodo possa trovare, consapevole del pericolo che incombe sull’economia reale, un momento di alta sintesi su temi altrettanto importanti come la tutela ambientale, ma sicuramente meno emergenziali della priorità di una crisi che incombe come il pericolo di una recessione internazionale".
Andrea Ronchi, ministro delle Politiche europee, pur riconoscendo la necessità di agire e auspicando che non ci sia bisogno di veti, ammette che il Governo è pronto a bloccare la pratica a dicembre: "Spero che alla fine il veto non sia necessario perché far saltare tutto sarebbe un errore. Ma in caso di necessità, siamo pronti a bloccare tutto", spiega. Il leader leghista Umberto Bossi ammette di essere come tutti "preoccupato" per i cambiamenti climatici, ma osserva: "La gente vuole cambiamenti ma poi vuole la corrente elettrica e vuole andare in macchina. La soluzione è difficile da trovare". La maggioranza fa quadrato intorno alle scelte dell’esecutivo: "Il governo italiano – afferma il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri – ha intenzione di promuovere iniziative a sostegno delle imprese, che possano aiutarle a superare il momento di congiuntura internazionale e trainare la nostra economia. Non è certo questo il momento di imporre ulteriori oneri".
Attacca l’opposizione: l’esecutivo fa tornare indietro l’Italia, è l’accusa di Pd e Idv. "Il governo Berlusconi sta intraprendendo un pericoloso viaggio nel passato e il nostro premier, unico fra i leader dei grandi paesi europei anche di centro destra, continua ad inchiodare l’Italia in una posizione di retrovia rispetto al resto d’Europa", punta il dito Ermete Realacci, ministro del’Ambiente del Governo ombra del Pd, mentre Massimo Calearo, industriale e parlamentare democratico, pur invitando a non chiudere gli occhi sulle tematiche ambientali, considera legittima la tutela delle imprese. Un "comportamento deploravole" quello di Palazzo Chigi, per Antonio Di Pietro, che lancia l’affondo: "Scuola, sicurezza e ambiente sono temi che non interessano al Governo". Mentre sceglie la moderazione l’Udc: imporre alle aziende l’osservanza di regole troppo dure sarebbe un "cappio al collo" in tempi di crisi economica, secondo Pier Ferdinando Casini.
APCOM