Se gli emigranti tornano ad essere gli europei: dall’Europa verso i Brics
21 Gennaio 2012
Non si ammassano sui piroscafi ma si imbarcano su voli intercontinentali. Al posto della valigia di cartone hanno modernissimi tablet valigette e 24ore con attestati di laurea, master, specializzazioni. Sono i nuovi emigranti europei, quelli che lasciano l’Italia, la Spagna o il Portogallo per trovare un posto di lavoro all’altezza delle loro aspettative e che dia un senso agli anni di studi. È l’identikit dei nuovi immigrati europei costretti ad abbandonare un vecchio Continente sempre più malmesso.
La crisi dei debiti sovrani sta frantumando il benessere della società europea ormai condannata a perdere i propri migliori talenti. Così, chi può, fa la valigia e se ne va. Gli aerei per il Sudamerica, l’Asia, l’Australia, anche l’Africa si riempiono di emigranti pronti a lavorare nei Paesi dove la recessione non è all’orizzonte. Si è innescato un processo capace di invertire i modelli sull’immigrazione. E’ gente che resterà in Paesi che fino a un paio di anni fa ci sembravano squallidi, poveri, senza speranza e che adesso promettono di essere il nuovo eden dei colletti bianchi traditi dalla crisi globale.
I figli dei baby boomers che sanno di non potersi garantire lo stesso tenore di vita dei propri genitori. La speranza di una vita agiata sta stravolgendo le carte geografiche del futuro. Noi europei ci stiamo rassegnando a fare i conti con l’austerity L’Unione europea non dispone dei numeri ufficiali, ma i dati scorporati degli ultimi mesi colpiscono. Dal 30 giugno al 30 novembre del 2011 quattromila greci si sono trasferiti in Australia, con una impennata del 21 per cento. Uno su due è laureato. Nello stesso periodo la richiesta di visti per Sidney di cittadini inglesi è cresciuta del 43 per cento, sfondando quota settemila. Quella di cittadini irlandesi del 68 per cento. E Dublino ha messo in conto per il 2012 un passivo di cinquantamila ragazzi.
Chi emigra oggi, di solito, è altamente formato, ha una laurea, qualche stage non pagato all’attivo, un dottorato o un master. Un esodo di colletti bianchi più che qualificati che può diventare un handicap per Paesi già in difficoltà. Gli effetti a lungo termine potrebbero essere devastanti. La fuga dei talenti potrebbe ostacolare le economie più deboli dell’Eurozona e rendere dannatamente difficoltoso uscire dalla recessione. Le storie raccontano più dei numeri. c’è la siracusana Maria Antonietta Campisi, volata in un altro emisfero a 27 anni. Lavora in un ristorante italiano a Sidney e ha raccontato la sua esperienza alla Bbc. "Non trovavo lavoro. Ho guardato su internet che cosa offriva il pianeta. Qui mi ci sono voluti tre giorni per mettermi a posto. Non tornerò più. C’è pace, sicurezza, accoglienza. Il mio titolare mi ha detto che due anni fa era l’unico ristoratore italiano della zona. Oggi sono in otto. E fanno tutti affari strepitosi".
Il Wall Street Journal racconta la vicenda di Andrés Velarde e María Palencia. Due architetti spagnoli travolti dal crollo del mercato immobiliare del Paese iberico. Sono volati in Brasile dove hanno trovato lavoro in cinque settimane. Lo scorso anno il Brasile ha fatto registrare una crescita del prodotto interno lordo del 7,5 per cento. Per alimentare la propria economia ha bisogno di manodopera specializzata e professionisti qualificati. Così Brasilia ha già programmato una riforma della politica migratoria che apra le porte ad almeno 400 mila lavoratori professionisti, tanti quante sono le domande di lavoro che nell’ultimo anno sono arrivate dall’estero alle imprese brasiliane.
La storia si ripete, stavolta come diretta conseguenza di un miracolo economico. Di fronte alla drammatica crisi economica che sta strozzando Europa e Stati Uniti, il Brasile appare davvero adesso come la terra promessa. Il paese verde-oro si è trasformato in una calamita straordinaria. Secondo i dati dei ministeri della giustizia e del lavoro solo nell’ultimo anno il flusso di immigrati in entrata è aumentato del 52 per cento. Al miracolo economico carioca hanno contribuito anche pezzi di Italia come Fiat e Tim Brasile. Il governo di Brasilia ha capito che gli europei in fuga dalla recessione possono essere una risorsa fondamentale.
Il governo di Dilma Rousseff organizza corsi gratuiti per aiutare gli stranieri con capacità professionali a inserirsi. Così l’Europa rischia di subire un travaso di energia e talenti che renderà ancora più difficile trovare una via d’uscita dalla crisi.