Scuola e famiglia devono essere in prima linea nella lotta al bullismo

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Scuola e famiglia devono essere in prima linea nella lotta al bullismo

24 Aprile 2011

L’episodio accaduto al ragazzo tredicenne di Napoli nei giorni scorsi, ed ancora da chiarire nei particolari ci mette di nuovo di fronte alla violenza tra i giovani. L’ennesimo caso di bullismo che si è consumato in una gita scolastica in Puglia. Protagonisti ragazzi di famiglie bene. Tredicenni che prevaricano un coetaneo con cui hanno condiviso anni di scuola. Purtroppo vediamo aumentare questi casi di bullismo che sono sempre più trasversali a qualunque ceto sociale. Anche in questo caso si parla di ragazzi di famiglie normali e non di situazioni di degrado. Si è sempre più interdetti di fronte a questi accadimenti tra ragazzi così giovani che non appartengono a famiglie in difficoltà.

Sembra non esserci un luogo, una situazione, un motivo che può favorire più di un altro questi fatti. Accade ovunque, tra chiunque. Ceto, luogo, situazione non hanno connotazioni precise. Soprattutto colpisce la frequenza e l’età, sempre più giovani a fare cose sempre più violente e senza senso.

E’ aumentato nel tempo il disagio dell’agio. Il benessere tanto ricercato ha portato anche tanto malessere. Spesso molti episodi terribili di cronaca commessi da adolescenti avvengono proprio nella società privilegiata. I genitori lavorano e si occupano poco di cosa fanno i propri figli. Si sentono sicuri se sanno che si divertono e sono felici. Cosa attraversa questo divertimento e questa felicità non li riguarda più di tanto. Si sentono spesso genitori che non sanno chi frequentano i propri figli, chi contattano in rete e come stanno o cosa pensano. Si crede di aver fatto tutto quando si è dato molto dal punto di vista delle possibilità. Come sono sfruttate queste possibilità non interessa.

Anche quando si viene a sapere che  è stato il proprio figlio a fare qualcosa di sbagliato, la prima risposta è negare, non è possibile. I figli dei genitori di oggi, non tutti ovviamente e meno male, ma una buona percentuale si sentono appoggiati sempre dai genitori; sanno che saranno sempre protetti anche se si comportano male. Questo buonismo educativo si è contrapposto all’autoritarismo ma non  ha portato nulla di buono poiché ha reso i ragazzi fragili, pigri, viziati, infelici. Questi stati d’animo sono anche l’anticamera della noia riempita di violenza.

I ragazzi così non hanno gli strumenti per affrontare le ondate emotive tipiche dell’adolescenza che devono essere supportate da interessi  e sentimenti forti. Raramente chi non ha conosciuto lo sforzo di decifrare fatiche ha poi la forza per dipanare matasse complesse fatte di pensieri ed emozioni contraddittorie come possono essere quelle dei giovani che abbandonano lo stato di grazia dell’infanzia e si avventurano nel mondo dell’adolescenza.

Ci vuole forza, e noi a questi ragazzi non abbiamo insegnato i modi per cercarla. Non gli abbiamo insegnato a non scoraggiarsi di fronte ai fallimenti, agli errori. Gli abbiamo sempre risolto tutto, li abbiamo addomesticati e protetti, talmente tanto che loro non vanno via da casa regalandoci in cambio la loro libertà.

Oramai i casi di bullismo non sono più vicende isolate, emergono in ogni luogo e non solo nelle periferie o per strada. La scuola è il luogo più a rischio di bullismo. La famiglia e la scuola sono in prima linea poiché sono le due agenzie educative che devono dare input e risposte ai ragazzi. Provare a capire i motivi che sottendono a questa crescita di bullismo dovrebbe essere intesa come un’ impellente esigenza da parte di tutti noi adulti. Provare a dare delle risposte e fare delle proposte di contenuti penso che ormai sia assolutamente obbligatorio.

Bisogna trovare nella scuola dei temi e dei modi adeguati per far sì che i ragazzi possano appassionarsi, interessarsi. La cultura può nell’età dell’adolescenza essere una grande alleata. Appassionarsi ad un progetto, ad una lettura, ad una storia, ad un esperimento è stato per molti una chiave di volta nella vita, una soluzione ai propri tormenti, ai propri disagi. Vedere i propri coetanei come persone con cui in modo entusiasta si può progettare qualcosa, dovrebbe essere l’opportunità che la scuola fa scoprire. L’altro come compagno di progetto e non solo come possibile antagonista. Un lavoro costante da fare a scuola per riportare i ragazzi a dare un senso al loro tempo. Dovrebbe essere il compito di ogni insegnante aiutare i ragazzi a conferire senso al tempo che viene visto da molti adolescenti come un contenitore vuoto da colmare con alcol e prevaricazione.

Aiutare i ragazzi a non chiudersi in un ruolo negativo e aggressivo significa anche dare l’opportunità di un’educazione estetica che li avvicini al bello, di un’opera d’arte, di una lettura, di una poesia; aiutarli a ritrovare quello stupore infantile che avvicina e fa vedere senza dover solo capire. Ricordargli che non si è rappresentati  solo da un sentimento o da un comportamento specifico, ma che in ognuno ci sono risorse insospettabili e tesori preziosi da cercare; penso sia il compito più bello che gli adulti possano intraprendere. Ciò non esclude, anzi contempla, dure sanzioni da dare ai ragazzi quando il loro tempo è riempito di azioni violente e senza senso.