Se i palestinesi all’ONU faranno di testa loro non avranno un vero Stato
01 Settembre 2011
Come promesso, iniziamo a discutere sulla base dei vostri commenti a proposito del voto sul riconoscimento della indipendenza della Palestina previsto per la fine di settembre alle Nazioni Unite. Ieri, tra i dieci punti che a nostro parere consiglierebbero di evitare una decisione del genere, abbiamo scritto che quella dei palestinesi è una mossa unilaterale.
"Certo…," ha commentato AA (31 agosto, ore 17.15), "se invece aspettano che l’indipendenza arrivi dai colloqui con Israele, possono passare altri 50 anni! Anni di colloqui non hanno portato a nulla, se non ad ulteriore colonizzazione della Palestina occupata". E fin qui, in un certo senso, si potrebbe anche concordare. Certamente ci dividiamo sul significato della parola "colonizzazione" (gli ebrei furono attaccati in Terra Santa negli anni Venti, subirono una vera e propria escalation militare da parte degli stati arabi nel ’48, in seguito subirono gli attacchi dei feddayeen, combatterono la Guerra dei Sei Giorni, fecero i conti con Settembre nero e il terrorismo dell’OLP…), ma è vero che il processo di pace israelo-palestinese, dalla storica stretta di mano tra Rabin e Arafat in avanti, non ha prodotto grossi risultati. Non è chiaro però a cosa ci si riferisca parlando di "ulteriore colonizzazione", visto che ormai da un bel po’ di tempo Israele persegue una politica, quella delle "dolorose concessioni", che in realtà non ha fatto altro che indebolire lo Stato ebraico, come ha dimostrato il ritiro deciso da Sharon dalla Striscia di Gaza.
"Non resta che provare all’ONU," aggiunge AA, "d’altronde le mosse unilaterali si sono viste anche con Kosovo, Abkhazia e Ossezia, non sarebbe nulla di nuovo". Anche questa affermazione a prima vista sembra avere un fondo di verità: il Kosovo effettivamente ha dichiarato la propria indipendenza in modo unilaterale, ma questo non significa certo che la comunità internazionale lo abbia riconosciuto all’unanimità come Stato sovrano, un destino che probabilmente toccherà anche alla Palestina. L’indipendenza dei kosovari si è scontrata contro il veto posto da Cina e Russia; quella palestinese si scontrerà con l’opposizione degli Usa. Ad oggi, in Kosovo vige ancora la Risoluzione 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che mette Pristina sotto la sovranità di Belgrado. Ciò non toglie che la nazione kosovara sia stata riconosciuta come Stato indipendente da molti Paesi. Lo scatto in avanti dei palestinesi, dunque, appare un tentativo di ottenere un riconoscimento diplomatico internazionale che offra alla ANP un vantaggio competitivo nelle trattative con Israele, ma ciò non tiene conto né della reazione dello Stato ebraico né delle conseguenze dell’indipendenza su Hamas e i suoi alleati a Damasco e a Teheran.
"Certamente è difficile riconoscere il diritto all’esistenza di Israele, che di fatto esiste", conclude AA, "quando è Israele a non riconoscere il diritto all’esistenza della Palestina, che di fatto non esiste…". Anche quest’ultima affermazione appare affetta da una certa sicumera. Uno perché la Palestina, come abbiamo detto, esiste già oggi come nazione (cioè come sentimento collettivo di un popolo), non come Stato, ed è proprio questa la differenza che c’interessa approfondire. Secondo perché fu proprio Netanyahu, nel discorso all’università di Bar Ilan del 2009, a dire: "Se riceveremo garanzie sulla demilitarizzazione (dei palestinesi, nda) e sulle necessità di sicurezza di Israele, e se i palestinesi riconosceranno Israele come lo Stato del popolo ebraico, allora in futuro saremo pronti a raggiungere un accordo di pace per ottenere una soluzione in cui uno Stato palestinese esisterà accanto allo Stato ebraico". Non sembra che da allora le cose siano andate in questa direzione. I palestinesi sul riconoscimento sono ancora divisi: Hamas continua a lanciare missili e a fomentare il terrorismo contro Israele. (Fine della seconda puntata. Continua…)
Lascia un commento alle "Dieci ragioni per rimandare l’indipendenza dei Palestinesi all’ONU"