Scoperte le trattative tra Iran e Pakistan per l’acquisto di armi nucleari
03 Aprile 2010
L’ideatore del programma nucleare del Pakistan in un resoconto ufficiale descrive nei dettagli il tentativo iraniano di comprare armi atomiche dal Pakistan alla fine degli anni Ottanta. Il padre della bomba atomica pakistana, Abdul Qadeer Khan, afferma, in alcuni documenti ottenuti dal Washington Post, che invece delle armi il Pakistan ha fornito all’Iran disegni legati alla bomba, pezzi per centrifughe atte a depurare l’uranio e una lista segreta di fornitori in tutto il mondo. Le centrifughe dell’Iran, considerate come i mattoni di un arsenale nucleare, sono largamente basate su modelli e progetti ottenuti dal Pakistan.
Il racconto di Khan mette in discussione le affermazioni dell’Iran che da lungo tempo sostiene di non ricercare armi nucleari. Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad lo scorso mese ha dichiarato: “Non lo faremo perché non crediamo serva averle”. Il resoconto è in contraddizione anche con le dichiarazioni del governo pakistano, che sostiene che Khan avrebbe diffuso la conoscenza del nucleare senza l’approvazione del governo stesso.
Il Pakistan non ha mai reso pubblico il resoconto scritto da Khan. In una sintesi degli interrogatori di Khan e di altre quattro persone, condotti nel 2004 dal servizio di intelligence pakistana e messi poi a disposizione degli agenti americani e alleati, non si legge alcun accenno al tentativo di comprare una bomba nucleare. Ma un ex ufficiale pakistano ai vertici militari nel 2006 ha pubblicamente fatto allusioni a riguardo.
In alcune interviste, due ufficiali militari che Khan collega alla contrattazione con l’Iran hanno negato che sul tavolo delle trattative ci siano mai state armi nucleari finite. Il portavoce per la missione dell’Iran alle Nazioni Unite e l’ambasciata pakistana a Washington di fronte alle richieste di un commento non hanno dato alcuna risposta.
Tuttavia, un funzionario ai vertici del governo pakistano di quel periodo ha affermato che Ali Shamkhani, l’alto ufficiale militare iraniano citato da Khan, si è recato a Islamabad, in Pakistan, per cercare aiuto sulle armi nucleari. L’ex funzionario ha anche sostenuto che Khan, grazie alla conoscenza di altri ufficiali di massimo livello, è riuscito ad accelerare un flusso segreto di aiuti.
L’ambasciatore statunitense in Pakistan di allora, Robert Oakley, in un’intervista a parte ha dichiarato di ritenere che i più alti ufficiali militari incoraggiavano, dando la loro approvazione, l’aiuto che Khan forniva all’Iran per la bomba nucleare.
Chi ha diretto l’accordo?
Khan è un personaggio controverso, e si è profondamente lamentato dei limiti di movimento che gli sono state imposte da tempo da parte del governo pakistano, che sostiene in tal modo di voler evitare che Khan possa riprendere le sue trattative nucleari. Molti esperti statunitensi hanno osservato che, come risultato, Khan ora vuole dare ad altri le colpe di quelle trattative.
La maggior parte degli osservatori attualmente pensa che il lavoro di Khan per l’Iran fosse diretto da “esponenti militari di rilievo del Pakistan, se non dai leader politici del paese”, secondo quanto affermato da Leonard S. Spector, direttore del James Martin Center for Nonproliferation Studies. “Khan sta chiaramente cercando di difendere la sua reputazione, ma tali questioni rimangono talmente oscure da non poter sapere con certezza quando dica la verità e quando menta”.
Nel racconto di undici pagine di Khan, preparato nel 2004 durante i suoi arresti domiciliari, si legge: “Non ho mai creduto seriamente che [gli iraniani] fossero in grado di padroneggiare la tecnologia”. Ma gli agenti dell’intelligence occidentale sostengono che abbia fornito un aiuto significativo, le cui origini risalgono ad un accordo del 1987.
Il Pakistan ha detto ben poco sull’accordo. Più tardi l’Iran ha riferito agli ispettori internazionali che un “network” pakistano nel 1987 ha offerto numerosi dettagli e attrezzature relative alle centrifughe, consegnando un documento che descriveva minuziosamente il modo di trattare l’uranio arricchito per utilizzarlo in una bomba.
Il servizio di intelligence pakistana ha cercato di spiegare la cooperazione in parte notando che “per ragioni di affinità religiose e ideologiche, i pakistani hanno un grande affetto per l’Iran”. Ma Khan ha parlato anche della promessa dell’Iran di un aiuto finanziario, così come dell’ambizione del governo di opporsi sempre alla pressione occidentale in entrambi i paesi.
“Si trattava di un accordo del valore di quasi 10 miliardi di dollari, che era stato offerto dall’Iran” ha scritto Khan. Il suo resoconto e i relativi documenti sono stati condivisi con il Post attraverso l’ex giornalista britannico Simon Henderson, che oggi è senior fellow al Washington Institute for Near East Policy. Il Post non ha contatti diretti con Khan, ma ha verificato in modo indipendente che fosse l’autore dei documenti.
Secondo la sintesi presentata dal servizio di intelligence, il Gen. Mirza Aslam Beg, un ex capo esercito che rappresentava senza dubbio la figura più influente del Pakistan, era “a favore di una cooperazione molto stretta [con l’Iran] nel campo nucleare al posto dell’aiuto finanziario che gli era stato promesso a sostegno del budget per la difesa pakistana”.
In base a quanto scritto da Khan a Henderson, Shamkhani, dopo il suo arrivo a Islamabad con un aereo di stato, ha detto al presidente del comitato dei capi di stato maggiore del Pakistan che “era venuto… per ritirare le bombe nucleari promesse”.
Quando il presidente, ammiraglio Iftikhar Ahmed Sirohey, ha proposto di discutere prima di altre questioni e poi “di vedere in che modo il Pakistan potesse aiutare gli iraniani nel loro programma nucleare,” si dice che Shamkhani si sia adirato, come ha scritto Khan. E ha ricordato a Sirohey che “sia il generale Zia [ul Haq, presidente pakistano fino al 1988] sia il generale Beg avevano promesso aiuto e armi nucleari ed era proprio quello il motivo per il quale ora si era recato lì”.
In teoria un trasferimento del genere sarebbe potuto avvenire. Sebbene il Pakistan non abbia fatto esplodere bombe nucleari fino al 1998, l’intelligence degli Stati Uniti era arrivata alla conclusione che quel paese avesse la capacità di dotarsi di armi a partire dal 1986.
Shamkhani, uno dei leader fondatori dei Corpi delle Guardie Rivoluzionarie dell’Iran, ha partecipato attivamente per lungo tempo al programma nucleare, secondo i funzionari statunitensi. Ministro della difesa per anni e candidato presidenziale nel 2001, ora si trova a capo di un think tank di Teheran. La missione iraniana a New York non ha risposto alle domande che lo riguardano.
Khan ha affermato che dopo aver ascoltato la richiesta di Shhamkhani per tre armi finite, Sirohey abbia esitato e che gli altri ministri lo abbiano sostenuto. Ma Beg ha esercitato pressioni sull’allora primo ministro Benazir Bhutto e i suoi assistenti ai vertici militari “per rispettare….l’impegno preso [da Beg]”, sempre secondo Khan.
A seguito di tali pressioni, gli assistenti hanno chiesto a Khan di “prendere i componenti di due vecchie (P-1) macchine in disuso e di metterli in due scatole insieme a due gruppi di disegni” che sono stati poi passati all’Iran attraverso un intermediario. P-1 è la sigla per il modello di centrifuga utilizzato in Pakistan.
Alla richiesta di commentare quanto riferito, Siroehey ha affermato di non ricordare l’incontro “e di non aver mai sentito nulla riguardo a un accordo per la vendita di armi nucleari all’Iran”. Durante un’intervista, Beg ha negato di barattare armi nucleari con denaro. E ha aggiunto che quando una delegazione iraniana gli ha “fatto delle domande circa la tecnologia nucleare” nel 1988, in tutta risposta ha consigliato di discuterne con la Bhutto.
Un articolo del 2006 di Associated Press riporta il ricordo di Beg di una visita del 1990 da parte di una delegazione iraniana: “Mi hanno chiesto ‘Possiamo avere una bomba?’. Ho risposto: ‘Potete averla senza dubbio, ma dovete costruirla da soli”. Ma a giugno, in un programma della televisione pakistana, Beg ha dichiarato di aver “sempre” incoraggiato il trasferimento di armi nucleari all’Iran.
L’ex funzionario pakistano ha affermato: “Shamkhani pensava di avere un accordo quando è venuto in Pakistan”. Diversi alti ufficiali, ha aggiunto, sapevano bene che Beg diceva agli iraniani: “Voi avete i soldi, noi la tecnologia”. Beg la considerava una situazione vantaggiosa per entrambi “…un modo di occuparsi degli infiniti problemi di budget dell’esercito”.
Il network di rifornimento
Gli agenti di intelligence statunitensi riferiscono che le prime esportazioni da parte di Khan di centrifughe P-1 smontate hanno deluso la controparte iraniana; secondo l’International Atomic Energy Agency l’Iran ha parlato di un’offerta del 2003 di nuovi pezzi da parte del “network di rifornimento”.
Nel suo racconto, Khan spiega che il suo successivo contatto diretto con i funzionari iraniani è stato ad un meeting nel 1994 o 1995, quando alcuni scienziati iraniani si lamentavano per la mancanza di progressi. In una nota a Henderson, Khan racconta che successivamente ha dato il suo consenso ad inviare pezzi di centrifuga in Iran. L’AIEA riferisce che l’Iran ha ammesso che il network di Khan nel 1996 ha anche trasmesso il progetto per una centrifuga più avanzata costruita dal Pakistan, nota come P-2.
La polizia malesiana ha riferito nel 2004 che – sulla base degli interrogatori a un complice di Khan – i pezzi venivano spediti a bordo di una nave di proprietà iraniana, dopo essere passati inizialmente attraverso Dubai. In cambio, i complici ricevevano un compenso di 3 milioni di dollari.
Il resoconto del servizio di intelligence pakistano è leggermente diverso: riferisce infatti che l’Iran ha pagato 5 milioni di dollari per disegni delle attrezzature utilizzate nell’arricchimento dell’uranio. Alcuni fondi erano depositati in un conto di una banca di Dubai controllato da Khan e due complici, sotto il nome di “Haider Zaman”, secondo quanto riportato nel resoconto. Khan ha utilizzato quel nome in un passaporto rilasciato dal governo per nascondere alcuni viaggi esteri.
Khan ha riferito a Henderson che i fondi sono finiti nelle mani dei complici, mentre a lui non è mai andato nulla, cosa che alcuni funzionari statunitensi non ritengono certo plausibile. Inoltre Khan, in una nota a parte, ha affermato di aver fornito “i nomi e gli indirizzi dei rifornitori” agli iraniani. I funzionari occidentali ritengono che questo potrebbe aver permesso a Teheran l’accesso alle compagnie che possedevano i disegni dei pezzi della bomba pakistana e ai componenti delle centrifughe P-2 più avanzate utilizzate dal Pakistan.
Il mese scorso l’Iran ha promesso che, denominate IR-2s, saranno installate quest’anno in due siti nucleari.
© The Washington Post
Traduzione Benedetta Mangano