Se ci fosse un partito dei magistrati questo sarebbe il suo momento
17 Dicembre 2008
Va bene che, finita la conta dei voti, gli arrestano il segretario regionale del partito. Va bene che in Molise gli pizzicano un deputato. Va bene che a Napoli ogni notte i suoi contano quante ore all’alba, e non si tratta di naja. Va bene che a Firenze tardivamente scoprono che è meglio incatenarsi a un palo che legarsi nella buona sorte a un giornale-partito. Ora sono smarriti. Magari pensavano di cavarsela consegnando ai magistrati la testa di un “ex-socialista”.
Tutto questo non è incomprensibile, è soltanto amaro. Si vede che il contrappasso non è una bischerata. Li ricordiamo eccome, pronti, con Del Turco in galera preventiva, a cacare dubbi democratici sulle obiezioni dei garantisti: nonostante la sospetta spettacolarità dell’arresto, la chiacchiera irrefrenabile degli inquirenti, la fiacchezza dell’impianto accusatorio, la sfrontata furbizia del superpentito. Invece di dire: concludete l’indagine, istruite il processo, rispettate le istituzioni, il massimo che pigolavano era “Ci auguriamo che.. però”. Ora non trovano le parole.
Quello che però sfugge a ogni logica politica (e potremmo risparmiarci l’aggettivo) è il perché Veltroni abbia voluto, pur in pendenza di una sconfitta elettorale certa, regalare un secondo, più circoscritto ma più clamoroso e funesto successo politico al partito di Di Pietro, dopo che quello ha costituito il gruppo parlamentare che si era impegnato a non fare, dopo che a Piazza Navona gli ha armato contro il jahd moralista, dopo che voto via voto ha silurato con Orlando il suo progetto di normalizzazione della Rai.
Potremmo dire: fatti suoi se per anticipare i tempi vuole mettersi l’inquisitore e il becchino in casa, faccia pure. Purtroppo non è così. Se infatti esistesse una cupola –ma non esiste – di un’organizzazione denominata “magistratura organizzata” – che non c’è – potremmo trovare negli appunti di uno dei suoi (inesistenti) capi le riflessioni che seguono:
“Le cose procedono al meglio. Le elezioni abruzzesi sono state il punto di svolta. Il risultato è stato addirittura superiore alle migliori aspettative. Il Pd è stato sconfitto, come prevedibile dopo l’arresto di Del Turco, e Di Pietro ha ottenuto il successo che ci aspettavamo grazie all’alleanza ferrea che i nostri uomini nel Pd hanno saputo imporre. Anche questo era previsto. Ma la cosa più importante è stato il successo del partito dell’astensione: anche il Pdl esce dalle elezioni con un’immagine debole, e la politica nel suo complesso risulta, se non delegittimata, certo poco adeguata a rappresentare le istanze di rinnovamento morale e civile.
Appena chiuse le urne, come stabilito, le Procure hanno cominciato a sparare ad alzo zero per liquidare quel poco di credibilità che restava al Pd e alla leadership di Veltroni. Ora Di Pietro ha un’autostrada spalancata davanti e se si fa ben consigliare non gli succederà di rimanere incastrato nei giochi dei furboni alla D’Alema, come l’altra volta. Fra mandati di arresto per deputati e arresti di sindaci e assessori Veltroni annaspa senza speranza e ormai sono liquidate anche le poche velleità di un pactum sceleris fra maggioranza e opposizione per arrivare alla cosiddetta riforma della giustizia: tutti lo interpreterebbero come un indecente tentativo di bloccare le inchieste in corso. Vae Victis.
Certo, la liquidazione morale del Pd è solo il primo passo (a quella politica ci avevano pensato da soli, ma questo non ci riguarda, per quanto abbia facilitato il nostro compito). Un primo passo, ma decisivo. La magistratura aveva perso il consenso popolare, quei dementi giochi fra Salerno e Catanzaro ci avevano dato una bella botta, ed erano pure riusciti nel capolavoro di restituire spazio a gente (come De Magistris e Forleo) che non sa stare alle regole del gioco, del nostro gioco – pensavano di mettersi in proprio, come quei due ragazzotti sbandati di Gomorra che nel film fanno la fine che si meritano!
Insomma, due settimane fa sembravamo spacciati e guardateci ora! Tangentopoli, il tuo dolce nome risuona. E ancora quelli là non si domandano per chi suona la campana! Se le cose vanno come devono andare, se il Csm continua a smorzare e rieducare come sta facendo, se il lavoro sottotraccia nelle grandi città prosegue, nel giro di qualche mese avremo di nuovo la stecca in mano. Con questo sistema elettorale nessuno, sul territorio, controlla più nessuno, le classi dirigenti della politica si formano in un vortice inintellegibile di relazioni private e gli amministratori locali hanno mano libera. Basta affondarla, la mano, negli affari pubblici e te la riempi di oro luccicante, un disastro per il paese ma una manna per noi, riconosciamolo.
Berlusconi è invincibile, l’abbiamo capito, ma il suo nuovo partito è fragile come un bambino appena nato. Dobbiamo strozzarlo in culla, per cosi dire, per il bene comune. O meglio, far sì che muoia di asfissia.
Il nostro genio è stato capire che non potevamo agire subito contro la destra: l’ingiusto sospetto di una nostra parzialità, così abilmente giocato dal Cavaliere, era diventato luogo comune. Avevamo perso, e chi perde è dalla parte del torto, sempre.
Oggi, smascherata la corruzione nel Pd, abbiamo recuperato forza e credibilità. Fra un anno, sono pronto a scommetterci, la partita politica in Italia si giocherà fra Di Pietro da una parte e la Lega dall’altra. Con noi in mezzo. Tangentopoli 2, la vendetta! Avete visto solo il primo atto, ma il secondo vi sorprenderà”
Questo ci sarebbe scritto in quegli appunti, ma per fortuna nulla del genere esiste. Le cose avvengono, di sicuro si sbaglia chi in sottofondo sente rumore di spade.