Se finisce l’Iran khomeinista
11 Dicembre 2024
Studenti e intellos “anti-imperialisti” sembrano disinteressati a celebrare la caduta di un tiranno come Assad, scrive Commentary. Chissà se comprendono lo smantellamento in corso di un altro impero contemporaneo. Il crollo del regime alawita in Siria, infatti, rappresenta proprio questo: il tramonto di un impero il cui tempo è scaduto. L’impero in questione è l’Iran. Non l’Iran come nazione — che non sparirà, così come la Russia non è finita con il crollo dell’URSS. A tramontare potrebbe essere l’Iran khomeinista, come potenza espansionistica, il cui progetto imperiale, esteso su più fronti, sta collassando.
L’inizio della fine comincia là dove tutto è iniziato: in Siria. La guerra Iran-Iraq negli anni ’80 rimescolò le alleanze politiche in Medio Oriente. La Siria baathista si schierò con l’Iran non arabo contro il suo gemello ideologico, l’Iraq baathista. Questa alleanza improbabile permise l’espansione iraniana in Libano, dove Teheran creò Hezbollah, una delle sue migliori “invenzioni”. Con Hezbollah, l’Iran ottenne il controllo delle milizie locali libanesi e un accesso strategico al Mediterraneo.
Ben presto, i rami libanese e siriano di questo “albero imperiale” iniziarono a sostenersi reciprocamente: la Siria divenne il canale per il trasferimento di armi e risorse a Hezbollah, mentre quest’ultimo consolidò l’autorità di Bashar al-Assad, giovanissimo successore di suo padre Hafez. Parallelamente, l’Iran estese la sua influenza verso Gaza, investendo in Hamas sin dalla sua nascita nel 1987. Il sostegno iraniano a Hamas crebbe esponenzialmente, colmando il vuoto lasciato dalla caduta di Saddam Hussein. Ma questa rete di alleanze, costruita sul denaro e sul terrore, cominciò a scricchiolare con la guerra civile siriana.
In dieci anni, il conflitto siriano ha drenato risorse dall’Iran e indebolito i suoi alleati chiave, da Hezbollah a Hamas. Nonostante l’aiuto russo, mantenere Assad al potere ha richiesto a Teheran un impegno sempre più gravoso. Il colpo di grazia è arrivato il 7 ottobre 2023, con l’attacco terrorista di Hamas contro Israele. L’offensiva israeliana, sostenuta da una strategia implacabile, ha decimato Hamas, indebolito Hezbollah e colpito duramente le capacità militari iraniane. Alla fine, Assad è fuggito dalla Siria e con lui è crollato il cosiddetto “ponte terrestre” che collegava l’Iran al Mediterraneo.
“Negli ultimi tre giorni, 4.000 cittadini iraniani sono stati rimpatriati in Iran” dalla Siria, ha affermato martedi Fatemeh Mohajerani, la portavoce del governo di Teheran, durante una conferenza stampa. Quella che una volta era un’ambizione imperiale si è trasformata in un impero frammentato, incapace di sostenere i suoi stessi alleati. La caduta di Assad solleva interrogativi sul futuro della Siria ma va celebrata.
Per decenni, sottolinea Seth Mandel su Commentary, l’Iran imperiale ha esportato terrore, instabilità e barbarie, trasformando ogni territorio conquistato in un’enclave di corruzione e violenza. La sua influenza ha alimentato conflitti dall’Iraq allo Yemen, fino a destabilizzare il Mediterraneo e oltre. “Non ci siamo indeboliti e il potere dell’Iran non è diminuito”, dice il comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane Hossein Salami parlando ai membri del parlamento in una sessione in corso a Teheran a porte chiuse. “Il rovesciamento del regime sionista non è escluso dall’agenda”. Ma le cose purtroppo per lui stanno cambiando.
La resistenza globale all’espansionismo iraniano dimostra che l’impero non è invincibile. “La caduta di Assad è un rovescio catastrofico per Teheran,” dice l’ambasciatore Ettore Sequi. “Teheran perde un alleato strategico, vede frantumarsi l’Asse della Resistenza e interrompersi la Mezzaluna sciita, zona di influenza e continuità territoriale attraverso Yemen, Iraq, Siria e Libano. La Siria è persa e con essa il corridoio logistico verso Hezbollah in Libano, fulcro e bastione avanzato della strategia iraniana contro Israele e strumento del sogno iraniano di egemonia regionale. Ricostituire questo asse e renderlo nuovamente efficace, non è scontato e comunque richiede tempo. Il risultato, gravissimo per la Repubblica Islamica, è che Israele ora rafforza la sua posizione di potenza dominante in Medio Oriente”.
A Teheran cresce dunque la tentazione di accelerare il completamento del programma nucleare iraniano, per poter ripristinare una deterrenza strategica in chiave anti israeliana. “Si tratta, evidentemente, di una ipotesi molto preoccupante”, chiosa Sequi. Secondo il ministro degli esteri italiano, Tajani, “Bisogna essere pragmatici, è finita una dittatura, una fine che ha segnato una sconfitta dell’Iran e della Russia, che erano due grandi sostenitori del regime di Assad”.
“Ora la popolazione iraniana sta scoprendo di aver trascorso decenni in povertà per pagare il massiccio potenziamento delle Guardie Rivoluzionarie. E per cosa? Hanno basi imponenti e quartieri generali vistosi, ma i loro costosi missili balistici possono essere usati solo contro gli arabi indifesi, non contro Israele”, scrive Edward Luttwak sul Giornale di oggi. “Quanto agli Hezbollah, è chiaro che non possono più difendere se stessi, né tanto meno gli alleati dell’Iran nella regione. Forse, entro poco tempo, la dittatura sarà finalmente messa alla prova per le strade: su larga scala e sul serio”.
“Se ciò accadrà, anche le forze armate regolari iraniane, da tempo dimenticate, a cui sono state negate armi moderne e che sono ridotte a giocare un ruolo di secondo piano rispetto alle Guardie Rivoluzionarie, potrebbero fare la loro mossa. Se una parte consistente dei loro 350.000 uomini dovesse agire, questo deciderebbe certamente il destino del regime. Nessuno può sapere se gli ufficiali e i soldati regolari uomini iraniani siano meno inclini a sostenere la dittatura rispetto alle Guardie Rivoluzionarie, ma in Iran di recente ci sono state elezioni in cui il candidato sostenuto dai falchi è stato sconfitto nettamente e non ci sono prove che i soldati, i marinai e gli aviatori iraniani siano entusiasti del regime che li lascia senza aerei moderni, armi terrestri o navi da guerra per dare tutto alle Guardie Rivoluzionarie”.
“La caduta della dittatura iraniana, che per tanto tempo ha combinato un’intensa repressione in patria con le aggressioni all’estero, non risolverebbe i problemi del Medio Oriente da un giorno all’altro. Ma sicuramente libererebbe molti iraniani e porrebbe finalmente fine al sostegno dell’Iran alle sue milizie sciite assassine dall’Iraq allo Yemen. La Siria, insomma, potrebbe essere solo l’inizio.”
Il regime siriano doveva cadere, e l’Iran khomeinista deve tornare ad essere semplicemente Iran. La prima parte della missione è compiuta. La seconda sembra solo una questione di tempo.