Se Casini bussa alla porta  è meglio aprirla

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Se Casini bussa alla porta è meglio aprirla

29 Marzo 2007

Quello che è accaduto in questi ultimi giorni attorno alla vicenda del decreto sull’Afghanistan interessa molto da vicino questo giornale. Per molte ragioni, che vanno dalla nostra scelta occidentale e atlantista, fino al rispetto e alla stima che nutriamo verso le forze armate. Ma ciò che con più forza si è manifestato in questo frangente è esattamente quello che l’Occidentale considera uno dei più micidiali veleni  che scorrono nelle vene della Repubblica: l’antiberlusconismo.  Averne visti gli effetti in modo così macroscopico nei giorni passati non poteva che metterci in grande allarme.

Quegli  effetti sono sotto gli occhi di tutti. La missione italiana in Afghanistan era il boccone più amaro che la sinistra radicale (e non) doveva ingoiare ogni sei mesi in nome dei più alti impegni di coalizione. Ad ogni approvazione erano dolori e conflitti, tradimenti ed  espulsioni, delusioni cocenti per l’elettorato, crisi di identità.

Quando Berlusconi ha cominciato ad avanzare dubbi sulla coerenza e sulla natura di quella missione, i Diliberto, i Giordano, i Pecoraro, si sono messi l’elmetto, hanno imbracciato il fucile e hanno marciato verso Kabul cantando. L’approvazione del decreto, in altre occasioni accolta in sordina e con un filo di vergogna, è stata festeggiata come una grande vittoria del proletariato.

Prendiamo poi Pierferdinando Casini. Le sue onorificenze antiberlusconiane non sono solo recenti. Ma dopo le sue ultime evoluzioni egli è la stella del momento. Oggi tutta la maggioranza (e tutta la stampa amica, Corriere della Sera in testa) celebra i funerali della Cdl e tesse le lodi del leader Udc. Fassino, D’Alema, Rutelli, sono tutti in fila per fare pubblico omaggio al pugnalatore delle idi di marzo.

L’Afghanistan, i soldati, la guerra, la sicurezza, le alleanze, tutto trascolora sullo sfondo: l’unico parametro di questi comportamenti è Berlusconi.

Dal punto di vista dell’opposizione questo fenomeno non può essere trascurato, perché produce effetti che spesso vanno al di là del prevedibile.

Il comportamento di Casini va analizzato in questo modo. La sua decisione di votare a favore del decreto non è maturata nel contesto di un’alleanza politica ma sull’onda di un’esplicita ostilità. L’Udc non si è mai seduta ad un tavolo per discutere e confrontare la sua posizione: il suo “sì” al decreto è stato preliminare, indiscutibile e volutamente solitario.

La scelta di Casini era fatta per produrre effetti antiberlusconiani win-win, sia cioè nel caso che tutta l’opposizione l’avesse seguito  sia – come poi è accaduto – con la spaccatura nella Cdl.

Queste considerazione dovrebbero ispirare i prossimi passi di quel che resta della Casa delle libertà. Non sembra saggio in questo senso sospingere Casini esattamente lì dove vuole ritrovarsi: nelle braccia del centro-sinistra. La riunione di tutta l’opposizione convocata per oggi senza l’Udc sembrava andare in questa direzione. Le conclusioni sono state migliori delle premesse e un canale di comunicazione è rimasto aperto.

Anche le tentazioni che cominciano ad affiorare per chiudere le liste del centro destra alle prossime amministrative agli uomini dell’Udc non sono un buon indizio.

Soprattutto quando è Casini a dimostrare di non voler mettere in discussione l’alleanza fino a quel punto. La visita sul colle, priva di qualsiasi effetto politico, era in realtà un segnale di attenzione verso gli (ex) alleati.

Sta adesso a Forza Italia svolgere il ruolo di guida della coalizione che gli compete, e dimostrare di essere in grado di respingere sia le imposizioni di Casini sia quelle di chiunque altro.

In evidenza c’è il caso di Verona, dove Alfredo Meocci chiede il sostegno di tutta la Cdl per la corsa a sindaco della città. Sacrificare Verona per il gusto di prendersi una rivincita su Casini è una tentazione comprensibile ma infantile.

Non solo, se Casini bussa alla porta della Cdl è meglio che qualcuno gli apra.  E’ un modo per non darlgi il pretesto di buttarla giù a spallate.