Se a Roma è più facile pregare verso la Mecca

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Se a Roma è più facile pregare verso la Mecca

19 Gennaio 2009

C’erano decine di migliaia di persone alla manifestazione che si è snodata nelle strade di Roma in solidarietà con la popolazione di Gaza. Famiglie di immigrati con la testa fasciata dalle bandiere palestinesi, centinaia di studenti infagottati nella storica kefiah, disoccupati organizzati saliti da Napoli che brandivano cartelloni contro il “genocidio” di Gaza…

In tre settimane di operazioni militari israeliane a Gaza sono morti circa 1.300 tra miliziani di Hamas e civili palestinesi. Ma quando in una bella mattina di sole dell’11 Settembre 2001 due aerei si conficcarono nelle Torri Gemelle di New York facendo in un colpo solo 2.974 morti e 24 dispersi, nessuno ebbe l’ardire di definirlo un “genocidio” del popolo americano. Anzi, molti di quelli che oggi sfilano in difesa della “resistenza” palestinese allora dissero che l’America se l’era cercata e che in fondo la strage era comprensibile.

Sul “Corriere della Sera” di oggi, Bernard-Henry Lévy scrive che “Gaza non è Sarajevo”. Il filosofo francese ricorda a tutti quelli che parlano del “campo di concentramento palestinese” – da Jean-Marie Le Pen alla sinistra comunista, passando per il Cardinale Tettamanzi – che durante la Guerra in Bosnia ci furono 200.000 vittime, in Darfur almeno 300.000, e che in Cecenia ‘l’amico Putin’ ha fatto decine di migliaia di morti andando a “snidare i guerriglieri fin dentro i cessi”. “Tutte queste vittime – dice Henry Lévy – non vi strapparono neppure una lacrima”.

Quando il serpentone della manifestazione romana arriva al Colosseo palestinesi, arabi e islamici si fermano. Ripongono per terra bandiere e stendardi e, al richiamo degli Imam, si inginocchiano a pregare verso la Mecca. Come avevano fatto il 6 gennaio scorso davanti al Duomo di Milano e in Piazza Maggiore a Bologna. I musulmani occupano il luogo forse più simbolico della Capitale e i ragazzi con la Kefiah italiani che fanno? Li guardano silenziosi, rispettosi, incuriositi, condividendo quella preghiera per la pace. Lo stesso hanno fatto i molti politici di vario colore presenti alla manifestazione: compunti e  contriti davanti alla preghiera musulmana.

Pensate solo un momento cosa sarebbe accaduto se in una qualsiasi manifestazione del centrodestra, ad un certo punto un sacerdote avesse invitato i manifestanti a raccogliersi in preghiera e recitare – chessò – il Padrenostro.  Sarebbe scoppiato un putiferio,  si sarebbe detto che il centrodestra strumentalizza la religione, che Dio deve essere tenuto fuori dalla politica, che  il Vaticano telecomanda  le piazze e invade il campo della cosa pubblica e chi più ne ha più ne metta.

Invece davanti ai musulmani in preghiera, silenzio e rispetto assoluto. Tutto giusto per carità, ma un po’ di par condicio ci vorrebbe anche per i cattolici a casa loro.