Se Fini, in Sicilia, sostiene un autonomista…
06 Settembre 2012
di redazione
Ventotto ottobre. No, non ci riferiamo al novantesimo anniversario dell’inquietante e tragica “Marcia su Roma” di fascistiana memoria di, ormai, 80 anni or sono, bensì alle prossime elezioni siciliane, naturale effetto delle dimissioni del governatore uscente, Raffaele Lombardo, avvenute lo scorso 31 luglio a seguito degli evidenti disastri operati dalla sua giunta nel corso degli anni e per meglio affrontare, a sua detta, le indagini giudiziarie che lo vedono accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dimissioni ed elezioni il 28 ottobre prossimo, dunque.
Nel marasma siciliano, a balzare immediatamente agli occhi di un medio osservatore è, evidentemente, la frammentazione del quadro politico post-lombardiano (ci si perdoni il neologismo). Quattro i candidati principali: Nello Musumeci e Gianfranco Miccichè nel centro-destra, Rosario Crocetta (Pd e Udc) e Claudio Fava (Sel, Idv e Federazione della Sinistra) nel centro-sinistra.
Nel campo del centro-destra, Musumeci – sottosegretario al Lavoro nell’ultimo governo Berlusconi ed esponente di spicco de La Destra di Francesco Storace – è sostenuto da Pdl e Destra; Micciché, invece – leader di Grande Sud e più volte ministro, vice-ministro e sottosegretario – è appoggiato da, appunto, Grande Sud, il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo e Fli.
Sì, avete capito bene: Futuro e Libertà. Il partito fondato da Gianfranco Fini dopo la scissione con il Pdl dell’autunno 2010, dopo il celeberrimo “che fai, mi cacci?” della direzione nazionale del 22 aprile del medesimo anno.
Ora, non può che sorgere spontanea un’immediata e semplice constatazione: di fronte alla scelta tra due candidati d’area, Futuro e Libertà, nonostante l’avversione a tutto ciò che possa anche lontanamente richiamare al Pdl, ha deciso di optare per Miccichè e non per Musumeci: Grande Sud e Autonomia. Un cartello, quello Micciché, ultra-autonomista e, in questo senso, leghismo del sud uguale e contrario. Un leghismo, seppur nella versione originale nordista, più volte e strenuamente combattuto e stigmatizzato dal Fini esponente di primo piano del Pdl prima e leader di Fli poi; ora, però, cavalcato dal presidente della Camera per meri tornaconti di carattere politico. Ovvero, salvaguardare il rapporto – a livello nazionale – con Pierferdinando Casini, non posizionandosi troppo a destra.
E però, in questo senso, nella misura in cui Fini decide di legarsi a un autonomista, necessariamente, abdica al suo recente passato di infaticabile difensore dell’unità nazionale anti-leghista. Insomma, un’evidente incoerenza. Ammesso che ne abbia mai avuta una, Fini, di coerenza…