Scurdammece ‘o passato

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Scurdammece ‘o passato

28 Settembre 2009

E se ricominciassimo da zero? Se ci buttassimo alle spalle (con tutto il rispetto) Masaniello e Pulcinella, il Gattopardo e i Vicerè, Milazzo e il Bandito Giuliano, i briganti e i garibaldini, laMagna Grecia, le due Sicilie, i borboni e i normanni? Se dessimo solenne sepoltura alle immani biblioteche di meridionalistica, alle loro analisi, diagrammi, statistiche, comparazioni, serie storiche? Se decretassimo il bando per rivendicazioni, recriminazioni, compensazioni, perequazioni, facilitazioni?

Se all’improvviso decidessimo che il Sud è una questione del futuro e non del passato, che per affrontarla, capirla, risolverla bisogna guardare avanti e non indietro; se la smettessimo con i lamenti e i rimpianti e prendessimo di petto prospettive e traguardi, forse avremmo compiuto una piccola rivoluzione copernicana utile non al Sud ma all’Italia.

Sarebbe di certo un modo per far esplodere quella grande e futile bolla retorica che zavorra il nostro sapere sul sud: i luoghi dell’anima, il ritorno al ventrematerno, la luce-il sole-il calore, le radici delmondo, il fondo oscuro di ciascuno di noi… quel modo pigramente poetico, imperdonabilmente languido con cui ci diamo ragione di un vuoto e di una di colpa per omissione.

Per avercelo sempre avuto alle spalle il nostro Sud, perso in quelle nebbie retoriche, in quella nostalgia dei tempi andati, in quella litania di responsabilità storiche senza fine, abbiamo smesso di farci i conti come con una cosa viva. Ma non c’è un Sud senza l’Italia e non c’è un futuro per l’Italia senza un Sud.

In fondo non c’è niente di piùmeridionale in questo sforzo di tagliare con il passato: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto: chi ha dato, ha dato, ha dato, scurdammece ‘o passato, simme ‘e Napule, paisa’. Scordiamoci – anche solo metaforicamente – tutto quel passato che fino a oggi è stato zavorra e volgiamo al futuro la parola Sud.

Senza sogni di grandezza, senza iattanza intellettuale e senza quella stessa retorica che ci fa vagheggiare le californie d’Italia e ci lascia continenti di spazzatura e mari di corruzione. Proviamo a riconnettere l’idea che abbiamo del Sud con il meglio della globalizzazione, della modernità, del cosmopolitismo, delle eccellenze in concorrenza, della sapiente conservazione, dell’innovazione compatibile. Ci accorgeremmo presto che tutto questo non si declina più in termini di Nord e Sud e neppure di Est e di Ovest.

La rosa dei venti non è bussola affidabile se si guarda nel tempo. La ricchezza, la crescita, la creatività, il benessere, la legalità viaggiano lungo percorsi diversi e si acquartierano dove i territori delle idee e delle occasioni sono più fertili e accoglienti. Facciamo fare al dibattito sul Sud un bagno nel futuro,
ne uscirà lavato di convenienze e interessi personali, privato di quella patina di lamento e recriminazione che lo scolora e pronto per una nuova direzione di marcia.

C’è un verso di Garcìa Lorca che lo dice meglio di tanti altri e spessomi torna inmente: non èmelenso o consolatorio né fatto di quel vacuo paesaggismo che ha tanta parte nella poetica meridionalistica,ma è veloce è diretto come si conviene: “Oh la freccia/ la freccia!/Il sud è questo:/una freccia d’oro/
senza bersaglio, nel vento/”. La poesia si intitola Sud.