Se anche il nonno si droga
17 Aprile 2010
di redazione
Normalmente la nostra principale preoccupazione è che i giovani stiano il più lontano possibile dalla droga e dall’alcool. Troppe volte la cronaca ci racconta di morti del sabato sera e cervelli fusi per una pasticca. Da 50 anni, da quando cioè l’adolescenza è diventata una forma del disagio sociale, i genitori attendono ansiosamente che la progenie faccia ritorno all’ovile sana e salva. Ma i ruoli si stanno capovolgendo e ormai sono i figli a preoccuparsi dei padri, o ancora peggio dei loro nonni.
Il decimo Congresso della Società Italiana di Psicogeriatria, in corso a Gardone Riviera in provincia di Brescia, offre dei dati allarmanti. Cresce il numero di anziani che fanno abuso di alcool e medicinali, ma anche anfetanmine e marjuana. I drogati senior prendono il vizio perché sono donne rimaste sole troppo presto o perché lavoratori finiti in pensione prima del previsto, ma c’è anche chi, dovendo prendersi cura di familiari anziani o ammalati – una condizione drammatica, soprattutto se prolungata -, iniziano a condividere gli oppiacei e i sonniferoi oltre alle pene dei congiunti.
Uno scenario familiare da incubo sarebbe quello in cui la mutua passa al nonno una scatola di roipnol per sedarlo dalle sue notti bianche, e la mamma che lo accudisce, di riflesso, apprezza l’oblio delle benziodazepine. Cosa pensate che potrebbe rimproverare uno di questi genitori quando il pargolo torna casa sfatto dopo una notte passata in discotesca? Finirà che l’infante offre una botta al padre, tanto al nonno ci pensa la moderna farmacia.